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Vai Fani, il rapimento di Moro ricostruito da trentaquattro testimoni eccellenti

In occasione dell'anniversario dell'agguato brigatista esce per Nutrimenti «Via Fani: ore 9.02», interessante lavoro di documentazione che cerca di rimettere assieme il misterioso «puzzle» dell'evento che ha cambiato la storia d'Italia attraverso le voci di chi ha visto

Per la prima volta i testimoni dell'agguato di via Fani parlano tutti assieme: passanti occasionali, residenti della zona, inconsapevoli protagonisti che hanno potuto osservare il rapimento di Moro, l'uccisione della sua scorta, la fuga del commando brigatista.
Tra pochi giorni sarà la ricorrenza del sequestro di Aldo Moro, e con lodevole tempismo la casa editrice Nutrimenti pubblica «Via Fani ore 9.02»: un modo per ricordare quel tragico giorno attraverso le voci di coloro che quella mattina, loro malgrado, si trovavano lì.
Si tratta di testimonianze a ridottissimo rischio di manipolazione, rese nelle ore immediatamente successive ai fatti, prive delle distorsioni e delle ritrattazioni frutto del lungo percorso giudiziario. Parole passate al setaccio, che permettono la messa a fuoco di molti particolari, spesso inediti, raccolti in «presa diretta».
Le deposizioni ufficiali sono integrate da un ampio apparato di mappe della zona che ha fatto da scenario al sequestro, all'interno delle quali è stata ricostruita minuto per minuto la posizione di tutti coloro che hanno assistito all'agguato, alle sue fasi preparatorie o alla fuga, riportando rigorosamente cosa ognuno dei testimoni ha detto agli inquirenti di aver visto; il mosaico del più grave attentato della storia dell'Italia repubblicana viene così ricomposto attraverso lo sguardo di chi vi ha assistito.
La voce narrante e le voci dei testimoni si integrano in un'inchiesta tra saggio e noir, eccezionalmente documentata, che offre nuovi spunti di riflessione. In primo luogo sul motivo per il quale i brigatisti, contrariamente a come hanno raccontato di aver agito, abbiano abbandonato le auto in Via Licinio Calvo in tre differenti momenti: un codice di comunicazione interno del commando, che sancisse l'esito positivo di tre singole fasi dell'azione (primo trasbordo di Moro; tutti i brigatisti al sicuro; Moro nel covo). E ancora, nuovi elementi: come la certezza che l'Alfasud beige, accorsa sulla scena pochi istanti dopo l'operazione, fosse a tutti gli effetti un'auto in borghese appartenente alla Questura; e la figura di Bruno Barbaro, testimone rimasto nell'ombra per quindici anni, e recentemente scoperto legato al colonnello Pastore Stocchi, direttore del centro di addestramento dei «gladiatori» di capo Marrargiu.
Gli autori di questo interessante lavoro di ricostruzione sono il giornalista Romano Bianco, al suo primo libro, e il saggista Manlio Castronuovo. Bianco si interessa al caso Moro da quando, bambino, un suo compaesano venne trucidato in via Fani. Dall'adolescenza legge tutto quello che viene pubblicato sull'argomento. Castronuovo ha invece pubblicato «Vuoto a perdere. Le Brigate Rosse, il rapimento, il processo e l'uccisione di Aldo Moro (edizioni Besa, 2007)», giunto alla seconda ristampa. Sul sito www.vuotoaperdere.

org ha promosso il blog NonsoloMoro, un tentativo collettivo di chiusura degli anni di piombo.

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