A Calcutta ammettono di andarci (e di aver bisogno di ritornare ogni anno) non tanto per un insopprimibile bisogno di fare del bene agli altri, ma soprattutto per loro stessi. Perché solo lì riescono a comprendere che le piaghe più profonde non sono quelle che devono ripulire e medicare sul posto, nelle bidonville di Kalighat, bensì quelle dentro di noi, nel mondo occidentale. Dove la sete damore si veste dincomunicabilità, di disperazione, aggressività, arroganza, rifiuto.
Lorenza Caravelli e Cesare Santi, uninsegnante di lettere che è anche uninfermiera diplomata mentre lui esercita da anni la professione di medico chirurgo e ha unesperienza pluriennale sui malati oncologici e terminali, hanno rispettivamente 53 e 56 anni e assicurano di aver trovato negli insegnamenti della suora missionaria più famosa al mondo, Madre Teresa, e nellospedale-lebbrosario da lei fondato negli anni Cinquanta a Calcutta, lanello mancante tra lastratto e il fattibile. Come? Superando limmensa sensazione dimpotenza che attanaglia davanti a intere famiglie che dormono sotto i tavoli e lungo le strade ma, prima ancora, limpatto ambientale con una sporcizia che fa sembrare limmondizia napoletana un gioco da ragazzi.
Caravelli e Santi hanno cercato di descrivere tutto questo in un libro fotografico, Anima Nuda (Edizioni Lampi di Stampa, pagg. 140, euro 15) - che è il racconto della loro esperienza estiva in India, nella città più povera del mondo, dove entrambi sono già stati più volte. E il risultato è notevole visto che, man mano che la narrazione procede, si creano nel lettore un interesse e una curiosità crescenti che altrove, in libri dello stesso genere, si fatica a riscontrare. La produzione di volumi sulle condizioni di vita estreme a Calcutta, infatti, è copiosa e, purtroppo, comè facile immaginare, pullula di cadute nella banalità del pietismo fine a se stesso. Ma in Anima Nuda basta dare unocchiata agli scatti di Cesare Santi per comprendere che cè ben poco di scontato.
«Tutti avremmo bisogno di sperimentare il senso di essenzialità e dimpotenza che ti prende quando arrivi a Calcutta - spiega Santi -. Una volta sul posto si passa attraverso un caleidoscopio di sensazioni. Innanzitutto è fondamentale armarsi di una buona dose di forza psichica oltre che fisica. E comprendere subito che non ce la si fa a cambiare quello stato di cose, che bisogna accettare la propria impotenza di fronte a tutta quella sofferenza, a quella disperazione e che perciò siamo noi a dover cambiare. Se poi si può fare qualcosa per alleviare un po quel dolore, ben venga. In ogni caso, di qualunque cosa si tratti - dallimboccare un malato, a stare accanto a un bimbo morente, a fare la spesa per poi lasciarla davanti alle entrate delle bidonville senza mai conoscere chi ne beneficerà - poi si diventa unaltra persona. Qualcuno che si avvicina diversamente allo sforzo di aiutare gli altri. A Calcutta simpara che non cè lotta con la morte: simpara ad accettarla, non puoi scapparle, o a dirsi cambierà, domani sarà diverso. E, quindi, ci si specializza nellaiutare a morire. Magari offrendo delle carezze a un moribondo che arriva dentro un sacco di iuta e carico di feci. È così che vengono azzerati tutti i ruoli della società occidentale: la spocchia di chiunque si scioglie quando si capisce che il primo che arriva ed è disposto a medicare, medica».
«Lo schifo per la sporcizia, anche negli alberghi, è la prima sensazione che ti assale quando arrivi a Calcutta, - racconta Lorenza Caravelli - ma là riesci a superare forme di ripugnanza istintiva che qui ti sembrerebbero insormontabili. Eppure è proprio una volta tornata a Milano che mi rendo conto che le piaghe più subdole, la lebbra dellanima, sono qui. Quel che stupisce più di tutto è che si torna cambiati, pronti ad affrontare questa lebbra: dopo lesperienza della scorsa estate in India, a Milano sono riuscita a diventare gentile anche davanti alle provocazioni e persino a riconoscere sempre un dolore inascoltato dietro ogni cattiveria. E badate che non sono mai stata una santa: sono pluridivorziata e ho sempre odiato i santi, non sono mai stata devota.
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