Roma

La cena delle beffe indigesta per Marrazzo

La cena delle beffe indigesta per Marrazzo

Sempre più indigesta la cena da nababbi offerta dalla Regione Lazio al presidente Piero Marrazzo e a tre ospiti del governatore. Dopo le rivelazioni del Giornale, che ha pubblicato la determinazione dirigenziale che approvava la spesa di 1.293,60 euro, motivandola con l’organizzazione di una «cena di lavoro del Presidente Marrazzo per complessive quattro persone», sugli argomenti dibattuti a tavola la sera del 30 ottobre a Villa Piccolomini, e conseguentemente sull’identità dei commensali, si sono interrogati in molti. Il tema è rimbalzato sulla stampa, la Regione ha «corretto» il menu comunicando al Messaggero che quella sera nessuno ha mangiato gnocchetti al guanciale, e che a tavola non si era solo in quattro. Ieri anche il Corriere della Sera è tornato sull’argomento, mettendo la costosissima cena in relazione alla scelta del terzo scalo aeroportuale del Lazio. E rivelando l’identità di uno dei commensali di Marrazzo: il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi. Anche qui «fonti» della presidenza ritoccano il numero dei coperti, sostenendo che il tavolo era da sei, e che il catering ha sfamato anche i due autisti e le due guardie del corpo che completavano la delegazione. Smentita, invece, la presenza di Fioroni. La sera del 30 il ministro dell’Istruzione era a Milano per un dibattito.
Nessun chiarimento dal «padrone di casa» di quella serata. Ieri, mentre alla Pisana si discuteva proprio del terzo aeroporto laziale, il capogruppo della Dc Fabio Desideri ha chiesto al presidente Marrazzo conferma che il tema della «cena di lavoro» fosse la scelta del capoluogo della Tuscia come sede del futuro scalo. «Per tutta risposta - spiega Desideri in una nota - con dispregio dell’istituzione e dei rappresentanti dei cittadini, il presidente s’è alzato dallo scranno facendo dei gesti incomprensibili e se n’è andato». L’esponente centrista non ha preso bene la «fuga» del governatore. «Un presidente che amministra una regione e che spende 1.300 euro a tavola per una cena di lavoro tenendo ben celati i nomi dei commensali pecca di credibilità, per usare un eufemismo». «Avrebbe dovuto essere lui e non altri - conclude Desideri - a dire che uno dei presenti era il ministro dei Trasporti, perché a questo punto ogni sospetto può diventare legittimo, e siamo ancora più curiosi di conoscere le qualifiche dei rimanenti due ospiti».
A rinfocolare la polemica provvede anche l’Aduc. Il segretario dell’associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori, Primo Mastrantoni, ha spedito una lettera aperta al presidente della Regione. «Ci sono modelli di comportamento - scrive l’Aduc - che non sono cambiati dall’inizio del suo governo e ciò fa a pugni con lo slogan della sua campagna elettorale, “un altro modo di governare”.

E ci permetta di ritenere ridicolo rispondere alle critiche sul famigerato pranzo contestando il menu: non gnocchetti ma ravioli di bufala, non lombetto ma filetto».

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