Massimo Bossetti, chi è e cosa fa oggi l'ospite di Belve Crime

Primo ospite di Belve Crime spin off di Belve, Massimo Bossetti il muratore condannato per l'omicidio della giovane Yara Gambirasio

Massimo Bossetti, chi è e cosa fa oggi l'ospite di Belve Crime

Dopo il grande riscontro ottenuto dalla quinta stagione di "Belve" debutta un nuovo progetto firmato da Francesca Fagnani: si tratta di "Belve Crime", lo spin-off incentrato sui casi di cronaca nera, realizzato da Fremantle. Il programma andrà in onda da questa sera, martedì 10 giugno, alle 21.20 su Rai 2 e sarà disponibile anche su RaiPlay. "Belve Crime" propone interviste inedite a responsabili di reati o a testimoni fondamentali, con l’obiettivo di esplorare le dinamiche psicologiche di chi ha commesso atti violenti, ha subito o è stato coinvolto nel male. Un viaggio profondo nella complessità della natura umana.

Il primo ospite Massimo Bossetti

A fare da cornice al nuovo programma ci sono cold case e delitti che hanno lasciato un segno profondo nell’opinione pubblica italiana negli ultimi anni. La prima puntata vede come protagonista Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, un verdetto confermato sia in appello sia in Cassazione.

Bossetti, che ha sempre sostenuto la propria innocenza, rilascia un’intervista esclusiva, lunga e senza precedenti. Un faccia a faccia intenso con Francesca Fagnani, che lo incalza con domande dirette in un confronto serrato. È la prima volta che l’uomo si racconta in modo così approfondito e articolato. L’incontro è stato registrato all’interno del carcere di Bollate, a Milano.

La condanna di Bossetti

La condanna di Massimo Bossetti si fonda in gran parte sull’identificazione genetica. Un frammento di Dna maschile, rinvenuto sui leggings di Yara Gambirasio, ha rappresentato l’elemento chiave dell’inchiesta. Nonostante la traccia fosse estremamente esigua, i tecnici del RIS dei Carabinieri sono riusciti a ricostruire un profilo genetico completo, quello che per anni fu indicato come “Ignoto 1”. Inizialmente, migliaia di confronti effettuati nell’area di Brembate non portarono a risultati.

La svolta arrivò solo quando, tramite un campione parzialmente compatibile appartenente a Damiano Guerinoni, gli investigatori iniziarono a seguire una pista genealogica. Da qui, l’incredibile scoperta: Giuseppe Guerinoni, un autista di autobus deceduto nel 1999, era il padre biologico del misterioso Ignoto 1. La conferma spinse gli inquirenti a riesumare la salma di Guerinoni e ad avviare una complessa ricerca tra le donne della Val Seriana per individuare la madre biologica, completando così il mosaico genetico che avrebbe portato a Massimo Bossetti.

La madre Ester Arzuffi

Dopo un lungo e capillare lavoro investigativo, che ha coinvolto oltre 20.000 donne e comportato più di 25.000 prelievi di Dna, gli inquirenti puntarono l’attenzione su Ester Arzuffi, madre di Massimo Bossetti. Gli esami confermano una verità decisiva: Bossetti è figlio biologico di Giuseppe Guerinoni. E non solo — il suo profilo genetico corrisponde esattamente a quello di "Ignoto 1", il Dna trovato sugli indumenti di Yara Gambirasio.

Il 16 giugno 2014, i Carabinieri effettuarono un prelievo a sorpresa su Bossetti. Il confronto tra i due profili genetici dà un risultato inequivocabile: la corrispondenza è totale. Quella traccia diventa la prova regina del processo, l’elemento cardine attorno al quale ruota tutta l’accusa. Ed è proprio su quel riscontro genetico che si fonda la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne.

Le altre prove

Oltre al Dna, altri indizi hanno contribuito a rafforzare il quadro accusatorio nei confronti di Massimo Bossetti, fino a condurlo alla condanna definitiva. Sui vestiti di Yara sono state rinvenute fibre compatibili con la tappezzeria del furgone utilizzato dal muratore, un dettaglio che ha avvalorato l’ipotesi di un contatto diretto. Le celle telefoniche, inoltre, hanno rilevato la presenza del suo cellulare nella zona di Brembate Sopra proprio nel giorno della scomparsa della ragazza.

Un ulteriore elemento a suo sfavore è stato l’alibi fornito durante le indagini: Bossetti aveva dichiarato di essere rimasto a casa, ma questa versione è stata smentita dai riscontri investigativi, contribuendo ad alimentare i sospetti e a consolidare l’impianto accusatorio.

Dove si trova ora Bossetti e cosa fa

Massimo Bossetti sta scontando l’ergastolo nel carcere di Bollate, a Milano, una condanna resa definitiva dalla Corte di Cassazione nel 2018. Lontano dai riflettori e dal clamore mediatico che per anni ha accompagnato il suo caso, oggi vive una quotidianità scandita dal lavoro. Dallo scorso agosto è impegnato nel progetto "2121", all’interno di un’area industriale dell’istituto penitenziario, dove si occupa della produzione di componenti in alluminio e lamiera per sistemi di coibentazione termoacustica.

In un’intervista rilasciata a Telelombardia nel novembre 2024, Bossetti ha raccontato di aver curato personalmente la ristrutturazione e la riconversione degli spazi destinati alla nuova attività metalmeccanica: "Tutti i lavori sono stati interamente gestiti ed eseguiti dal sottoscritto", ha sottolineato con orgoglio. Il lavoro, spiega, rappresenta per lui non solo una via di riscatto personale, ma anche un mezzo concreto per sostenere economicamente la sua famiglia: "Mi consente di assicurare un piccolo prezioso aiuto, un obiettivo che per me è sempre stato fondamentale".

Non sono mancate, in carcere, anche occasioni più leggere: Bossetti ha preso parte al concorso di cucina "Cuochi Dentro 2024", dove ha ricevuto un premio per la sua ricetta “Portafoglio farcito full optional”. "Sembrerà buffo — ha detto —ma ogni volta che preparo queste ricette, i miei occhi si fanno lucidi pensando a tutto quello che ho perso, ma che ho nel cuore". Nonostante la condanna definitiva, Bossetti continua a professarsi innocente e a lottare per la revisione del processo, un’istanza presentata più volte ma finora sempre respinta.

Le anticipazioni dell'intervista

Al contrario delle altre volte non sono state rilasciate su questa intervista molte anticipazioni. L'unica è contenuta in un video su RayPlay che mostra il botta e risposta tra la conduttrice e Bossetti sul Dna che ha incastrato quest'ultimo.

"Le analisi sono state fatte più volte ed è sempre emerso il suo Dna, sugli slip e sui leggings di Yara" esordisce la Fagnani. Bossetti replica: "È tutto assurdo, anomalo e incompreso". La Fagnani lo interrompe: "Non per la scienza, capisce? Non per la scienza né per la legge". Bossetti replica: "Il Dna nucleare, cosa evidenzia?" e la Fagnani risponde: "l Dna nucleare evidenzia in modo univoco l'identità di una persona". "Il Dna nucleare che normalmente si dovrebbe disperdere a poche settimane, invece era ancora presente" dice poi Bossetti. "E neanche poco" aggiunge la conduttrice.

"Il Dna mitocondriale che è risaputo da tutti, che non si può disperdere, non c'è", aggiunge Bossetti. "Però il valore legale e forense ce l'ha il Dna nucleare, è quello che stabilisce l'identità delle persone. E purtroppo per lei e pure per Yara c'era il suo", fa notare Fagnani. "Però, scusi, poi c'è una domanda banalissima da fare: ma il suo Dna, come ci è finito sugli slip di Yara?", chiede Fagnani. "È quello che vorrei capire anche io", conclude Bossetti.

Gli altri ospiti della serata

Nella puntata d’esordio di Belve Crime, Francesca Fagnani incontra anche Tamara Ianni, oggi collaboratrice di giustizia. Le sue dichiarazioni, rilasciate nel gennaio 2018, hanno rappresentato un punto di svolta nell’inchiesta contro il clan Spada di Ostia, portando all’arresto di 32 affiliati. Legati da vincoli familiari ai Casamonica, gli Spada hanno a lungo imposto la loro violenza e il loro controllo sul territorio. Tamara, che ha trovato il coraggio di rompere il silenzio, racconta anni di persecuzioni e abusi subiti da lei e dalla sua famiglia per mano del clan.

Tra gli ospiti della prima puntata di Belve Crime c’è anche Eva Mikula, per anni definita “la misteriosa fidanzata” di uno dei membri della famigerata banda della Uno bianca. Mikula ha avuto una relazione di due anni con Fabio Savi, uno dei tre fratelli che, tra il 1987 e il 1994, seminavano terrore con rapine brutali, agguati e atti di violenza cieca. In quegli anni, la banda ha lasciato dietro di sé 24 vittime e oltre 100 feriti.

Quando Savi venne arrestato, lei era al suo fianco.

Ospite nello studio di Belve Crime, Eva Mikula affronta un’intervista intensa e articolata, in cui torna su quegli anni drammatici che hanno paralizzato l’Italia. Considerata da molti una figura ambigua, forse una complice, Mikula ha sempre respinto ogni accusa, definendosi invece "una vittima".

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