Affare Serravalle, il giallo dei verbali «spariti»

(...) dall’azzeramento del cda alla modifica di altri due articoli dello statuto che limitano i poteri di controllo. Si tratta degli articoli 16 e 17 che in data 6 ottobre il presidente della Provincia ordina di modificare in un’assemblea straordinaria: variazioni che, in sintesi, cancellano il veto del presidente di Serravalle sulle delibere assunte dal comitato esecutivo ed escludono pure l’incompatibilità dell’amministratore delegato della società a ricoprire l’incarico di direttore generale.
Prova che nella cabina di regia della Serravalle post-blitz pro Gavio non ci possono essere più controlli di troppo e che, Penati, sta già pensando ad offrire quel doppio incarico all’amministratore delegato dimissionario Massimo Di Marco. E, dunque, accusa Fi resta «una sola possibilità per sciogliere ogni possibile dubbio sul cambiamento di strategia del diessino Penati: leggere quel verbale di giunta del 29 luglio, dove si è deliberato di spendere soldi pubblici per mantenere in Serravalle quella maggioranza che la Provincia già aveva». Come dire: «Senza verbale non è possibile risalire a chi e perché ha di fatto inserito nelle premesse della delibera di giunta l’affermazione falsa che l’intesa col socio privato Gavio era già stata avviata dalla controllata Asa (poi Asam), anche se questa non aveva allora nell’oggetto sociale la possibilità di compiere interventi in campo autostradale». Domanda che, aggiunge Dapei, troverà risposta «solo in sede giudiziaria». Preannuncio dell’ennesimo ricorso alla magistratura per scoprire gli scheletri negli armadi, dopo che il presidente del consiglio provinciale ha dichiarato in aula l’inesistenza del verbale incriminato, «se sa che non c’è, non lo chieda». Virgolettato di troppo per la Cdl che picchia duro sul conflitto d’interessi del segretario generale in quanto presidente di Asam. Doppio incarico che Princiotta conferma garantendo però «di non intervenire ogni volta la giunta discute di questioni legate ad Asam».
Certezza che non tranquillizza però Max Bruschi, «il doppio ruolo di controllore e controllante resta imbarazzante e sintomatico della linea politica di quest’amministrazione che in fatto di legalità si muove borderline». Stessa valutazione che arriva dal Comune di Milano, dove alla commissione bilancio brillava l’assenza dell’amministratore delegato di Serravalle, Di Marco, e del vicepresidente della Provincia, Alberto Mattioli. Assenze giustificate che il presidente della commissione, Carlo Masseroli (Fi), e larga parte dei membri - anche ds - hanno interpretato come «sgarbo istituzionale». Mancanza di rispetto colmata però da Bruno Rota, presidente di Serravalle, che ha ricostruito alcune tappe della vicenda con particolare riferimento al piano finanziario. Piano votato all’unanimità in un’assemblea del 13 luglio dove si decisero tre grandi interventi - gli svincoli di Molino Dorino e Cascina Gobba e gli interventi sulla bretella Rho-Monza - che, successivamente, dopo l’acquisizione delle azioni di Gavio, la Provincia ha escluso (unico voto contrario, il Comune di Milano) con un nuovo piano finanziario.

Violazione di quel patto che a Penati stava stretto, anche perché «quelle opere approvate» scrive Lazard in una nota riservata agli azionisti del 29 luglio fanno scendere la valutazione di un’azione a 3,83 euro. Qualcosa come cinque euro di meno di quello che Penati stava pagando a Gavio.

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