Viaggi esotici e malattie tropicali Un turista su 10 prende la malaria

Dagli anni Novanta, in Lombardia, si è assistito a un incremento del 100% di casi di importazione della patologia

Capita che un sogno si trasformi in un incubo. Capita, a volte, che tornati da una vacanza perfetta in un luogo esotico, si cominci a stare male, per colpa di una malattia contratta durante il soggiorno. Che sia Africa, Asia o America Latina poco importa, per star tranquilli contano le precauzioni prese prima della partenza e il comportamento tenuto durante il viaggio. Quindi, contano i giorni, quelli che impiega la malattia tropicale per manifestarsi.
Niente allarmismi, se siete rientrati da più di un mese potete stare tranquilli. «Dopo 30 giorni - spiega il professor Adriano Lazzarin, primario del reparto di Malattie infettive dell'Università Vita Salute San Raffaele - i rischi diminuiscono perché la malaria ha un periodo di incubazione che va dai 10 ai 30 giorni e le altre febbri tropicali si manifestano entro una decina di giorni». Se invece, siete rientrati da poco, meglio non abbassare la guardia e correre in ospedale se la temperatura corporea aumenta. «Circa il 10 per cento dei viaggiatori - racconta Spinello Antinori, professore associato del reparto di Malattie Infettive dell’Università degli studi di Milano - torna da una vacanza in luoghi tropicali con febbre». Oltre alla più nota malaria si possono contrarre la febbre da virus Dengue e Chicungunya: «due tipi di influenze tropicali che - chiarisce Lazzarin -, salvo rari casi, possono essere superate senza drammatizzare». E poi ci sono le epatiti: «più facili da contrarre nelle zone tropicali - continua Lazzarin - per questo si consiglia sempre la vaccinazione contro l’epatite A». La patologia più frequente è la diarrea del viaggiatore e la leggenda vuole che sia la conseguenza della vendetta dell’imperatore Montezuma. I sintomi sono molto simili e si risolvono in qualche giorno, ricorrendo ai medicinali comunemente impiegati in questi casi.
La preoccupazione più grande, quindi, riguarda la malaria. Si stima che ogni anno al mondo vi siano tra i 300 e i 500 milioni di casi, tra questi circa due milioni sono mortali. Il problema non riguarda solo il terzo mondo o gli incoscienti che partono all’avventura senza fare una corretta profilassi. A partire dagli anni Novanta in Lombardia si è assistito ad un incremento superiore al 100 per cento dei casi di malaria da importazione. «Nel Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco - spiega Antinori - ricoveriamo circa una sessantina di pazienti l’anno». Ecco il primo motivo: «Viaggiare in zone esotiche per gli occidentali è sempre più facile e meno costoso. Ma prima di fare un viaggio, è opportuno rivolgersi alle strutture ospedaliere per conoscere le vaccinazioni e le profilassi consigliate. Se è vero che il rischio non può essere azzerato, può certamente essere ridotto». La seconda ragione, non meno importante, riguarda l’incremento del fenomeno migratorio: «Ultimamente- continua Antinori - aumentano i casi di malati immigrati rispetto agli occidentali: stranieri che tornano dopo tempo nel loro paese d’origine o in quello dei loro genitori».

Così, una volta rientrati in Italia, scoprono che il loro fisico si è «occidentalizzato» e che anche loro, ormai, possono andare incontro alle forme gravi di malaria contro le quali sono sprovvisti di protezione immunitaria.

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