
Con oltre venti milioni di copie vendute in tutto il mondo Lo squalo di Peter Benchley è uno dei romanzi di paura legati al mare più letti di tutti i tempi. Una storia che inizia semplicemente così: «Il grande squalo scivolava silenzioso nelle acque notturne, spinto da brevi colpi della coda a mezzaluna». Un romanzo che ritorna ai lettori in questi giorni, grazie a una nuova preziosa edizione curata da Magazzini Salani, impreziosita da molti contributi che ci raccontano la genesi di quell'opera pubblicata per la prima volta nel 1974 dal giornalista Peter Benchley che avrebbe poi siglato anche altri betseller legati al mondo marino come Abissi (1976) e Tentacoli (1991).
Un romanzo che nel 1975 sarebbe poi stato adattato per il cinema con incredibile successo da Steven Spielberg grazie a una pellicola che avrebbe stravolto per sempre la dimensione dell'horror-animale e avrebbe portato milioni di persone ad avere il terrore dell'acqua e delle gite in barca e canotto. Come racconta Wendy Benchley, nell'introduzione al libro, suo marito all'epoca scriveva discorsi per il presidente Lyndon B. Johnson e intanto metteva da parte idee per dei romanzi: «Uno parlava di moderni pirati a caccia nei Caraibi, l'altro di uno squalo che terrorizzava una comunità balneare in estate. Quando Johnson decise di non ricandidarsi alla Casa Bianca, Peter, rimasto senza lavoro, provò a cimentarsi come free lance nella scrittura per un paio d'anni.
Purtroppo non guadagnava abbastanza per riuscire a sostenere la nostra famiglia. Disperato, presentò le storie dello squalo e dei pirati alla sua agente, Roberta Pryor, nella speranza che almeno una delle due potesse funzionare. Personalmente, non vedevo proprio come una di quelle trame potesse fare presa. Ma, per fortuna, Peter fu perseverante e trovò un accordo con il suo editore, il quale riteneva che il libro sul pesce avesse del potenziale». E Peter stesso confessa che quella che voleva realizzare non era una banale storia dell'orrore con uno squalo che mangia la gente.
La sua idea era di concentrarsi su «che cosa sarebbe realmente accaduto se un grande predatore avesse assediato una comunità turistica. La prima reazione delle autorità, pensavo, sarebbe stata quella di cercare di insabbiare la faccenda nella speranza che il problema si risolvesse da solo. Alcune località turistiche basano tra l'80 e il 90 per cento degli incassi dell'intero anno su quello che guadagnano durante i tre mesi estivi, e il panico seminato dall'attacco di uno squalo potrebbe rovinare la stagione. Naturalmente, con un eventuale secondo o terzo attacco mortale, l'insabbiamento sarebbe impossibile da sostenere». Benchley sviluppò quell'idea e nel 1974 le prime recensioni al suo romanzo furono favorevoli e anzi alcuni lettori e critici si spinsero oltre. Fidel Castro rilasciò un'intervista alla National Public Radio in cui parlò dello Squalo (Tiburón nelle edizioni in lingua spagnola) come di una meravigliosa metafora sulla corruzione del capitalismo. I critici lo descrissero come un'allegoria dello scandalo Watergate e come una classica storia di solidarietà maschile. D'altra parte il successo dell'opera comportò anche il fatto che l'autore dovesse in qualche modo assumersi delle responsabilità rispetto a quello che aveva scritto, demonizzando in qualche modo la figura dello squalo.
«All'epoca in cui lavoravo alla stesura dello Squalo - spiega sempre Benchley - il movimento ambientalista che conosciamo oggi non esisteva. Sì, si stava creando un fronte di sostegno per la salvaguardia delle balene; sì, la gente era consapevole che l'inquinamento dell'aria e delle acque era un problema; certo, i pesticidi e altre sostanze tossiche venivano riconosciuti come pericolosi per gli uccelli e per i pesci. Ma, per il grande pubblico, gli oceani rimanevano quelli di sempre: eterni, invulnerabili, capaci di consumare e rendere innocua qualsiasi sostanza l'essere umano vi gettasse dentro. Per quanto riguarda gli squali... be', solo una manciata di persone sul pianeta sapeva qualcosa di loro.
Per la maggior parte della gente, e soprattutto per i pescatori e i sommozzatori, la vecchia diceria sugli squali era vangelo: «L'unico squalo buono è quello morto». E così da quel momento in poi con articoli, documentari e reportage lui e sua moglie Wendy hanno sensibilizzato l'opinione pubblica nei confronti di quelle incredibili creature marine che non hanno nessun istinto assassino.
Entrambi hanno lavorato a progetti legati alla tutela dell'ambiente marino praticamente a tempo pieno. E hanno continuato a fare immersioni per trovarsi a contatto con quegli squali bianchi che avevano regalato loro il successo ma che avevano fatto scoprire sott'acqua altre realtà.
Curioso è anche scoprire, sbirciando gli appunti di lavorazione di Benchley che per Lo squalo (The Jaws, ovvero Fauci) mise sulla carta più di 70 titoli possibili fra i quali spiccano: Grande squalo bianco, Notte bianca, Adrenalina, Ritorno al passato, La baia di Shimmo, Spettro, Fame, Una strana estate, Istinto, Minaccia, Presagio, Il grande pesce, Angoscia, Furia bianca, Antropophagus, Bianco feroce, Male infinito, Sacrificio.
Rileggendo oggi il romanzo non è invecchiato e anzi emergono a pieno le sue tematiche ecologiche e il desiderio dell'autore di portarci con lui sopra e sotto l'acqua in compagnia di una delle creature più incredibili dell'universo, di cui lo sguardo è imperscrutabile, la pinna spaventa fuori dall'acqua e il cui Dna è geneticamente immune al tumore.