Tutte le leggende che Roma si porta in eredità

Svelato l’arcano, spesso l’enigma non trova soluzione. Così vien da pensare che le cose siano quello che sono, soltanto per chi si accontenta delle apparenze. Almeno quando si parla di Roma, per molti fatti bisogna cedere ad altre eventualità, altre ipotesi. Insomma, per onestà intellettuale conviene sospendere il giudizio. In alcuni casi nella città eterna, la leggenda s’intreccia alla storia in tale maniera che il falso assume certi livelli d’improbabilità da sembrare più vero del vero. Per questo motivo il volume di Massimiliano Liverotti Il grande libro dei misteri di Roma, risolti e irrisolti (Newton Compton) è davvero tanto interessante quanto gustoso da leggere o anche da consultare. Composto come un vasto dizionario, il libro è, di fatto, una lunga battuta di caccia agli enigmi e alle sorprese nella storia e nei luoghi di una città che, oltre alla sua irraggiungibile bellezza, non ha mai donato molte certezze. Fin dall’origine del suo nome, molto per quanto concerne Roma è dubbio. Alcuni studiosi - Liverotti lo rammenta - non credono che si chiami così in omaggio al suo fondatore Romolo, ma più prosaicamente teorizzano che il nome derivi dalla parola etrusca rumon o rumen che significava fiume. Ancora più suggestiva della leggenda dei gemelli allattati dalla lupa (che ha diverse varianti e origini), è quella che riferisce di una giovane troiana di nome Roma che viaggiò al seguito di Enea le cui tracce ci pervengono dal poeta siculo-greco Stesicoro, vissuto nel VI secolo a. C.
Sfogliando il libro di Liverotti, seppure a volte l’autore indugi in un lessico un po’ notarile, anche i luoghi noti della capitale rivelano sorprese. A rendere l’atmosfera ancora più magica sono, poi, i personaggi che nell’Urbe hanno vissuto: eroi, santi, astrologi, streghe, maghi e alchimisti le cui biografie e gesta sono menzionate con molta cura e, come si dice, dovizia di particolari. La città, bisogna riconoscerlo, tra sacro e profano, ha sempre sviluppato una certa solidarietà con l’invisibile. Così non sorprende che tra le storie dei Papi, sortisca un capitoletto sulla papessa Giovanna, o che l’autore dedichi un capitolo ai luoghi che sarebbero potuti essere, uno a monumenti scomparsi di traccia incerta, un altro ancora ai fantasmi che affollano le notti dei quartieri.


I romani sono da sempre avvezzi a cose che non sono ma sembrano: dalla cosiddetta patacca (antesignana della merce taroccata), alla preparazione di vivande come quelle del leggendario Apicio, noto per le sue stravaganze culinarie (prelibatezze a base di talloni di cammello, lingue di usignoli, di pavoni e fenicotteri) il quale ci ha lasciato ricette paradossali come le aringhe senza aringhe. Surreale!

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