Trova neonato nel cassonetto 15 minuti prima che venga vuotato

Il bimbo salvato dal custode del cimitero arrivato in anticipo per controllare i lumini fulminati

da Pralboino (Brescia)

L’hanno gettato in un cassonetto davanti a un cimitero, quando aveva poche ore di vita. Ma è salvo, perché il custode del cimitero ogni giorno va al lavoro prima che sorga il sole per vedere se «qualche lumino si è bruciato».
Un giorno Marino, il neonato trovato a due passi dal cimitero di Pralboino, saprà che quando aveva qualche ora di vita ha rischiato di non vedere mai il mondo. Erano circa le sei del mattino quando Lorenzo Merigo, infermiere in pensione, custode e tumulatore «pro tempore» del cimitero del piccolo paese della Bassa bresciana, ha sentito qualcosa che assomigliava a un pianto. E questo ha salvato la vita al piccolo. «Ho pensato a un gatto - racconta Lorenzo - anche perché proprio ieri ne avevo tirato fuori uno da un cassone. Ma poi avvicinandomi ho capito che era qualcosa di diverso». Quando ha aperto il cassonetto, tra le molte buste di plastica che lo riempivano c’era anche quella da cui proveniva il pianto. Lorenzo l’ha aperta, ed è rimasto sconvolto: «C’era dentro un neonato che piangeva - e anche lui piange nel raccontare - ma appena ho aperto il sacchetto, che era stato chiuso con un nodo molto stretto, il piccolo ha smesso di piangere».
I minuti successivi sono di quelli che i protagonisti del salvataggio non scorderanno mai. «Ho chiamato i carabinieri, e loro hanno chiamato il 118. Il bambino, ancora sporco di sangue, è stato portato all’ospedale di Manerbio». Quindici minuti dopo il salvataggio, è passato quello che per il neonato avrebbe rappresentato la morte sicura: il camion della nettezza urbana. «Non esco mai dal cimitero mentre lavoro - racconta Lorenzo Merigo -. Arrivo qua sempre col buio, perché dormo poco, e perché così vedo se qualche lumino è spento e va cambiato. Ma ora credo che sia stato Marino a spingermi a uscire». Marino è il figlio che Lorenzo Merigo ha perso undici anni fa: aveva 35 anni. E Marino è il nome che l’anziano custode avrebbe voluto dare al bambino del cassonetto. All’ospedale, però, non sapendo tutto questo, in un primo momento una dottoressa ha dato il nome Luca al neonato: pesa due chili e sei etti, ha i capelli scuri, potrebbe essere indiano o pachistano, ma non è detto che non sia europeo di pelle un po’ scura. «Sta bene - conferma Mario Colombo, primario del reparto di patologia neonatale all’ospedale di Manerbio - L’abbiamo sottoposto a una terapia contro la sindrome da freddo: è rimasto per qualche ora a una temperatura di 20 gradi, mentre ne servivano circa 36. Ma non ha ematomi e questo è importante».
All’ospedale di Manerbio sono già arrivate decine di telefonate di coppie che vorrebbero adottare Marino.

Chi lo ha gettato in un cassonetto, avvolto in un panno, dentro a una busta di plastica chiusa con un nodo stretto, deve rispondere di tentato omicidio, se mai lo troveranno. Le ricerche a Pralboino, paese che prende il nome dall’aver ospitato gli accampamenti longobardi di Re Alboino, sono iniziate.

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