Vaticano

Quelle suore di clausura che sfidano il Vaticano: c'entra (anche) la messa in latino?

Tredici religiose di Pienza contestano le disposizioni della Santa Sede, litigando con la diocesi. E un arcivescovo si schiera con loro

Quelle suore di clausura che sfidano il Vaticano: c'entra (anche) la messa in latino?

Sembra un paradosso, ma ultimamente c'è sempre meno pace nei conventi di clausura. Dopo il caso di Ravello, con due giovani suore espulse dall'ordine a seguito del rifiuto del trasferimento dal monastero di Santa Chiara per paura della sua soppressione, fa discutere quanto sta accadendo nel monastero Maria Tempio dello Spirito Santo a Pienza.

Via la madre superiora

La splendida cittadella di Pio II ha dato ospitalità da qualche anno ad un gruppo di monache benedettine di clausura provenienti da un'esperienza in Olanda. A Pienza avevano trovato sistemazione nell'ex seminario arcivescovile carente di vocazioni da anni.

Da Roma, mesi fa, è partito l'ordine di una visita apostolica nel monastero che ha portato questo mese ad una serie di decreti emessi dal Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e notificati alle suore il 13 febbraio dalla diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza. Con questi decreti, la Santa Sede ha deciso di fatto di commissariare il convento e di rimuovere dal suo incarico la madre superiora, suor Diletta Forti. Ma la combattiva religiosa, appoggiata dalle altre dodici suore di clausura, non ha intenzione di cedere il proprio posto al punto che la sua sostituta, proveniente da Terni, avrebbe trovato nei giorni scorsi le porte chiuse.

Perché il Vaticano vuole commissariare le suore?

Tutto nasce, come detto, da una visita apostolica condotta nei mesi scorsi e inviata da Roma. Nelle conclusioni dei visitatori si sarebbe puntato l'indice contro i mercatini di prodotti agroalimentari ed altri gadget, nonché sulla pagina Facebook create dalle suore. Queste ultime, tuttavia, sono attività realizzate anche da altre suore di clausura in giro per l'Italia.

La diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi a seguito delle polemiche, pur ammettendo di non conoscere il contenuto dei decreti vaticani ha sostenuto che "appare evidente come la questione sia ben più complessa e grave, rispetto quanto artatamente veicolato sui mezzi e canali di informazione, seppur egualmente censurabile".

La protesta

Le suore, comunque, non hanno accettato di buon grado la decisione della Santa Sede comunicata dalla diocesi ed hanno protestato pubblicamente contro quella che hanno definito "una epurazione senza motivi ufficiali" ribadendo che "non vi sono affatto atteggiamenti disallineati ma piuttosto vi è legittimo esercizio dei diritti che lo stesso diritto canonico riconosce".

Insomma, le tredici suore di clausura non hanno intenzione di piegare la testa senza sapere precisamente di cosa sono accusate. Per questo si sono sentite in dovere di rispondere alla nota emessa dalla diocesi, attualmente guidata dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, fedelissimo di Francesco. Nell'atto di diffida alle suore, la diocesi faceva sapere di non avere la paternità della decisione, ma di essersi limitata a dare esecuzione alle disposizioni volute da Roma. A suor Diletta Forti è stato chiesto di non fregiarsi più del titolo di abbadessa, ritirato dalla Santa Sede. Nonchè, è stato intimato alle suore di non "veicolare ricostruzioni di parte e fuorvianti della complessa fattispecie" .

La nota della diocesi non è stata sufficiente a far desistere suor Diletta Forti, un'ex agente della Guardia Forestale di origini marchigiane, che ha replicato spiegando come la sua comunità "si è semplicemente rifiutata di dar corso ad un provvedimento che reca grossolane anomalie e vistose criticità di natura giuridica, tali da pregiudicarne la validità e l’efficacia" - e annunciando battaglia legale.

L'intervento di Viganò

Sulla vicenda ha detto la sua nelle scorse ore, sulle pagine del blog Stilum Curiae, l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America monsignor Carlo Maria Viganò. L'arcivescovo, già noto per un memoriale di accuse al Papa sul caso McCarrick, ha detto che le religiose avrebbero scoperto in questi anni tramite un sacerdote la celebrazione secondo il messale del 1962, la cosiddetta messa in latino su cui la scorsa settimana sono state rafforzate le misure restrittive nella Chiesa. Viganò, dando la sua ricostruzione dell'insediamento delle suore a Pienza e delle motivazioni della successiva visita decisa dalla Santa Sede, ha accusato Roma di voler "colpire comunità di vita contemplativa – a maggior ragione se di indirizzo tradizionale".

Vedremo se nei prossimi giorni ci sarà una risposta da parte del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e come si evolverà il braccio di ferro in corso tra la diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza e le suore ribelli guidate dalla madre superiora (destinataria di provvedimento di esclaustrazione), suor Diletta Forti.

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