
Orazio Labbate era in viaggio nel cuore dell'America da St. Louis verso sud. Un tornado lo costringe a una deviazione. Sul confine tra Oklahoma e Louisiana, incontra Afton, un paese desolato, in attesa della catastrofe. «Non c'è niente. Un posto indimenticabile nella sua mediocrità e apparente inutilità. Intorno una pianura disabitata. Mi ricordava il deserto che circonda la mia città, Riesi, in Sicilia».
Così quando si tratta di scrivere una crime story diventa quasi inevitabile iniziare una storia ad Afton per concluderla a Riesi. D'altronde i maestri del noir sono spesso americani ma i maestri di Labbate sono spesso siciliani: Vincenzo Consolo, Stefano D'Arrigo, Gesualdo Bufalino, Leonardo Sciascia...
Il genere noir però è abusato, poi quello siciliano è quasi una somma di luoghi comuni. Labbate: «Per questo ho cercato una storia diversa dal solito, che spingesse a fare i conti con l'orrore metafisico di scrittori come Joseph Conrad o Cormac McCarthy». Conrad? «In questo periodo scrivo guardando Apocalypse Now a rotazione continua. Il film di Coppola è ispirato al Conrad di Cuore di tenebra». Apocalypse Now è un viaggio verso l'interno e verso l'interiorità. Cravuni invece è una discesa, dall'Oklahoma alla Sicilia, e la discesa è regresso: dal Dio dei cristiani agli dei pagani, dal cuore educato della modernità al cuore selvaggio degli antichi, dalla parola piana e chiara al gorgoglio strozzato di una gola tagliata.
Labbate, l'autore di Lo scuru, romanzo che presto diventerà film, è una persona, non un personaggio, da film. Se vi invita a cena, dalle parti di Corsico, sappiate che potreste facilmente finire la serata con una visita al cimitero, «quello che confina con un asilo nido». Ci ha portato Crocifisso Dentello, Antonio Moresco, Antonio Franchini. «Ah no, Franchini l'ho portato allo skate park». Com'era? «Buio e desolante». Però è un tipo allegro. Per divertirsi, in Sicilia, giocava a chi si fermava per ultimo davanti al baratro di un ponte mai terminato: «Vengo da una famiglia borghese ma non ho avuto una infanzia borghese. Ero sempre per strada, con gli amici. E altri tipi originali, che non mancano mai in paese».
Più della strada Labbate gradisce il deserto intorno a Riesi. «Camminavo nel deserto per fare i conti con la morte». Molto siciliano. «No, al contrario. In Sicilia, il giorno del decesso si piange troppo ma già al terzo giorno il morto è deriso. Andare nel deserto era un modo di rifiutare quel tipo di sicilianità».
La sicilianità, in Cravuni, c'è. Niente granatine e cassate, piuttosto una lingua maledetta e nera come il carbone (il «cravuni» del titolo). Poi, di siciliano, c'è il mito. Il detective Frank Labella può essere un Apollo minaccioso mentre il boss mafioso assomiglia a Ermes. Il mito è anche nel profilo della Sicilia, dove le colline sembrano le curve di divinità adagiate sul terreno arso dal sole.
Veniamo ai fatti. Frank LaBella, 40 anni, cieco da un occhio, ritorna nel paese natio del nonno, Riesi, provincia di Caltanisseta. Deve vendicare l'omicidio rituale della nonna, assassinata nel suo drugstore ad Afton. Le indagini conducono a un oscuro Boss. Primo atto di una Trilogia, Cravuni è un progetto destinato a più media. Il libro, ovviamente, e meno ovviamente il videogioco e il cinema.
Ad Afton ci sono due cimiteri. Uno si chiama Ballard. James Ballard, l'autore di Crash, non c'entra niente ma viene inevitabilmente evocato. D'altronde Labbate lavora sui simboli, e sulle immagini che si conficcano in testa, modificando il nostro pensiero. Nessuno come Ballard ha «indagato» a fondo questo tema.
Ultima considerazione, la più importante. Contestare i simboli, nella nostra società, implica contestare la Croce e l'iconografia del Cristianesimo. Labbate: «Nella polemica, c'è il piacere grossolano dell'insulto, ma credo non sia sufficiente. È una guerra d'immagini. Dietro al cristianesimo e alla sua teologia, si intravedono ancora le divinità della tragedia, il mondo pagano». Tutto sommato, però, si contesta il simbolo per un motivo: lo si ritiene ancora vivo ed efficace. Chi nega, afferma. Il cielo è dei violenti è il titolo di un romanzo meraviglioso di Flannery O'Connor. Mostra che la fede può essere brutale e confinare con sentimenti pericolosi. In palio c'è la vita eterna.
Quindi la lotta, contro se stessi e contro il mondo, si conduce senza esclusione di colpi. Con buona pace degli ingenui che credono che credere sia un modo di semplificarsi la vita, consolandosi con fantasie inutili e false speranze.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.