Bassolino a processo da tre anni. Ma nessuno lo sa

RomaC’è un processo che riguarda un importante esponente politico di cui nessun giornale riporta mai notizia. C’è un processo che rischia di naufragare causa prescrizione all’orizzonte e nessuno si straccia le vesti. Domanda: a quale schieramento politico appartiene l’imputato? Risposta (ovvia): al Pd. E così niente inondazione di intercettazioni cortesemente girate da magistrati compiacenti alla stampa nella fase istruttoria, come accade in questi giorni nel caso Ruby, che guarda caso riguarda Silvio Berlusconi, il nemico numero uno della sinistra (e della magistratura). Anzi, nel caso del processo di cui vi vogliamo parlare qualsiasi informazione è ostacolata. Nel processo di cui vi vogliamo parlare, che vede imputato l’ex sindaco di Napoli ed ex presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e che è in corso da quasi tre anni a Napoli, telecamere, registratori e cellulari sono vietati, per decisione del procuratore generale del capoluogo campano. Il risultato è che le udienze, decine dal maggio 2008, sono praticamente clandestine e solo chi ha la voglia, il tempo e la competenza per navigare su internet può avere aggiornamenti e resoconti - unicamente scritti - su quello che accade nell’aula bunker di Poggioreale. Informazioni che si devono in parte a Radio Radicale, in parte a qualche cittadino dotato di spirito di servizio che mette in rete resoconti delle udienze, come gli animatori del gruppo «Non censurate il processo Bassolino!», che vanta non pochi proseliti su Facebook. Insomma, chi vuole sapere alla fine sa, ma di certo l’opinione pubblica, quella che si fa un’idea guardando i tg e leggendo i grandi giornali, quella che viene condizionata dall’informazione di serie A, nemmeno sa che Bassolino è sotto processo. E, scommettiamo, l’ignoranza riguarda anche molti tra politici e giornalisti. E così viva il ministro per la Gioventù Giorgia Meloni, che ieri si è incaricata di fare da post-it umano addirittura in diretta tv: «Vorrei sapere - ha detto alla Telefonata su Canale 5 ieri mattina e quindi ben lontana dai picchi di audience - quanti italiani sanno che si sta celebrando il processo all’ex presidente della regione Campania Antonio Bassolino sulla gestione delle discariche. Io non ne ho sentito parlare. L’utilizzo di due pesi e due misure è evidente», conclude la Meloni.
E sì che i reati contestati a Bassolino e agli altri 27 imputati del maxiprocesso non sono da poco: truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, frode in pubbliche forniture, falso e abuso in atti d’ufficio. La vicenda riguarda la gestione commissariale dell’emergenza rifiuti a Napoli - che faceva capo all’allora governatore della Campania Bassolino - nel periodo che va dal 2000 al 2004, l’epoca in cui si sono poste le basi del disastro ambientale che il capoluogo partenopeo sconta ancora oggi. L’impianto accusatorio teorizza che il commissario non avrebbe fatto di tutto per superare l’emergenza rifiuti in Campania, perpetuando una situazione nella quale in molti traevano benefici e guadagni illeciti.

Addirittura Bassolino e i suoi sodali avrebbero scientemente posto in essere meccanismi di gestione dello smaltimento dei rifiuti chiaramente inefficaci, in modo da peggiorare la situazione, consentendo a pochi di prosperare e a tutti gli altri - i poveri cittadini di Napoli e dell’hinterland, di annegare nella munnezza. Tra gli imputati anche i vertici di Impregilo, l’azienda costruttrice del termovalorizzatore di Acerra, che gestiva anche grazie all’impresa Fibe.

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