Bruxelles sta avviando la procedura di infrazione verso l'Italia a causa del superamento dei parametri di Bilancio fissati nel trattato di Maastricht. Sarebbe forse giunto il momento che i cittadini cominciassero a conoscere questo totem che li minaccia senza che essi ne sappiano nulla, ma per ora limitiamoci a rivelare in che cosa consista la minaccia: pagare una fortissima multa in denaro e, se non paghiamo oppure ricadiamo nella colpa, essere espulsi dall'Unione. Il Dio Denaro che sovrintende i destini dei popoli uniti nel trattato di Maastricht, ha giustamente fissato in termini di denaro la punizione per chi viene meno alle sue leggi. Di conseguenza, se un povero Paese in difficoltà economica non ce l'ha fatta a stare dentro il «parametro» del 3%, lo attente sentinelle di Bruxelles gli comminano un'altissima multa. Più o meno come fa l'usuraio che alza gli interessi al debitore che non è riuscito a pagare. Questa è la «comunità» europea.
Tutto giusto, naturalmente: se siamo uniti, i debiti di un Paese possono portare alla rovina tutti gli altri. Ma il fatto è che non siamo stati uniti nel nome del bilancio; ed è qui che viene il bello. Se il Paese condannato alla multa non paga, o ripete l'infrazione, sarà espulso dall'Unione. Dunque non eravamo né fratelli, né accomunati dalla storia in un comune destino, né figli della stessa terra, né tantomeno cittadini della stessa patria. Il trattato di Maastricht che, contrariamente a qualsiasi altro trattato internazionale, fissa una durata illimitata ai propri accordi (Art. Q del Titolo VII), se ne dimentica subito se il tuo conto «va in rosso».
Sarebbero sufficienti queste poche disposizioni a far capire quale assoluto disprezzo per i popoli le animino, il totale disinteresse per la vita, per i sentimenti, per la realtà degli esseri umani cui gli estensori di Maastricht hanno dettato leggi e comportamenti disumani. Come farà a tornare indietro, psicologicamente, affettivamente, concretamente un Paese che si fosse convinto di appartenere alla famiglia europea? Come farà un lavoratore che si fosse spostato dalla sua terra d'origine ad un'altra, fidando nella tanto osannata libertà di circolazione nell'ambito dell'Europa, imparando una nuova lingua, mandando i suoi figli in una scuola che tutt'a un tratto diventerà «straniera»? E i confini dell'Europa? Si metteranno e si toglieranno a seconda del bilancio annuale di uno o l'altro dei venticinque Paesi dell'Unione?
Dovrebbe essere chiaro a tutti che quello di Maastricht è un trattato talmente stupido da apparire folle. Ed è dunque inutile domandarsi come mai l'economia dell'Europa non cresca: sono gli Articoli di Maastricht a impedirne qualsiasi sviluppo. L'assurdità delle procedure di infrazione è soltanto un esempio, anche se esempio limite. Ma l'insieme delle norme che regolano i vari ambiti intitolati alla «Coesione economica e sociale» o alla «Ricerca e sviluppo tecnologico» sono tali da giustificare stagnazione, recessione, asfissia, morte delle industrie, delle aziende, e infine di qualsiasi volontà di sviluppo da parte degli operatori. Si fissa in questi Titoli senza timore perfino «il programma quadro pluriennale» di triste memoria sovietica, quello che ha portato al disastro a tutti ben noto l'agricoltura di per sé ricchissima della Russia... La verità è che il trattato è stato pensato e messo in atto con assolutezza dittatoriale da economisti e banchieri, ignorando qualsiasi competenza, qualsiasi sguardo d'insieme, ignorando la Storia, infine ignorando l'Uomo.
Berlusconi ha giustamente additato come fattore negativo l'eccesso di burocrazia che impera a Bruxelles. L'elefantiasi della burocrazia, però, non nasce dal nulla: è un effetto, non una causa. L'effetto della dittatura che è stata creata con l'Europa. Sono le dittature che portano con sé inevitabilmente l'accumularsi di norme su norme; tendono a coprire ogni più piccolo campo d'azione per non lasciare nessuno spiraglio di libertà. Si forma così una rete di associazioni mentali ossessive nell'ambito di una logica perversa.
La «curvatura del cetriolo» è frutto del pensiero ossessivo; e se ne accorgerebbero tutti se affliggesse un amico al ristorante. Abbiamo l'obbligo di fermarlo quando affligge i detentori del potere.
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