«Tv volgare? Pupe e Secchioni hanno studiato la Costituzione»

Maurizio Caverzan

da Milano

Per dire, il tipo... Il suo biglietto di presentazione nei profili professionali e nei risvolti di copertina dei libri suona così: «Simona Ercolani ha venduto termomassaggiatori. Con i soldi dei termomassaggiatori comprava imbuti. Con i soldi degli imbuti comprava petardi, ma glieli sequestravano e allora vendeva birre. Ha fatto la cassiera, la barista, l'organizzatrice di concerti in perdita». Tutto questo accadeva di giorno, perché «di notte studiava da autrice e regista televisiva». Classe 1964, moglie di Fabrizio Rondolino, inventrice di Sfide, il cult di Raitre che racconta il fattore umano dei campioni dello sport, è stata il capo-progetto di La Pupa e il Secchione di Italia 1, il programma che ha varato l’era del post-reality. E ha, dunque, tante colpe. «Un processo? Va bene, mi piacciono i processi. Cominciamo». Ecco: per dire, il tipo...
Imputato Simona Ercolani, lei è colpevole, in sodalizio con il marito, di aver conseguito il successo con La Pupa e il Secchione alimentando la volgarità in tv. Come si difende?
«In realtà, vostro onore, noi abbiamo messo alla berlina la volgarità, non l'abbiamo alimentata. Volevamo ridere di noi stessi, della tv e di ciò che ci circonda: donne belle e ignoranti che a vent'anni spendono patrimoni per rifarsi il seno e uomini istruiti che giocano a fare i licantropi, non uscendo mai di casa. Che fosse una parodia lo dimostra il fatto che nel meccanismo dell'eliminazione abbiamo introdotto il pareggio».
Altro capo d'accusa: il post-reality La Pupa e il Secchione rappresenta il trionfo dell'irreality. L'ignoranza delle pupe era inverosimile.
«Obiezione. Le pupe sono ignoranti, non sceme. Anzi, spesso sono intelligenti. Alcune si mantengono da sole, da adulte. Abbiamo usato la loro ignoranza per dire che viviamo in un mondo così. Davvero Mary Carbone non conosceva Hitler? Lo “Zucca quiz” è un quiz di denuncia sociale».
Addirittura. Le pupe come gli onorevoli ignoranti?
«I deputati non sanno il secolo della Rivoluzione francese, mica bruscolini. Mia figlia ha a disposizione l’intera mazzetta di giornali, libri in quantità: non ne legge uno neanche se l'ammazzi. Eppure va benissimo a scuola. Siamo in pieno riflusso, guardiamo se abbiamo le tette su o giù, scrutiamo le rughe già a vent'anni, non a quaranta».
Con la lite tra Sgarbi e la Mussolini avete dato la stura alla stagione delle telerisse di cui non s'intravede la fine. Siamo dalle parti dell'apprendista stregone...
«Niente di calcolato. È un fatto accaduto e che non volevamo trasmettere, ma Sgarbi ne ha fatto ampia pubblicità sulle radio, poi c'erano la troupe di Studio aperto e quella di Striscia che hanno anticipato la lite. A quel punto siamo stati costretti a mandarla in onda, ma non ne avevamo bisogno perché il programma funzionava bene lo stesso».
Il pezzo forte della sua carriera è Sfide, anche se ha alle spalle una discussa intervista a Craxi e alcune docufiction in tema di amori e passioni, sempre in Rai. Come è stata la prima volta con Mediaset?
«Mi è piaciuto molto. I quadri Mediaset hanno una professionalità più elevata di quelli Rai. C'è più attenzione al prodotto, un briciolo di passione, un certo senso del dovere. Poi non c'è la politica a inquinare tutto. In Rai anche le maestranze giocano al risiko delle poltrone».
Tutta la bilancia pende dalla parte di Mediaset?
«Mi sono trovata bene. In Rai ci sono delle oasi come il gruppo di Sfide. Per il resto domina l'immobilismo. In Mediaset le persone sono trattate meglio, ti senti voluto bene, la mensa e il bar sono belli, si mangia bene...».
Barbara Palombelli al Tg5, Simona Ercolani su Italia 1: un destino per le donne di sinistra avere successo nelle tv fondate dal Cavaliere?
«Facciamo due mestieri diversi. Nel mio caso l’Auditel è giudice supremo. Sì, lei è moglie di Rutelli ma ha una professionalità che viene da lontano».
Altra accusa: per avere successo, ha scritto Maria Novella Oppo sull'Unità, non c'è di meglio che essere di sinistra e fare cose di destra.
«A proposito di mode, adesso è in auge quella dei giornalisti di sinistra che attaccano scrittori e autori di sinistra. La Pupa e il Secchione non era un programma di destra. Se tra un gruppo di belle ragazze premi quella che si sforza di studiare di più, come Rosy che non conosceva Dante e ha imparato due canti della Divina Commedia, non fai una cosa di destra. Ai critici di sinistra vorrei dire che le pupe hanno studiato i primi 12 articoli della Costituzione e anche miss Padania ha imparato che l'Italia è una e indivisibile. Nella nostra televisione non esiste un programma che parli della Costituzione. Il rifiuto delle ragazze di concedersi sapendo che la pomiciata avrebbe fatto guadagnare ascolti o di fare la respirazione bocca a bocca per guadagnare punti, l'ho trovato un comportamento post-femminista».
Quindi lei è convinta della sua innocenza ed è recidiva visto che l’anno prossimo il programma sarà replicato...
«Sto meditando di fare Il Pupo e la Secchiona sperando che le secchione siano meglio dei secchioni».
Parliamo di lei e suo marito, chi porta i pantaloni in casa? E nella società Greed?
«A Greed li porto io, che sono l'ammistratore, la televisiva. Fabrizio è l'intellettuale della famiglia. Gli aspetti pratici non lo toccano. In casa portiamo i pantaloni tutti e due. Lui si occupa della scuola, dei medici, io delle attività pomeridiane. Lui carica la lavastoviglie, io faccio la spesa, una gestione un po' caotica: diciamo che portiamo tutti e due la gonna».
In un'intervista suo marito ha dichiarato che quando una donna si incazza o lo maltratta, aumenta il suo potere seduttivo su di lui...
«Allora deve amarmi molto».
È vero che ha vissuto per due mesi e mezzo a Milano? Sensi di colpa verso i figli?
«Niente sensi di colpa. Nei primi 15 giorni loro erano in vacanza a Santa Monica, stavano senz'altro meglio di me».
All'inizio però non voleva accettare...
«La Endemol mi ha proposto di gestire i contenuti. Ci ho pensato due giorni. Poi mi ci sono tuffata, come in una full-immersion, in perfetta sintonia con la Endemol e la rete».
Com'è la sua giornata tipo?
«Mi sveglio presto, vado al bar, chiacchiero con i baristi che mi fanno una sorta di sondaggio-rassegna stampa popolare, porto la figlia a scuola, poi vado in ufficio, scrivo, telefono impiccio... Arrivo a sera, metto tutti a letto e mi sparo un western, la mia vera passione».
Non le cassette porno, quindi, come disse una volta?
«Fu una battuta che ci costò parecchio, a me e a Fabrizio. Ho una formazione cattocomunista, mia madre è di origine protestante tedesca. Famiglia tosta. Di cassette porno ne ho vista una in tutta la mia vita».
Anche i western possono essere una forma di perversione...
«Assolutamente sì. Li adoro: perché sono primordiali, c’è l'eroe solitario, la mitologia della frontiera, ci si fa giustizia da sé. E nel racconto c'è un principio e una fine, lo capisci tutto. Infine i paesaggi mi fanno sognare. Al punto che quest'estate io e Fabrizio abbiamo comprato 14 ettari nel deserto del Nevada - le assicuro un lusso a buon mercato - dove costruiremo la casa della nostra vecchiaia. I western mi piacciono tutti, quelli alti e quelli bassi, da Cary Grant e Gary Cooper e John Ford fino a Leone e Eastwood. Il mio preferito è Billy The Kid: siamo anche stati in pellegrinaggio nei luoghi del Kid... Più perversione di così».
Torniamo nella normalità. Più tv, giornali o libri?
«La tv è sempre accesa. Guardo almeno tutte le prime puntate. Leggo molti giornali, un paio di libri al mese».


Alla fine del processo la sentenza, faccia lei se di assoluzione o di condanna, è il gioco della torre: butta Sfide o La Pupa e il Secchione?
«Questa non me l'aspettavo... Mi butto con loro, un tuffo liberatorio. Però forse mollo Sfide che ormai è agli atti e può camminare anche senza di me».

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