Cronaca locale

La villa preferita da Radetzky ritorna alla città

Villa Scheibler è stata recuperata e restituita alla città e il parco qualificato. Siamo a Vialba-Quarto Oggiaro.
Valori positivi recupero di un edificio storico di proprietà comunale, destinazione a Casa delle Associazioni locali (molte e attive), intervento in quella che si suole definire periferia, e che invece va letta e vissuta come parte del mosaico della città metropolitana, che è un'altra ottica.
Un po' di storia: Vialba che vuol dire luogo «alto», rispetto a Milano, era una pianura asciutta quindi boscosa e adatta alla caccia: un casotto per questa è stata forse la prima costruzione. L'intestazione della chiesetta ai santi Vitale e Agricola, martiri bolognesi del terzo secolo (il servo Vitale aveva convertito il padrone Agricola), le cui reliquie sono state portate a Milano da Sant' Ambrogio fa risalire la frequentazione del luogo alla tarda romanità. Nel 1600 con la sicurezza garantita dal governo spagnolo, è diventato luogo di villeggiatura e si è costruita la villa, che per le colonne binate (adottate dal Richino) è forse più tardo-seicentesca che settecentesca (si trovano facili analogie).
Ci doveva essere l'aria buona se anche nell'800 Radetzky, che abitava in centro, in via Bigli, vi mandava in vacanza poco lontano la figlia. Altri tempi.
La villa è un organismo a «U» rivolta a sud con il portico al centro e la cappella a nord, verso strada, aperta al pubblico, come ha prescritto San Carlo. Nel 1927 è diventata del Comune e il brolo è stato utilizzato come vivaio: abbandonati, la villa si è degradata mentre il vivaio è diventato un affascinante e denso giardino con alberi di molte specie. L'impegno del Comune e il programma europeo Urban 2 hanno permesso il recupero. Il giardino grande come quello pubblico di Porta Venezia, si è integrato alla villa e ha assunto una centralità prospettica con le quattro nuove fontane al centro. La villa è stata recuperata con un importante lavoro di restauro: strutturale con l'inserimento corretto di colonne in acciaio dietro quelle in pietra, filologico con la messa in evidenza delle affascinanti sovrapposizioni nell'atrio (si vedono i dipinti con le merlature) e decorativo con il recupero dei soffitti a passasotto e le fasce dipinte, e delle visuali interne: infilate di porte che terminano in finestre. A sottilizzare noto che all'interno le lampade appese disturbano la vista dei dipinti, che la fascia laterale a prato potrebbe essere alberata portando il parco fino alla strada, e che i lampioni esterni senza vetri sono un po' scheletrici.

Un giornale che il Comune distribuisce afferma che «molti non lo sanno ma Milano sta cambiando»: vero; per scoprirlo questa visita è consigliata (vorrei dire obbligatoria) a tutti.
Paolo Favole

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