Politica

«Vince il diritto al benessere e non è l’unico settore in crescita»

L’esperto di consumi: «L’importante è partire, low-cost e offerte fanno il resto»

da Milano

«L’attenzione per la salute, il benessere e la vacanza sono tante facce di una stessa medaglia: una sorta di "diritto-dovere", il valore, tutto attuale, dello "star bene"»: Giampaolo Fabris, sociologo dei consumi e preside del corso di laurea in consumi e pubblicità dell’università San Raffaele di Milano, interpreta così un fenomeno apparentemente controcorrente, quello di un record di partenze per le ferie estive.
Professore, gli italiani pronti a fare le valige, secondo le previsioni, sono oltre il 55 per cento: un primato, nonostante si parli tanto di crisi.
«La vacanza rappresenta ormai un valore, un diritto: fa parte di un comune sentire per la larga maggioranza. Mi piace ricordare una frase di Edgar Morin: “Nel periodo della vacanza dei valori, si riscopre il valore della vacanza”. Così è: in un periodo di incertezza, lo “star bene” incarna effettivamente un valore».
E il caro prezzi? Non c’è contraddizione tra i due fenomeni?
«In realtà no: gli italiani, comunque, non scialacquano, perché hanno adottato una serie di strategie fantasiose e attente per risparmiare, pur di andare in vacanza, pur di concretizzare questo valore. Internet, d’altra parte, ha moltiplicato esponenzialmente l’offerta di “pacchetti low-cost”, a prezzi stracciati: e non è un caso che quello delle vacanze sia uno dei pochi settori dell’online che davvero funzioni, quando si parla di shopping. D’altra parte si scelgono mete sempre più economiche: non per nulla Spagna, Grecia e Croazia sono così gettonate. Piuttosto si va in pensione anziché in albergo, si fa un periodo più breve, si organizza un picnic e si va alla spiaggia libera: gli stratagemmi sono tanti, basta abbassare un po’ le pretese».
Quindi la vacanza è diventata un valore da seguire sempre e comunque, indipendentemente dai soldi in tasca?
«Oggi le ferie si vivono in modo radicalmente diverso. Prima il “commendatore” milanese dichiarava, con orgoglio, di non fare un giorno di vacanza: ora sarebbe considerato uno che, della vita, non ha capito nulla. Nella vacanza c’è un aspetto di “doverosità sociale”, che non è però conformismo, bensì qualcosa di rituale: un po’ come, per fare un paragone che non vuole essere blasfemo, la messa di Natale, o la festa di compleanno... ».
Si può dire che il numero di turisti segni un’inversione di tendenza nei consumi?
«La situazione, in verità, in molti settori sembra rimanere bloccata. Ci sono però alcuni bisogni che non ci si vuole comunque negare e, quindi, settori che tirano comunque. Ad esempio la comunicazione e le nuove tecnologie; poi ci sono i prodotti per il corpo e la salute e quelli per la casa».
La priorità spetta alla qualità della vita, quindi.
«In generale, la qualità della vita è un valore: e la stessa vacanza è considerata come qualcosa che “fa bene alla salute”, secondo una concezione olistica della forma psicofisica».
E infatti gli italiani spendono di più proprio per salute e vacanze...
«Sono tutte facce di una stessa medaglia, lo “star bene” che è, ormai, una sorta di diritto-dovere. D’altra parte, le ferie non sono più solo un “riposarsi”: c’è la vacanza artistica, quella enogastronomica, quella per imparare una lingua...

Una cosa è certa: magari ci vado con la maglietta dell’anno scorso, con il pantalone fuori moda, ma ci vado».

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