Arte

Il Maestro di San Francesco, il pittore delle stimmate

A Perugia una mostra dedicata al misterioso artista del ’200 che inventò l’iconografia del poverello di Assisi

Il Maestro di San Francesco, il pittore delle stimmate

Fu lui, usando il tavolaccio di legno su cui secondo la tradizione Francesco morì la sera del 3 ottobre 1226 alla Porziuncola, a dipingere la prima immagine popolare del frate di Assisi. Fu lui che, chiamato dai frati minori, lavorò alle vetrate della Basilica superiore di Assisi, accanto ai grandi maestri tedeschi e francesi. E fu lui a realizzare nella navata della Basilica inferiore, tra il 1255 e il 1260, due cicli di affreschi con le storie parallele della Vita di san Francesco e della Passione di Cristo. Ed è a lui, di fatto, che si deve l’iconografia del Santo che poi ha attraversato i secoli. Eppure nessuno sa chi sia. Gli studiosi non sono mai riusciti a dare un nome alla misteriosa figura di artista che, dopo Giunta Pisano e prima di Cimabue, è uno dei più grandi del Duecento. E così lo hanno chiamato, semplicemente, il Maestro di San Francesco.
Pittore di scuola umbra, attivo fra la metà del secolo e il 1280, forse un religioso quasi sicuramente allievo di Giunta Pisano (1200-60 ca) e a sua volta uno dei maestri che influenzarono lo stile di Cimabue- fu autore di dipinti, spiegano i critici, «venati di accentuato patetismo», fortemente espressivi, «teatrali», quasi maschere.
Roberto Longhi disse che il Maestro di San Francesco è il più grande «umorista» del Duecento italiano.
Ma la sua popolarità, presso gli storici dell’arte e presso i fedeli francescani, sta nel fatto che fu lui a istituzionalizzare, dal punto di vista pittorico, le stimmate sulle mani, i piedi e il costato del Santo. Secondo le agiografie, mentre si trovava a pregare sul monte della Verna (il luogo su cui in futuro sorgerà il celebre santuario) e dopo 40 giorni di digiuno, come il Cristo, Francesco vide un Serafino crocifisso e subito dopo comparvero le stimmate. «Sulle mani e sui piedi presenta delle ferite e delle escrescenze carnose, che ricordano dei chiodi e dai quali sanguina spesso».
Mentre sul fianco destro spuntò una ferita, come quella di un colpo di lancia.
Stimmate che fino alla morte Francesco tenne sempre nascoste. Era il 14 settembre 1224. Ottocento anni fa.
E per celebrare la «santa data» la Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia, dove si è da pochissimo insediato il nuovo direttore, Costantino D’Orazio, inaugurerà fra qualche settimana la grande mostra L’enigma del Maestro di San Francesco.
Lo stil novo del Duecento umbro (dal 10 marzo al 9 giugno). Curata da un pool di super esperti - Veruska Picchiarelli, Andrea De Marchi e Emanuele Zappasodi l’esposizione presenterà una sessantina di capolavori, provenienti anche dal Louvre, dalla National Gallery di Londra, dal Metropolitan di New York e dalla National Gallery di Washington, radunando per la prima volta tutte le opere su tavola - poche, splendide e uniche - che ci restano del Maestro di San Francesco e ricostruendo il mondo artistico e devozionale duecentesco in cui si trovò a lavorare.
Ed eccoci qui, nel grande cantiere umbro, fra botteghe, chiese e conventi, in cui dipinse, pregò e innovò l’anonimo maestro.
Il pellegrinaggio artistico può partire proprio dal museo della Porziuncola, a Santa Maria degli Angeli, nella piana di Assisi. Qui sono custodite due opere che andranno in mostra a Perugia: la maestosa croce sagomata dipinta da Giunta Pisano per l’altare della Porziuncola e il San Francesco con i due angeli, dipinto sull’asse dove morì il Poverello d’Assisi, e da cui prende nome il Maestro di San Francesco, un capolavoro che sovrappone al valore artistico quello della reliquia. Eccolo: al centro della tavola, molto verticale, c’è san Francesco vestito con un saio che regge con una mano il Crocefisso e con l’altra il libro aperto; e ben visibili sono le stimmate delle mani, dei piedi e del costato. È un dipinto, ma è anche un’icona.
Dall’antico convento di Santa Maria degli Angeli passiamo alla Basilica di Santa Chiara, fondata nel 1255 per ospitare le spoglie di Chiara, amica e compagna di Francesco, fondatrice dell’ordine delle clarisse. Qui, nell’antico coro delle monache, è conservato il Crocifisso miracoloso davanti al quale Francesco ricevette, nel 1205, la chiamata a lavorare per la Chiesa del Signore. «Ripara la mia casa» gli disse il Cristo sulla croce. E conversione fu. La Basilica, che raccoglie alcune opere del Maestro di Santa Chiara, allievo del misterioso pittore di Francesco, e che saranno alla mostra di Perugia, sta per chiudere. Sono le 17,30.
«È tempo dei Vespri», ci sussurra una giovane clarissa. È ora di andare.
Dieci minuti a piedi e siamo alla «stazione» successiva. La Basilica di San Francesco, dove dal 1230 si venerano le spoglie mortali del Poverello. La chiesa superiore sfoggia una delle più belle raccolte di vetrate medievali d’Italia: vi lavorarono artisti della Germania nord-orientale, francesi e gli artigiani della bottega del Maestro di San Francesco.
Il quale, per la chiesa inferiore, ricevette un secondo incarico, imponente: la decorazione delle volte (che trasformò in un cielo trapunto di stelle) e della navata centrale, dove realizza il primo ciclo delle Storie di Francesco, narrate in parallelo con quelle di Cristo, secondo le indicazioni dottrinali di Bonaventura da Bagnoregio, allora Generale dell’Ordine. È qui che il Santo per la prima volta viene identificato come alter Christus grazie al dono delle stigmate. Oggi i dipinti, a causa di ristrutturazioni e mutilazioni avvenute nei secoli, appaiono sbocconcellati ma, ammirati dai trabattelli montati per l’occasione, sanno ancora mostrare tutta la loro potenza e la loro delicatezza, a partire dalla celebre Predica agli uccelli.
La visita notturna della basilica, per privilegio di stampa, resterà a lungo nella memoria del cronista. Il pubblico della mostra, grazie a rilievi acquisiti con laserscanner 3D, vedrà invece l’intero ciclo ricostruito in una sala immersiva.
Ed eccoci all’ultima tappa, dove aprirà la mostra: la Galleria nazionale dell’Umbria, a Perugia, che conserva il principale nucleo delle opere su tavola del Maestro di San Francesco.
La prima e più grande - eccola qui, in entrata - è la croce sagomata dipinta su tavola a tempera e oro datata 1272. Quando, nel settembre 2016, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella venne qui in visita privata, davanti al Crocifisso - dando prova, come scrissero allora i giornalisti, di «notevoli conoscenze storico-artistiche e un grande spirito di osservazione» commentò: «Qui c’è Giunta Pisano ma non c’è ancora Cimabue». Che è la migliore introduzione possibile all’opera del Maestro di San Francesco.


Per chi vorrà, buona visita.

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