Arte

Alla Triennale una carrellata "usa e getta" e monotona

Nell'indimenticabile saggio Horror pleni, Gillo Dorfles demonizzava la bulimìa degli stimoli visivi (e non solo visivi) della società odierna

Alla Triennale una carrellata "usa e getta" e monotona

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Nell'indimenticabile saggio Horror pleni, Gillo Dorfles demonizzava la bulimìa degli stimoli visivi (e non solo visivi) della società odierna, un'inarrestabile inquinamento immaginifico la cui prima vittima è quella «pausa» che, invece, dovrebbe accompagnare ogni fruizione estetica. La «mappatura» sulla pittura italiana, così come è declinata in questi giorni alla Triennale di Milano, è un esempio di come oggi l'arte non si sottragga alle leggi di quella civiltà dello spettacolo in cui il Nobel Vargas Llosa aveva già inglobato le mostre nella «cultura dell'intrattenimento». L'esposizione di 120 pittori italiani nati tra il 1960 e il Duemila, dunque di generazioni e poetiche profondamente diverse (molti dei quali completamente spariti dalla scena da anni) non sembra avere altro senso se non quello di produrre lo stesso rassicurante climax ingenerato dalla moltitudine di fiere dell'industria globale dell'arte; dove l'opera ha valore non perché trascende il tempo presente, ma è fabbricata per essere consumata all'istante e poi sparire, come i popcorn. Chi è appena reduce dalle fiere Frieze di Londra e Paris+ di Parigi, ha ricevuto a Milano lo stesso effetto edulcorante: una carrellata «modulare» zeppa di opere di grande formato, coloratissime e accessibili in termini di immaginario ed estetica; non a caso omologata da lavori prodotti solo negli ultimi due anni. L'effetto finale dei 120 in mostra è appunto omologante e, lungi dall'essere esaustivo sullo stato della pittura italiana, va a discapito di artisti che vantano una storia complessa come, per esempio, il milanese Stefano Arienti, indebitamente catalogato come «pittore» accanto al «neopop» Alessandro Bazan o alla paesaggista «richteriana» Valentina D'Amaro.

Cosa resterà di questi anni '80, cantava Raf? Poco, se si pensa che ancora adesso nell'horror pleni del mostrificio e del bombardamento di aste online, le opere di Fontana e Manzoni continuano ad essere leader milionarie dell'arte italiana.

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