
La foto del suo profilo whatsapp è illuminata da tre piccoli («Sono i miei tesori») che giocano col pallone. «Nonno Pierino» ha 66 anni e tre nipotini. Per Piero Fanna il «tre» è un numero magico: prima infatti che arrivassero quei tre bei bimbi, da giovane fu la volta di tre bellissimi scudetti in tre squadre diverse (Juve, Verona, Inter). Oggi in casa Fanna è un giorno speciale.
Saliamo sulla macchina del tempo, retromarcia ed eccoci al 12 maggio 1985. Esattamente 40 anni fa vincevi a Verona lo scudetto dei sogni...
«Uno dei ricorsi più emozionanti della vita. Con l'1-1 a Bergamo conquistammo il titolo con una giornata di anticipo».
Il tuo secondo scudetto in carriera, dopo quello con la Juventus.
«Nella Juve fu facile, era una squadra zeppa di campioni...».
Boniperti ti aveva preso dall'Atalanta, ma a Torino non furono sempre rose e fiori.
«Mi adattai a fatica in un ambiente per me difficile».
Un club iconico, concorrenza spietata, vietato sbagliare...
«Il carattere riservato non mi aiutò, ma furono quattro anni esaltanti. Ma sentivo dentro di me un vuoto, qualcosa che mancava...».
Poi quel lutto grave: la morte di tuo padre, nel 1981.
«L'anno successivo passai alla Juve. Trovando un secondo padre...».
Osvaldo Bagnoli.
«Persona eccezionale. Ancora oggi che ha 90 anni andarlo a trovare mi fa bene all'anima».
Ti valorizzò come calciatore con la forza dell'umanità.
«Era di poche parole, ma aveva il carisma del pater familias autorevole senza bisogno di essere autoritario. Seppe cogliere il meglio di noi pure sotto l'aspetto psicologico, e tatticamente fu un innovatore».
Tecnica, mentalità e abnegazione: furono questi gli ingredienti di quello scudetto veronese, unico e (forse) irripetibile?
«Aggiungerei un quarto elemento: amicizia. Ci frequentavamo anche al di fuori del campo. Si era creato uno spirito di gruppo che ci rese quasi imbattibili».
Quando capiste che ce l'avreste fatta ad arrivare primi?
«Più battevamo le grandi e più ci convincevamo della nostra forza. Poi ci fu quel Capodanno, in cui allo scoccare della mezzanotte presi la parola pensando a mister Bagnoli».
Per dire cosa?
«Ero con tutti i compagni di squadra. La parola scudetto era impronunciabile per ragioni di scaramanzia. Alzai il calice di spumante e dissi: Questo è il nostro anno. Ora o mai più...».
E lo scudetto arrivò. Passando per gesti rivelatori di un destino vincente, come il gol di «Cenerentolo» Elkjaer che contro la Juve segnò col piede scalzo dopo aver perso la scarpetta...
«Elkjaer fantastico, Briegel un gigante buono che ci dava sicurezza in campo e fuori: gol, genio, potenza. Ma l'intera squadra girava come un meccanismo perfetto».
E Fanna era inarrestabile...
«Al di là della prestazione dei singoli, resta la soddisfazione di un collettivo che accese i fari su una realtà di provincia. In un campionato di stelle fra Maradona, Zico e Platini. E noi dell'Hellas Verona...».
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