La calzatura dei "70" celebra le scarpe toscane di fratelli Borgioli

A theMicam l'azienda di Vinci presenta una nuova collezione ispirata alla storia familiare iniziata nel 1946. Prodotti di qualità sui mercati internazionali. E il cliente all'estero può ordinare il modello sartoriale, fatto su misura. Giacomo Fioravanti: "Defiscalizzare i campionari per essere più competitivi"

La calzatura dei "70" celebra le scarpe toscane di fratelli Borgioli

Una storia di 70 anni e una scarpa speciale per celebrarli, il calzaturificio fratelli Borgioli di Vinci, Firenze, si è presentato così a the Micam 2016 il salone della calzatura che si chiude il 6 settembre a Fiera Milano. Raccontando una storia avviata nel 1946 dai fratelli Valerio e Renè che continua con la terza generazione familiare e richiama con orgoglio imprenditoriale il legame fra le radici e la visione imprenditoriale del futuro di un'azienda che fattura 6,5 milioni di euro e ha 40 dipendenti. "E' una bella storia quella iniziata da mio nonno e dal fratello che prosegue - dice Giacomo Fioravanti, titolare dell'azienda - nel solco del ben fatto made in Italy con la cura del prodotto di qualità che si è affermata anche all'estero". E a sottolineare questa storia, la scarpa dei 70 è stata esposta accanto alla vecchia bici con il cestino davanti al manubrio con cui venivano fatte le prime consegne.

"Per questo abbiamo presentato a theMicam la 70, nata dalla collaborazione con Polimoda, l'Istituto di internazionale di fashion design e marketing di Firenze, e dal concorso al quale hanno partecipato 15 studenti del master in design e borse: a vincere è stata la proposta il designer emergente cinese Zhang Jiawei che nella scarpa da uomo ha riassunto la nostra storia proiettandola nella contemporaneità. Moderna e dalla linea inusuale - aggiunge -, ha la rifinitura superiore con due 7 che si incrociano con lo zero centrale simboleggiando i 70 anni mentre la suola spigolosa ricorda la pianta delle chiese fiorentine e il materiale marmorizzato riprende quello usato nel Duomo di Firenze. Richiami alla nostra cultura, alla trazione del territorio, alla nostra presenza all'estero riuniti in un prodotto di qualità cucito e costruito alla Borgioli ma anche rivolto al futuro perché la suola in micro è leggerissima e robusta. La scarpa dei 70 celebrativa ha ispirato una collezione più soft e portabile rivolta a un pubblico internazionale più giovane e trendy".

L'azienda di Vinci punta infatti molto sull'internazionalizzazione ed è presente in Europa, Giappone, Turchia e Russia anche se questo mercato "è in affanno", come il mercato italiano che non riparte e "purtoppo i piccoli negozianti sono quelli che hanno maggiori difficoltà" così "ci stiamo muovendo sulle boutique di abbigliamento offrendo sempre più servizi al retail".

"Noi ci connotiamo come scarpe toscane - sottolinea Giacomo Fioravanti - perché le calzature sono tutte prodotte nel giro di 10 - 15 chilometri dall'azienda: questo ci permettere di essere più flessibili, veloci. Arriviamo a fare anche servizio su ordinazione in una decina di nostri punti vendita nel mondo: qui il cliente può scegliere scarpa, modello, pellame, suola e avere una scarpa sartoriale".

Alta qualità significa costi elevati e ricorso a molta manodopera con il tema della defiscalizzazione dei campionari chiesta da Assocalzaturifici che sarebbe importante per aiutare le nostra aziende a rimanere competitive. "Fare un campionario 200 scarpe è un investimento rilevante soprattutto per una pmi perché ogni scarpa ha un valore doppio rispetto a quello di produzione, circa 330 euro a pezzo. Nella moda la spesa in ricerca e sviluppo non è considerata ma ogni sei mesi, a volte ogni tre, escono nuove collezioni e quindi è fondamentale per creare nuovi prodotti: sia per i materiali che per i modelli". L'altro tema riguarda la manodopera, che è l'altro elemento chiave dal quale non si può prescindere per mantenere le produzioni d'eccellenza italiane. "Puntiamo molto sui giovani per avere un ricambio di professionalità che sul mercato è sempre più difficile reperire, non si trova manodopera e il settore calzaturiero risente molto di questa situazione. Per formare una giovane professionalità ci vogliono dai 2 ai 4 anni".

E' una situazione che si ripercuote negativamente anche sulle grandi produzioni che sono state delocalizzate all'estero, alcuni vorrebbero rientrare in Italia perché le grandi griffe hanno scoperto che la partita si gioca sulla qualità e sul made in Italy, non sulla lotta ad abbattere il prezzo.

Però - conclude Giacomo Fioravanti - ci sono problemi con la manodopera specializzata che sarebbero stati più gravi se le piccole e medie imprese non avessero tenuto duro, considerando che l'indotto è stato quasi distrutto e prima c'erano terzisti che lavoravano per quattro o cinque calzaturifici mentre oggi lavorano solo per uno".

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