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La cerchia segreta della "Femminanza" per non arrendersi al potere dei maschi

Antonella Mollicone svela una tradizione mai tramontata

La cerchia segreta della "Femminanza" per non arrendersi al potere dei maschi
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A Rocca d'Arce il tempo sembra fermo, ma solo chi non ascolta il silenzio può crederlo davvero. Nel romanzo La femminanza (Editrice Nord) di Antonella Mollicone, quel silenzio è una porta socchiusa: basta avvicinarsi per sentire le voci delle donne che hanno attraversato un secolo, con il passo lieve e ostinato di chi porta il mondo senza reclamarlo. È una storia che nasce dentro un palazzo elegante e un po' stanco, quello dei Maletazzi, e che poi scivola fuori, nelle viuzze dove la vita è un miscuglio di miseria e fierezza, di notti sospese e mattini che sanno di fumo e di lana filata.

Camilla è la prima a uscire dall'ombra. È giovane, ma la sua giovinezza sembra consumata da un dolore che nessuno vuole nominare. La casa in cui vive è un teatro di segreti ben custoditi, e lei ne è la spettatrice muta. Quando Peppina la levatrice la introduce alla Cerchia, questa comunità di donne che sta insieme per proteggersi dalla violenza segreta degli uomini, quel mondo ovattato si incrina. Nella Cerchia non esistono titoli, patrimoni, appartenenze. Esistono donne. Donne che si riconoscono in un gesto delle mani, in un sospiro trattenuto, in un sapere antico che passa come un filo sottile tra una generazione e l'altra."Se pigli l'abitudine di mostrare zeze e cortesie in ogni circostanza, a un certo punto fare la brava diventa una costrizione. Allora con la voce apprezzi pure le pietre, col cuore disprezzi il mondo intero. E, alla fine, fuori sembri un angelo, dentro ti sazi solo di maledizioni contro tutti quelli che ti calpestano. E arrivi a ritirarti da tutto, pure dalla carne tua. Per questo, qui facciamo uscire tutto quello che proviamo. Pure quello che ci fa vergogna per come è cattivo. Soprattutto quello".

È lì che Camilla trova un equilibrio, una cura. Scopre che la femminanza non è un ruolo, ma un respiro comune, un modo di stare al mondo senza chiedere permesso. La sua storia si allunga fino a toccare quella di sua figlia Viola, che cresce tra rovine e ricostruzioni, in un'Italia che cambia faccia troppo in fretta. Viola è una ragazza che vorrebbe tutto: lo studio, la libertà, l'amore. Ma l'amore, a volte, si presenta con mani che stringono invece di accarezzare. Lei vacilla. Cerca una strada che non la riduca a spettatrice della vita degli altri. E anche quando la Storia si abbatte sul Paese con la brutalità del fascismo, con l'eco dei bombardamenti di Montecassino, con l'orrore delle marocchinate, la Cerchia resta un luogo invisibile di resistenza, un cerchio di luce contro la furia del tempo.

Antonella Mollicone costruisce una saga familiare che ha la forza di un racconto che cresce dal basso, come l'erba che spacca l'asfalto. Non c'è retorica. C'è il ritmo dei gesti quotidiani, la sapienza dei riti, la fragilità che diventa orgoglio. La femminanza, qui, è un'eredità che non si tramanda con le parole ma con la pelle: nei decotti, nei racconti sussurrati, nelle piccole ribellioni che cambiano un destino. È un romanzo che somiglia a un coro.

Ogni voce ha una sua nota, ma tutte si intrecciano per dire la stessa cosa: che il vero amore, quello che non conosce paura, è quello che libera. E che nelle pieghe della storia, anche quando tutto sembra franare, c'è sempre una Cerchia pronta a ricucire ciò che la vita strappa.

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