Spettacoli

Vanzina noir nella Venezia del '700

A Enrico Vanzina è sempre piaciuto ascoltare e raccontare storie, sia al cinema che in letteratura

Vanzina noir nella Venezia del '700

A Enrico Vanzina è sempre piaciuto ascoltare e raccontare storie, sia al cinema che in letteratura. Dopo aver utilizzato gli stilemi della commedia, del noir e del memoir, ora fa suoi i linguaggi del romanzo d'avventura, di quello di cappa e spada e di quello storico in un libro ambientato nel '700 a Venezia. Di giorno, la vita a Venezia è «scandita dal ritmo forsennato dei commerci: il vocio dei mercati, le passeggiate incantate dei nobili stranieri che vi fanno tappa per il Grand Tour, i passi frettolosi del popolino; di notte invece scorreva un'altra vita, tra i segreti e gli intrighi delle passioni umane, quando prendono il sopravvento gli amori, i tradimenti, i postumi di qualche sbornia, le chiacchiere degli insonni e le trame criminali di chi, coperto dal buio, regola i propri conti personali usando cappi, lame o armi da fuoco».

Il protagonista di Il cadavere del Canal Grande (HarperCollins Italia, pagg. 224, euro 18) è Jean de Briac: «un bel giovanotto biondo, di venticinque anni e di nobili origini bretoni, sguardo dolce ma fiero». È giunto a Venezia perché ama l'arte e, volendo diventare pittore, è riuscito a entrare nella bottega di Giambattista Tiepolo. E lo incontriamo proprio nei giorni in cui sta aiutando l'artista a realizzare l'affresco dell'Incoronazione di Maria nella Chiesa della Pietà. Jean è stanco, ha le mani imbrattate di colore e, nonostante, pesi novanta chili e sia alto un metro e ottantacinque, mangia poco. L'incontro notturno con una dama che gli consegna uno strano sacchetto contenente uno smeraldo lo farà sprofondare in un'incredibile e pericolosa avventura. La donna viene infatti ritrovata cadavere nel Canal Grande vicino al Ponte di Rialto e a lui spetterà scoprire le ragioni della sua morte, e incrociare il proprio destino in una locanda con quello della misteriosa Ginevra e con quello del celebre Giacomo Casanova.

Enrico Vanzina gioca abilmente fra realtà e finzione, distillando nel romanzo citazioni colte che si alternano a scene di inseguimento e ad alto tasso di adrenalina degne della miglior tradizione del feuilleton.

Tiepolo e Casanova sono consapevoli di essere gli ultimi testimoni di un'epoca che sta tramontando e sanno che certe passioni vanno difese, ma possono anche essere estremamente pericolose.

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