
Il nuovo filone d'indagine della Procura di Pavia sta esaminando tutte le possibili soluzioni alternative a quella che vede Alberto Stasi unico condannato per l'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Con la riapertura si vuole stabilire se possano esistere altre verità, come da sempre dichiarano gli avvocati di Stasi e lo stesso Stasi, che si è sempre professato innocente. Una delle ricostruzioni alternative su cui indagano i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e la Procura di Pavia, come riferito dall'Ansa, prevede che l'aggressore di Chiara, a differenza di quanto finora stabilito, avrebbe potuto non lavarsi le mani in bagno e non avrebbe pulito poi dispenser e lavabo dalle tracce di sangue.
Si tratta di uno scenario pressoché opposto a quello riportato nella sentenza di condanna definitiva per Stasi con la sentenza d'appello bis su, confermata poi dalla Cassazione. A carico dell'ex fidanzato della vittima vengono indicate "due impronte" trovate "sul dispenser del sapone" che l'aggressore "sicuramente" utilizzò "per lavarsi le mani dopo il delitto". Per la Corte, la posizione delle due impronte "e la non commistione del Dna della vittima dimostrano che maneggiò il dispenser per lavarlo accuratamente, dopo essersi lavato le mani e aver ripulito il lavandino". Gli investigatori, che tentarono di riaprire le indagini già cinque anni fa, segnalarono però che potesse essere vero che il lavandino del bagno del piano terra era "privo di tracce ematiche", come segnalato dai Rai, ma che "è impossibile che il lavandino e il dispenser" siano stati "lavati accuratamente dall'aggressore".
Questa spiegazione viene argomentata con il repertamento di "numerose impronte papillari sovrapposte" su quel dispenser, oltre a quelle di Stasi, che sarebbero state "cancellate" in caso di lavaggio. Lì fu trovato anche il Dna di Chiara e di sua madre. Anche la presenza dei quattro capelli senza bulbo, che per questo motivo non vennero repertati, indicherebbe che il lavandino non sarebbe stato lavato dal sangue perché, altrimenti, sarebbero stati "portati via dall'acqua". Ed è in questo contesto che gli investigatori oggi inseriscono l'impronta "10" che si trova sulla porta d'ingresso dell'abitazione, nella parte interna, come ipoteticamente appartenente all'assassino prima di fuggire. Resta sempre in piedi l'ipotesi che siano state più di una persona a commettere il delitto. Una nuova consulenza dattiloscopica su quell'impronta ha escluso che si tratti di Sempio, di Stasi, degli amici di Marco Sempio o delle gemelle Cappa.
Una consulenza della difesa Stasi del 2020, firmata da Oscar Ghizzoni indicava che, oltre alle due impronte di Stasi, sul dispenser ci sarebbe stato anche un "frammento papillare" denso "di informazione dattiloscopica". Più in generale, le due impronte di Stasi erano "parzialmente sovrapposte ad altre impronte" e c'erano almeno altri sette "contatti papillari".