"Un uomo vero" piace perché Tom Wolfe era uno scrittore vero

Le sei puntate in onda su Netflix prendono le mosse da un romanzo capace di scardinare i luoghi comuni

"Un uomo vero" piace perché Tom Wolfe era uno scrittore vero

C'è uno scrittore che ha saputo, nella sua lunga carriera, prevedere e raccontare i seguenti avvenimenti o cambiamenti di costume: ascesa e declino dei radical chic, ascesa e declino dei marxisti rococò, ascesa e declino dei Signori dell'universo e delle banche, ascesa e declino del narcisismo di massa, ascesa senza declino del politicamente corretto e dei suoi ricatti politico-morali, ipocrisia illimitata dei rapporti con le minoranze basati sullo spillare soldi o favori od ottenere posizioni di forza, fallimento del multiculturalismo e ritorno nei vari quartieri alle leggi della tribù, vuotaggine della cultura universitaria e artistica, adorazione mistico-religiosa della scienza, ripresa del darwinismo sociale in chiave tecnologica e possiamo fermarci qui. Lo scrittore è Tom Wolfe. Pochi oggi lo ricordano: in fondo era la coscienza scomoda della finta melassa culturale nella quale siamo immersi fino al collo. Dobbiamo fingerci buoni per essere cattivi sul serio. La nostra è l'epoca del parlare al contrario, della ipocrisia istituzionalizzata. Si rivendica la libertà di pensiero (la propria) per mettere a tacere gli altri (i «fascisti»). Si denuncia l'oppressione per meglio lucrare posizioni di potere. Si ama il popolo ma solo per farsi amare e ricoprire di soldi dal popolo. Si accusa il nepotismo altrui ma si pratica il proprio non appena sia possibile. Si parla con le parole dell'antirazzismo per mascherare il proprio inemendabile razzismo.

Tom Wolfe è autore di saggi o reportage come Radical chic, La bestia umana, Come ottenere il successo in arte; e di romanzi come Il falò delle vanità, Un uomo vero, Io sono Charlotte Simmons e Le ragioni del sangue. Per la critica erano opere di scarso valore. Per il pubblico erano opere fondamentali. Aveva ragione il pubblico che, evidentemente, non ragionava con i paraocchi. Wolfe era un tipo di conservatore sfortunatamente presente in natura solo negli Stati Uniti. Un conservatore colto e non bigotto. Con una visione tradizionalista dell'arte e della letteratura ma ben consapevole di cosa era successo dopo Balzac (il suo «parente» letterario più prossimo) e l'espressionismo astratto. Wolfe era per il mercato e la proprietà privata. Ma non si lasciava incantare dalle fortune improvvise create e poi distrutte dalla finanza creativa e dalle banche d'affari. Quelle erano il frutto di pericolose speculazioni che facevano affondare anche i piccoli risparmiatori. La ricchezza, per pochi e per poco. Il conto da pagare, per tutti e per sempre.

In questi giorni, Netflix presenta, tra le novità, una serie tv tratta da un romanzo di Wolfe: Un uomo vero. Sono sei puntate ben recitate soprattutto dal protagonista, Jeff Daniels.

Charlie Croker è un magnate del business di Atlanta sull'orlo della bancarotta, impegnato in una lotta contro il tempo per salvare il suo stile di vita sontuoso. È cattivo? Sì. È peggiore dei suoi avversari, una banca che chiede indietro i soldi prestati? No.

Perché, come recita il titolo, il protagonista è «un uomo vero»? Croker è un americano che si è fatto da solo. Per farsi largo ha usato tutti i mezzi a disposizione. Dopo il divorzio, ha fatto il passo più lungo della gamba e ora gli squali non vedono l'ora di sbranarlo. Croker è un uomo vero anche per altri motivi: non accetta compromessi nella sua pur discutibile moralità; ama il mito della vecchia America country & western purché rivisitato e corretto da una montagna di soldi; tende a mettere le relazioni, tutte, sul piano sessuale: è un conquistatore in aperta competizione con gli altri galli del pollaio.

Le minoranze non ne escono benissimo. Intanto Wolfe ci fa vedere come siano molto più integrate di quello che crediamo. Ad Atlanta, il sindaco senza scrupoli è nero così come l'avvocato d'affari, l'unico in cerca di una redenzione autentica. Poi la serie ci mostra come le minoranze utilizzino i sensi di colpa altrui come uno strumento di potere.

Le donne si direbbe abbiano il compito di sorridere ed essere belle accanto ai loro «uomini veri». Ma non lasciatevi abbindolare... Le donne vere non sono meglio degli uomini veri. Hanno armi diverse.

Il finale inatteso e choc non si può rivelare ma certamente è un bello, ulteriore sberleffo, rivolto anche a chi pensava di aver capito tutto...

Unico neo della serie: sei puntate forse non sono sufficienti per sviscerare i molti temi sollevati dal romanzo di Wolfe. Ma in questo caso ci accontentiamo volentieri.

Per un'altra serie, consigliamo Io sono Charlotte Simmons, romanzo ambientato nei campus universitari oggi in rivolta. Wolfe mostrava il declino inarrestabile degli atenei americani e sottolineava gli effetti nefasti del relativismo.

Dove tutto è uguale a tutto e non ci sono valori condivisi, presto o tardi riprende quota il darwinismo sociale che si manifesta in due modi: legge del più forte fisicamente e legge del più forte economicamente.

Anche questo libro, come molti di Wolfe, fu stroncato come il frutto di un uomo vecchio e reazionario che non aveva capito niente. Infatti...

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