Lorenzo Arruga
da Torre del Lago
Quali motivi ci sono per parlare bene della Tosca che ha aperto il Festival Puccini di Torre del Lago? Il concorso di pubblico che ha gremito il precario teatro all'aperto, la volontà di costruire un teatro nuovo funzionale ed elegante, di cui già si vedono le prime avvisaglie, come pezzi del domino accostati e verticali, dimostrativi. La coerenza di procedere con l'idea d'affidare le scene ad artisti figurativi, a costo di accettare installazioni che paralizzano il regista e imbarazzano il direttore d'orchestra, ma sono utili per fare manifesti suggestivi e far parlare i giornali soprattutto d'estate attenti più alle immagini che alle cose.
Non ne vedo altri. La Tosca in scena l'altra sera era una cosa modesta e poco intelligente. Le scene di Igor Mitoraj, scultore polacco, parevano un bricolage casuale di repertorio a sproposito, astratto e scompaginato, in cui i personaggi indossavano pesanti e soffocanti costumi d'epoca tardo ottocentesca. L'appartamento di Palazzo Farnese dove Scarpia, ministro di polizia papalino, cerca di sedurre la bella cantatrice Tosca era un sontuoso monolocale con tavolone e letto a baldacchino, dove s'aggiravano in tanti ostacolandosi a tratti. In questo ambiente si manifestava con esemplare evidenza la pochezza della regìa maldestra di Mario Corradi: per sfuggire al violento seduttore, Tosca che fa? Va a sdraiarsi sul lettone a pancia in su. E la gente deve venir da mezzo mondo ad un passo dalla casa di Puccini per vedere cose così?
Alberto Veronesi, anche direttore artistico del festival, si sbraccia con frenesia dal podio per dirigere: dagli indizi, questa volta molto attento e partecipe; ma se in queste condizioni acustiche non si aiuta con un poco d'amplificazione discreta l'orchestra, si intuisce più che ascoltare. Cast ben qualificato. Ma Norma Fantini, che è un soprano eccellente, questa volta ha alzato troppo la voce, a scapito dei suoi «piano» intensi e meravigliosi, e il tenore Marcello Giordani emette con sicurezza le note della sua parte, ma non troppo di più. Lucio Gallo, come machiavellico seduttore, uomo di fascino e di sensuali passioni, ha tutto per realizzare un personaggio importante, salvo la voce: la sua è bella, intelligentemente dominata, ma non gli consente quel fondo di superiorità da gran baritono scuro che la renderebbe naturale e fatale. Il pubblico ha applaudito poco nel corso dell'opera e un po' più alla fine.
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