Torna a regnare la regina delle regine. Tra mito e mistero questa "femme fatale" dell'antichità è stata capace di sedurre il presente

Dai reperti archeologici ai fumetti di "Asterix" fino alla moda pop, l’esposizione francese celebra un’icona che ha attraversato i secoli ed è diventata marketing

Torna a regnare la regina delle regine. Tra mito e mistero questa "femme fatale" dell'antichità è stata capace di sedurre il presente

da Parigi

Le Mystère Cléopâtre si intitola la bella quanto imponente mostra che riempie di sé un intero piano dell'Institut du Monde Arabe (sino all'11 gennaio 2026) e che spazia dai reperti archeologico-numismatici ai fumetti di Asterix, passando per la damnatio memoriae di epoca romana e poi medievale; la sua trasformazione in un simbolo eroico-erotico in età rinascimentale; l'allure esotico-romantica fra Sette e Ottocento; il femminismo afro-americano del XX secolo... E, naturalmente, c'è spazio per la sua raffigurazione prima pittorica, dal Guercino a Lorrain, da Watherhouse a Maratta, poi cinematografica, la Cleopatra di Claudette Colbert, di Elisabeth Taylor, va da sé, ma anche di Monica Bellucci; l'incredibile marketing che ancora funziona con la semplice evocazione del suo nome: sigarette, cioccolatini, saponi, creme di bellezza... Ciliegina finale, la serie di mini-sculture dell'artista greca, ma residente al Cairo, Esmeralda Kosmatopoulos, significativamente intitolata About Two Inches Long, "Circa 5 centimetri", e dove il naso di Cleopatra, ovvero l'interrogativo pascaliano sulla sua lunghezza, viene declinato in tutte le misure che nel corso dei secoli gli vennero attribuite. Si esce dall'esposizione un po' storditi e un po' inebriati, sapendo senz'altro molto di più sul soggetto in questione, senza però la risoluzione di quel mistero che resta ancora avvolto in un enigma: detto banalmente e un po' brutalmente, una regina a tutto tondo, una regina un po' puttana, una puttana travestita da regina... Per nulla d'Egitto, comunque, ma greca, occidentale, non orientale.

Manca nella mostra la testa di Cleopatra conservata all'Altes Museum di Berlino, ma ci sono le sculture del Louvre e del romano museo del Campidoglio. Sono una proiezione idealizzata della sua immagine, se le si compara con quella presente nelle monete d'argento di Ascalona e di bronzo di Alessandria, coniate sotto il suo regno e legittimate dal suo sigillo, dove il profilo rimanda a un naso e un mento prominenti, un collo lungo, una fronte spaziosa, nessun tratto africano. Si tratta di un'effige monetaria che resterà sempre la stessa per i vent'anni circa della sua permanenza sul trono.

Stando alle Vite parallele di Plutarco, che viene al mondo un secolo dopo l'inizio della sua storia di regina, Cleopatra "non era né più bella né più giovane di Ottavia", ovvero l'allora moglie di Antonio nonché la sorella di Ottaviano e il suo fascino non stava tanto nel fisico quanto in un insieme che si può definire charme: bella voce, cultura, eleganza. La sua voce, precisa lo storico greco, "era come uno strumento a più corde che si adattava senza sforzo al dialetto da lei scelto". Va ricordato che il regno di Cleopatra non si limitava all'Egitto ma contemplava Cipro, la Siria, la Cilicia...

L'essere stata, nel giro di pochi anni, l'amante di Cesare e la sposa di Antonio, ovvero Roma alla massima potenza, e l'essere rimasta al potere per quasi un ventennio, migliorando oltretutto le condizioni del suo regno, stabilizzando leconomia e la moneta, fa capire come dietro al corpo ci fossero un cervello e una capacità politica.

Come si diceva all'inizio, Roma ripagò le ambizioni imperiali di Cleopatra nel più crudele dei modi, riducendole a nient'altro che un affare di letto, spogliandole di ogni dignità geopolitica e relegandole alla pratica di un concubinaggio come tanti. Non è un caso che ancora in età medievale, sia soltanto un autore arabo, al-Masoudi, a tracciarne un ritratto positivo: "Era una principessa versata nelle scienze, abituata allo studio della filosofia e capace di circondarsi di sapienti. I suoi studi sulla medicina, sulle scienze naturali, sono conosciuti. Con lei finì la dinastia dei re greci". È il Rinascimento a segnare il cambio di passo ed è un italiano, Giulio Landi, a indicare la strada. Il suo La vita di Cleopatra reina d'Egitto, pubblicato a Venezia nel 1551, ne mette in primo piano le doti di statista: non è l'amore, più o meno mercenario, a guidare Cleopatra, ma la "ragion di Stato". La sua stessa morte è una scelta politica, un atto cosciente che trasforma la sconfitta in sfida vittoriosa. La sua è la solitudine tragica a petto del proprio destino. Da qui a Shakespeare, non c'è che un passo: il suo Antonio e Cleopatra è l'apoteosi della collera e della ribellione, un essere di vento e di fuoco...

Il Mille Settecento porta in superficie un orientalismo egiziano rimasto sino ad allora sott'acqua: lusso, voluttà, eccesso e mistero intorno ai quali mobili, tessuti, oggetti creano un Egitto tanto fantastico quanto improbabile, coniugato oltretutto con il razionalismo scientifico proprio dell'età dei Lumi: in una tragedia di Marmontel, messa in scena nel 1750, Cleopatra muore avvelenata da un serpente meccanico fabbricato dall'inventore Vaucanson e che esce da un paniere come da una boite-à-surprise...

Il romanticismo che lo segue a ruota trasformerà quell'oriente gaudente e tutto sommato spensierato, in un oceano di decadenza, abbandono, "capelli neri come notti senza stelle", in cui da Gautier a Victor Hugo ci si bagna poeticamente, sull'onda dei Fiori del male di baudelairiana memoria.

Nella mostra, un aspetto curioso è dato dal supporto audiovisivo che se da un lato cerca di dare la rappresentazione scientifica di un mondo scomparso, dall'altro ne mette in luce, cinematograficamente parlando, il suo esatto opposto, ovvero la finzione veicolata in technicolor. Del primo aspetto fa parte la ricostruzione di Alessandria realizzata da Unisoft: il palazzo imperiale, il celebre faro, la tomba di Alessandro, il porto, con dieci carte geografiche che ne ritmano i tempi storici. Del secondo le Cleopatra, da Vivian Leigh a Marion Cotillard, che si sono succedute sul grande schermo. Quella per eccellenza, come già detto, resta Elisabeth Taylor nel film di Joseph Mankievicz che rischiò di far fallire, per i suoi costi, per i capricci dell'attrice, la Twenty Century Fox. Dirà il regista di averlo "concepito sotto pressione, girato nell'isteria, terminato nel panico più cieco.

Dopo trent'anni di mestiere pensavo di aver visto tutto ciò che c'era da vedere quanto a caos e casini. Mi sbagliavo". Da allora e fino alla morte rifiutò di citare quel titolo. La maledizione di Cleopatra sarebbe stato quello giusto...

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