"Realpolitik non farà show ma vera informazione"

Il giornalista Tommaso Labate da stasera su Rete4 col nuovo talk: "Chiamiamo esperti autorevoli, per capire il mondo"

"Realpolitik non farà show ma vera informazione"
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«Il mio è un talk, ma non uno show». Tommaso Labate, giornalista e firma del Corriere della sera, già volto conosciuto al pubblico televisivo, da questa sera debutta su Rete4 con Realpolitik, un nuovo programma di analisi politica che va a completare la linea editoriale del canale Mediaset dedicato all'approfondimento.

La base di partenza è realizzare una trasmissione che metta al bando le risse, i duelli creati apposta, e che si avvalga di esperti veri e dati alla mano.

Labate, ogni conduttore parte con queste buone premesse, poi le leggi dell'Auditel lo convincono a mettere più pepe, che significa armare le tifoserie di un politico contro l'altro.

«Proprio per questo dico che Realpolitik non è uno show. Con la scusa dello spettacolo, molti programmi arruolano seconde e terze file di esponenti dei partiti che si prestano a fare chiasso. Se, per parlare di Trump, inviti uno che pensa che sia un genio e un altro che pensa che sia il male assoluto, è ovvio che lo fai perché si scannino».

E, invece, lei pensa di trovare spettatori desiderosi di ascoltare riflessioni lunghe e articolate?

«Credo e spero di sì. La tele-rissa funzionava tempo fa quando non c'erano fatti internazionali di così grande gravità come ci sono adesso e, quindi, si andava a cercare il caso. Oggi ci sono tante questioni importanti su cui ragionare e fenomeni di cui capire le ragioni profonde».

Ma oggi il mondo è tornato a essere spaccato, anche violentemente, in due, tra destra e sinistra. Basta vedere il dibattito italiano per l'attentato a Charlie Kirk

«Appunto per questo non c'è bisogno di sobillare ancor più gli animi. La linea di demarcazione oggi è ancora più forte di quando c'era il muro di Berlino, una grande divisione che rende ancora più impellente cercare di capirne le motivazioni. Anche perché oltre alla divisione tra ideologie, c'è anche una grande frammentazione all'interno degli stessi blocchi: non tutti quelli di destra, per esempio, si considerano trumpiani o si sentono vicini a Netanyahu. Si assiste a un continuo rimescolamento che rende ancora più affascinante lo studio della real politik».

Dunque, al bando opinionisti tuttologi o fumantini

«Certamente. Il programma si basa su confronti tra esperti, analisi, retroscena, sondaggi e dati. E rispecchia il mio modo di essere e di fare giornalismo come l'ho sempre fatto. Stasera ci saranno Vincenzo De Luca, Walter Veltroni e VirginiaRaggi».

Lei, personalmente, è vicino all'area progressista. Mediaset l'ha cercata per allargare lo spettro del pubblico?

«Mediaset non mi ha chiesto nulla. Mi ha proposto solo di fare un programma di politica, senza impormi nessun paletto o condizione. La mia impostazione culturale è nota, ma non farò sconti a nessuno. In ogni azienda, poi, uno si conquista il proprio grado di autonomia. Io sulla mia tomba vorrei ci fosse scritto: Non sono mai andato a cena con nessuno, non ho mai presentato un format o un progetto. Chi mi ha cercato lo ha fatto conoscendo chi sono».

La sua

personalità lei non la perde neanche negli accenti.

«Assolutamente. Sono fiero della mia inflessione calabrese, è un aspetto della mia identità, delle mie radici, un marchio di riconoscibilità di cui vado orgoglioso».

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