Tre scali in città, prendiamo lezioni da Parigi e Berlino

(...) metropolitana - più scali, con funzioni e peculiarità operative diverse. E i risultati positivi, soprattutto nel caso londinese, in termini di aumento delle rotte, delle compagnie e quindi dell'offerta a favore del traffico turistico, business e merci, sono evidenti. Non si comprende pertanto per quale ragione Milano, che si sta faticosamente preparando a ospitare tra sette anni l'evento culturale e sociale più importante a livello planetario (secondo per impatto mediatico solo a manifestazioni come le Olimpiadi o il Campionato del Mondo di calcio, ma primario per volume dei flussi turistici), debba non solo ridurre l'operatività del suo scalo internazionale, cioè Malpensa, ma addirittura affossare definitivamente anche il city airport di Linate.
Per gli imprenditori - soprattutto quelli della piccola e media industria manifatturiera che, grazie all'export, hanno chiuso il 2008 con un surplus record di 61,5 miliardi di euro - non si è mai posta né mai si porrà la questione di quale aeroporto sacrificare alla ragion di Stato, semplicemente perché questo sacrificio non va fatto. Semmai si pone l'esigenza di una sempre più ampia disponibilità di rotte e destinazioni con l'intero mercato globalizzato, che vive sulla interconnessione tra reti infrastrutturali «lunghe» e «corte». Le prime facilitano il collegamento sulle lunghe distanze e sono percorse dagli imprenditori che devono raggiungere i mercati più emergenti o lontani; le seconde agevolano i traffici nazionali o sovraregionali e sono essenziali per i produttori locali.

Ecco perché, come hanno sottolineato Moratti e Formigoni, ciò che interessa all'economia reale del nord è l'avvio di una sana visione strategica del sistema aeroportuale lombardo, finalmente aperto all'effettiva concorrenza tra vettori italiani ed esteri, sia nelle tratte nazionali che in quelle internazionali e intercontinentali.
* Presidente Confapi Milano

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