Luca Beatrice, un uomo sempre in cerca della bellezza. Tanto raffinato da adorare la cultura pop

Era un finto cinico e un vero generoso. Anche con gli amici

Luca Beatrice, un uomo sempre in cerca della bellezza. Tanto raffinato da adorare la cultura pop
00:00 00:00

Tutto troppo presto, tutto troppo veloce.

È successo tutto proprio come era lui. Troppo.

Troppo simpatico, troppo polemico- più per posa che per convinzione - troppo curioso del mondo e delle cose, troppo tifoso, troppo goloso, troppo bravo a insegnare, a scrivere, a raccontare l’arte. Titolo del suo libro più bello e azzeccato: Da che arte stai?

Lui, dalla sua. Era fieramente di destra, e se gliene chiedevano conto, si spostava ancora più a destra. Perché amava la provocazione, perché era intelligente, perché era ironico. Troppo sottilmente ironico.

Finto cinico, vero generoso, divorava ogni cosa: libri, film, giornali, mostre, musica, politica, cibo. Potevi essere in qualsiasi posto, poteva essere qualsiasi ora, potevi avere qualsiasi impegno, ma se diceva «Quando si mangia?», allora bisognava sedersi e mangiare.

Per il resto era sempre in piedi: di una calma assoluta, era una macchina da guerra. Quante cose hai fatto? Anni di ore di lezione, chilometri di mostre curate e visitate, scrivevi un pezzo al giorno per dieci giornali, incontravi mille persone, parlavi con tutti, sapevi di tutto.
Quante cose hai fatto Luca. E quante cose avresti potuto e dovuto fare.

Una volta gli feci una delle mie domande, non si sa se più stupide o fuori luogo: «Ma tu: sei più orgoglioso di avere curato una Biennale odi essere juventino?». Lui si girò di scatto, si tolse gli occhiali, mi guardò a brutto muso nascondendo il sorriso sotto la barba e mi disse: «Ma che cazzo dici? La Juve naturalmente».

La Juve, naturalmente. E poi tutto il resto.

Tre famiglie, due ex mogli, poi Elisa, la sua donna più bella - sei suoceri, «credo sia un record» diceva e quattro figli. Ai quali ha dato tutto, persino più che all’arte.

Gli piaceva piacere e piaceva a tutti.

Cose che non piacevano a Luca Beatrice. Gli snobismi. La sciatteria. L’arte diffusa. Il già visto e stravisto. Dover aspettare. I romanzetti italiani pretenziosi. Le finte femministe. I veri cafoni. Le vacanze. Camminare. Il rumore dell’aspirapolvere. Le vie di mezzo. La solitudine. Perdere le finali di Champions. Perdere in generale. E in particolare perdere tempo.

Cose che piacevano a Luca Beatrice. Le Harley-Davidson, ma anche la sua Royal Enfield. Easy rider e il mito della motocicletta come arte.
Fare arrabbiare gli intellettuali di sinistra. Tondelli. Le canzoni di Renato Zero. I paradossi. I tre di Piazza del Popolo: Schifano, Angeli, Festa.
Alexander McQueen. I dipinti pop di David Hockney. Gli anelli. Gli anni Ottanta. Anselm Kiefer. I film di Sergio Leone. E sopratutto l’idea che cultura e intrattenimento, pop e impegno, possano convivere benissimo.

E poi gli piacevano gli amici.

Un’estate eravamo in vacanza con le famiglie.

Trascorrevamo tutte le giornate insieme. Il giorno dopo che sono partito ha detto a sua moglie: «Chiamo Gigi». «Ma se è partito ieri!?». «Non si può stare una giornata senza Mascheroni», rispose.

Figurati, adesso, una vita senza di te.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica