Bianca Balti: "Io salvata dallo psiconcologo". Chi è, cosa fa e perché è importante questa figura

Tra le Instagram Storie la modella parla di una figura centrale nei percorsi oncologici per affrontare ansia, depressione e le paure legate alla malattia. Ecco tutto quello che c'è da sapere

Bianca Balti: "Io salvata dallo psiconcologo". Chi è, cosa fa e perché è importante questa figura

“Lo psiconcologo mi ha salvato la vita in più occasioni: dalla diagnosi di tumore alla depressione vissuta la scorsa estate”. Bianca Balti lo racconta nelle sue Instagram Stories, collegando quella figura professionale ai momenti più duri del suo percorso: la scoperta di un cancro ovarico al terzo stadio, l’intervento, la chemioterapia e uno stato depressivo sperimentato pochi mesi fa. Le sue parole aprono una finestra su un tema che riguarda migliaia di pazienti: la salute mentale durante e dopo il cancro. Ma chi è davvero lo psiconcologo, cosa fa e perché può diventare – come nel caso di Bianca Balti – una presenza che “salva la vita” più di una volta?

Chi è lo psiconcologo

Lo psiconcologo è uno psicologo o uno psichiatra con una formazione specifica in oncologia: lavora sul versante emotivo, cognitivo ed esistenziale di chi affronta un tumore, integrandosi con l’équipe medica. Si tratta, quindi, di una figura specifica che si occupa del peso psicologico del cancro sul paziente e sulla famiglia.

Dalla diagnosi al follow up: come lavora lo psiconcologo

Lo psiconcologo interviene in diverse fasi. Innanzitutto quando arriva la diagnosi, per gestire lo shock, il senso di vulnerabilità e la paura del futuro. Poi, durante le terapie (chirurgia, chemio, radio, terapie ormonali o biologiche), quando gli effetti collaterali fisici si intrecciano con stanchezza mentale, rabbia, perdita di controllo. E, ancora, nel follow up, quando le visite di controllo tengono viva l’ansia da recidiva. Infine, nelle fasi avanzate o durante le cure palliative, per accompagnare il paziente e i familiari nei temi più difficili da affrontare, dal dolore alla morte.


Ansia, depressione e paura dopo la diagnosi di cancro: perché la psiconcologia è parte della terapia

Il cancro non è solo una malattia del corpo. Diversi studi mostrano che una percentuale alta di pazienti oncologici può sviluppare disturbi psichiatrici veri e propri, in particolare depressione e disturbi d’ansia. In questo quadro lo psiconcologo non è un optional, ma parte della terapia complessiva: lavora sulle emozioni, sui pensieri negativi, sul senso di colpa o di fallimento, sulla paura della morte e della sofferenza. Aiuta il paziente a trovare strategie concrete per affrontare gli esami, le attese, gli effetti collaterali, ma anche a ridefinire la propria identità quando il corpo cambia, come nel caso di mastectomie, cicatrici o perdita dei capelli. Esattamente quei temi di cui Bianca Balti si è fatta portavoce, raccontando e mostrando la trasformazione fisica e psicologica.

Il sostegno dello psiconcologo alla famiglia del paziente

Il cancro non travolge solo chi è malato. Anche partner, figli, genitori e amici del paziente affrontano paure, senso di impotenza, stress continuo. L’American Cancer Society, in una pagina dedicata ai servizi di supporto psicosociale, spiega che questi interventi includono non solo il paziente ma anche i caregiver, con consulenze individuali, gruppi di sostegno e programmi educativi per imparare a gestire la malattia nella vita quotidiana.

Lo psiconcologo, in questo contesto, può offrire spazi di ascolto dedicati ai familiari, separati dal paziente. Li aiuta comunicare in modo più chiaro, ad esempio quando si tratta di spiegare la malattia ai figli; lavorare sulla prevenzione del burn-out del caregiver, cioè la stanchezza emotiva e fisica di chi assiste.

Come lavora, concretamente, lo psiconcologo

Il lavoro quotidiano di uno psiconcologo somiglia poco ai cliché della “seduta sul lettino” e molto di più al lavoro sul campo, dentro i reparti. Comprende colloqui individuali brevi e focalizzati, supporto ai pazienti ricoverati, interventi nei day hospital, gruppi di sostegno per pazienti con la stessa diagnosi o per i caregiver. Dal punto di vista clinico vengono utilizzati strumenti di valutazione standardizzati per misurare il livello di disagio. Poi, la presa in carico spesso avviene in équipe: oncologi, chirurghi, infermieri, nutrizionisti, fisioterapisti e psiconcologi condividono informazioni e decidono insieme le priorità. Uno studio pubblicato su Psycho-Oncology sottolinea come i programmi che integrano stabilmente il supporto psicologico nel percorso clinico abbiano maggiori probabilità di intercettare il disagio e ridurre la sofferenza non solo emotiva ma anche fisica, ad esempio migliorando il controllo del dolore.

Come trovare uno psiconcologo

Il primo step è parlarne con l’oncologo di riferimento o con il medico di famiglia, chiedendo esplicitamente se il centro in cui si è in cura dispone di un servizio di psiconcologia interno o di psicologi convenzionati. In molti Paesi ci sono ambulatori dedicati: diversi ospedali e istituti oncologici presentano reparti di psiconcologia aperti ai pazienti in trattamento e in follow up. In alternativa, si può chiedere aiuto a un esperto del settore, piscologo o psicoterapeuta, che potrebbe mettere a disposizione elenchi di specialisti verificati e cercare terapeuti che abbiano esperienza specifica con pazienti oncologici.

Perché la testimonianza di Bianca Balti vale più di un post

Quando una figura pubblica come Bianca Balti racconta apertamente non solo la diagnosi di cancro ma anche la depressione e la paura succesive e attribuisce allo psiconcologo il merito di averle “salvato la vita in più occasioni”, non sta solo condividendo un dettaglio privato. Sta facendo esattamente ciò che molte organizzazioni sanitarie auspicano: normalizzare il fatto che, di fronte al cancro, chiedere aiuto psicologico non è segno di debolezza, ma parte di un percorso di cura completo.

Le cronache recenti sulla sua presenza a Sanremo senza parrucca, sulle cicatrici mostrate sui social e sulla scelta di parlare di corpo, vulnerabilità e desiderio di vivere anche in piena malattia, raccontano una narrazione del cancro che non si ferma al “ce la farò”, ma include il diritto di mostrarsi fragile e di farsi aiutare. In questa cornice, la figura dello psiconcologo esce dalle corsie ospedaliere e diventa una figura fondamentale verso la guarigione.

Per molti pazienti, quel professionista che porta un cartellino con scritto “psiconcologo” rappresenta qualcuno a cui si può dire ciò che non si riesce a confessare a nessuno: la paura di morire, la vergogna per il corpo che cambia, la tentazione di mollare le cure.

È anche grazie a racconti come quello di Bianca Balti se, lentamente, l’idea che “basta essere forti” lascia spazio a una verità più scomoda ma più reale: nessuno affronta il cancro da solo, e la salute mentale non è un lusso, ma una parte essenziale della terapia.

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