Trittico per palati fini al Blue Note Arriva Jordan «profeta» dell’acid jazz

Giù il cappello. Non capita spesso di poter assistere a uno show di un musicista che ha cambiato il corso della musica. Se per genialità s'intende la capacità di creare un nuovo genere, di rinnovarne uno esistente o comunque di giungere laddove altri non sono arrivati, Ronny Jordan fa al caso nostro. Perché di genio si tratta. Il chitarrista inglese compare difatti all'interno di qualsivoglia enciclopedia musicale alla voce «acid jazz» genere che lui stesso ha coniato nell'Inghilterra di fine anni '80, portando al dolce connubio gli stili funk e soul, unendoli al jazz. Classe 1962, londinese di nascita ma di origini giamaicane, Ronny Jordan si avvicinò alla musica all'età di 4 anni quando il padre - scomparso nel 2002 e a cui Jordan dedicò il disco «At Last» (2003) - gli insegnò i primissimi accordi. Ma la vera passione per il jazz e la chitarra Jordan la maturò da ragazzino quando si recava a curiosare nel locale dello zio: lì, tra i molti dischi, scoprì quelli di coloro che sarebbero stati pochi anni più tardi i suoi maestri: George Benson, Wes Montgomery e Grant Green.
Il suo nome viene spesso e volentieri legato alla rilettura, ovviamente in chiave «acid jazz», del brano «So What» del grande trombettista Miles Davis. La stessa «storica hit» figurava nel disco di debutto di Jordan, «The Antidote», datato 1992. Tratto caratteristico del suo stile è sempre stato, sin dagli inizi, la formidabile capacità di mescolare al jazz i ritmi dell'hip-hop, del rap e della dance, contribuendo a un'ulteriore, e innovativa, rilettura del tradizionale genere raffinato americano. E difatti nel 1993 Ronny partecipò alla creazione dell'album del celebre rapper Guru «Jazzmatazz, vol. 1», disco emblematico di questo nuovo stile. Da oggi a sabato l'inglese sarà al Blue Note meneghino (questa sera dalle 21 e dalle 23, venerdì e sabato dalle 21 e dalle 23.30, per maggiori info 899700022) nel weekend che chiuderà la stagione del locale di via Borsieri 37. Il club riaprirà poi a settembre con Chucho Valdés e il James Taylor Quartet. Ronny Jordan, in compagnia del talentuoso trio di Roy Meriwether (con il pianista suoneranno Saadi Zain al contrabbasso e Sir Earl Grice alla batteria), presenterà il nuovissimo lavoro «The Rough and The Smooth», ovvero l'album che la critica ha definito «il più jazz» di quelli prodotti dal chitarrista. L'appuntamento di questi giorni al Blue Note è quello giusto per i cultori del «nuovo» jazz.

Questi hanno un'occasione per godere dei virtuosismi di uno dei loro più affermati beniamini. Per i più conservatori del genere, si tratta invece di un'opportunità per scoprire verso quali orizzonti si sta ora spingendo il caro e vecchio jazz.

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