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Hristo non si è fermato a Parma: il flop di Stoichkov in Serie A

Un Pallone d'oro in Emilia: nell'estate 1995 il campione bulgaro Stoichkov si trasferisce ai Ducali e subito genera grandissime aspettative, poi brutalmente tradite

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Atterra caracollando con la sicumera tipica di chi è eccessivamente infatuato dei propri mezzi. E subito distribuisce la sensazione, per quanto ancora epidermica, che in quell'atteggiamento ci debba essere qualcosa di stonato. Eppure, come faresti a dirlo? La gente si sfrega i polpastrelli. La salivazione aumenta. Mica ci arriva tutti i giorni, un Pallone d'oro in Emilia. Le cose stanno così: se sei a Parma ed è ancora l'estate 1995, sai benissimo che in città c'è soltanto un trending topic. Ma davvero arriva Hristo Stoichkov?

Sì, davvero. Calisto Tanzi si è frugato. In totale fanno 12 miliardi delle vecchie lire. Abbastanza per strapparlo al Barcellona di Cruijff, specie perché con l'olandese lui ci ha litigato di brutto. Irrimediabilmente insolente e incline alla rappresaglia, il bulgaro. Ma in fondo segna a manetta - 81 gol in patria, con la maglia del CSKA, 76 con i blaugrana in cinque anni - e distribuisce assist con cadenze liturgiche. "Il Pallone d'oro mica te lo danno per caso", commenta il talentino Gianfranco Zola, accogliendo il bizzarro compagno. Il lanciatissimo Parma di quell'epoca aurea ora lucida il sogno scudetto.

Lui, che ha disputato un Usa '94 da astro sfrigolante, trascinando la sua nazionale al miglior risultato nella storia - il quarto posto - è convinto di essere stato asperso da una benedizione celeste: "In questo mondiale noi bulgari siamo figli di Dio". Niente di meno. Beccatevi questa. Hristo arriva insomma sentendosi il migliore. E, in quanto tale, ritiene che tutto gli sia dovuto per legge naturale. Ma l'umana tracotanza, fin dai tempi di Antigone, viene puntualmente cazziata. E Stoichkov non ne rimane indenne. Perché la questione è che in Serie A i difensori mica si spostano al suo passaggio. Nessuna deferenza verso il campionissimo. Nessuna sudditanza. Il bulgaro rimbalza penosamente sulle retroguardie altrui, dopo un inizio promettente.

Lui però è certo: "Vinciamo lo scudetto perché siamo la squadra più forte. Io posso tranquillamente giocare ovunque, anche dietro le punte". Nevio Scala, il tecnico, lo coccola allo spasmo: "Costa la metà di Baggio e Signori ed è più forte di entrambi", vaticina in ritiro. "Argh" è il termine onomatopeico che forse rende meglio la reazione a questa sbilenca previsione. Perché Hristo di soprannaturale mostra poco o niente in Italia. Anzi, risulta talmente inconcludente che pare che a Parma non ci si fermi proprio. A fine stagione collezionerà soltanto 23 presenze in campionato, punteggiate da 5 reti. Più due gol in coppa delle coppe. E una presenza in coppa Italia. L'equivalente di un flop monstre per uno che si presentava con il globo d'oro stretto sotto l'ascella.

Eppoi, oltre che indolente, Stoichkov appare anche irascibile. In Spagna aveva accumulato cartellini, ma almeno segnava. Qua non sfonda, e si inalbera ancora di più. Cade puntualmente nelle provocazioni. Abbaia alla stampa nel post partita. E oltre agli avversari, patisce anche il carisma dei compagni, in primis di Zola e poi del giovanissimo Inzaghi. In sintesi: una disfatta.

Se ne tornerà in blaugrana dopo un anno soltanto, non prima di aver vomitato strali contro il calcio italiano: "L'Italia è una parentesi chiusa, un periodo in cui mi sono annoiato mortalmente". Figuriamoci i tifosi sugli spalti. Hristo ha imboccato un declivio scosceso. La sua carriera proseguirà al ribasso, dissolvendosi gradualmente. Nessun miracolo. Nessuna resurrezione.

A Parma, di certo, la moltiplicazione dei gol non è riuscita nemmeno un po'.

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