Cronaca locale

UTE LEMPER Una regina per il cabaret

La cantante berlinese domani sera si esibisce all’Auditorium per «Stranieri fra tutti i popoli»

Antonio Lodetti

È un’interprete che fonde la passione con la malizia e l’artificio dell’attrice; Ute Lemper, la cantante che un acuto critico ha definito «colei che ci fa viaggiare in prima classe sui tracciati più ellittici della canzone d’essai», torna domani all’Auditorium di largo Mahler, per la rassegna organizzata dal Teatro Franco Parenti intitolata «Stranieri fra tutti i popoli del mondo».
E nessuno è più adatto ad entrare in questa rassegna di questa sofisticata chanteuse dell’opera di Weill avant-Brecht e poi di Brecht, del cabaret berlinese di Rudolf Nelson, Marcellus Schiffer, di cantanti censurate dal Terzo Reich come Margo Lion e persino di quella di cantautori maledetti come Tom Waits e Nick Cave passando per i Folksongs di Luciano Berio.
A Milano la cantante porta Angels of Berlin, che richiama il piccolo mondo antico del cabaret berlinese e le irrequiete parodie di Bertolt Brecht. Un mondo in cui veste e toglie i panni di una moderna Marlene o - a seconda dei casi - Edith Piaf o Lotte Lenya.
Ma lei difende la sua autarchia stilistica: «Le mie interpretazioni nascono dall’istinto e non assomigliano a quelle di nessuno, ho uno stile mio che non si cristallizza mai. Poi mi sono sempre considerata un’autrice - puntualizza la Lemper - perché ho sempre personalizzato i brani dei maestri. Non baro mai: nei miei recital amo giocare con i costumi, col melodramma, con l’amato umorismo di Weimar che purtroppo non tutti capiscono».
Nel suo canto c’è la sua storia di ragazzina tedesca di Münster che a nove anni ha attitudini poliedriche e già canta, danza e suona il pianoforte, passando poi, nell’adolescenza, per le strade del jazz, del punk e del musical fino al primo ingaggio con Jerome Savary. Poi diventa cittadina del mondo e a Parigi scopre la canzone francese «in cui vidi una continuazione della mia cultura, la poetica dell’esistenzialismo e la sua filosofia arricchì di nuovi orizzonti il mio bisogno di confrontarmi con l’oggi».
Non a caso l’arte di Ute Lemper è una continua oscillazione, un perenne rimpiattino tra presente e passato; e lo spettacolo Angels in Berlin è un viaggio musicale che torna alle radici di quel glorioso cabaret rivissuto attraverso la volubile voce della Lemper e attraverso una band moderna, un quartetto che sottolinea le trame armonico-ritmiche con la chitarra, il pianoforte, il basso, la batteria.


Ma Ute, ricordiamolo, è anche un’ottima autrice («Mi piace scrivere perché mi annullo nelle canzoni») e un’artista che ama canbiare pelle spaziando da Randy Newman a Béjart, da Caruso a Lloyd Webber, dai Pink Floyd all’amato poeta dannato Paul Celan, cui dedicò uno splendido disco.
Ute Lemper, «Angels of Berlin», Auditorium, domani ore 21

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