Fine vita, la Consulta dice no all’intervento di terzi

La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso di una paziente toscana affetta da sclerosi multipla: "Accettabile solo l'autosomministrazione"

Fine vita, la Consulta dice no all’intervento di terzi
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È inammissibile l’intervento di un’altra persona nella somministrazione del farmaco in caso di suicidio assistito: questo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale sul fine vita. I giudici hanno respinto il ricorso di una donna toscana affetta da sclerosi multipla, che, pur avendo i requisiti per accedere al suicidio assistito, non può autosomministrarsi il farmaco perché paralizzata dal collo in giù.

La sentenza della Consulta dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 579 del codice penale sollevate dal Tribunale di Firenze riguardo il reato di omicidio del consenziente. Per la Corte "il giudice a quo non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di autosomministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l'uso degli arti", ossia una pompa infusionale attivabile con comando vocale o tramite la bocca o gli occhi.

Inoltre, la Consulta ha sottolineato che "l'ordinanza di rimessione si è espressa sul punto con esclusivo richiamo all'interlocuzione intercorsa con l'azienda sanitaria locale" essendosi il giudice a quo fermato a una "presa d'atto delle semplici ricerche di mercato di una struttura operativa del Servizio sanitario regionale", mentre avrebbe dovuto coinvolgere "organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l'Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale". Per i giudici dove questi "dispositivi potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati allo stato di sofferenza della paziente" la donna avrebbe diritto ad avvalersene.

La vicenda in questione, destinata a riaccendere il dibattito sul fine vita, riguarda la toscana Libera (nome di fantasia), che aveva ottenuto il via libera a ricorrere al suicidio medicalmente assistito secondo i

criteri stabiliti dalla sentenza 242/2019, ma si trovava nell’impossibilità fisica di somministrarsi il farmaco in modo autonoma. Da qui la richiesta al tribunale fiorentino di consentire l’intervento di un’altra persona.

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