
I punti chiave
"A Bossetti non è stata data la possibilità di difendersi". Lo dice a gran voce l’avvocato Claudio Salvagni, uno dei legali di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Il riferimento è alle tracce del DNA di "Ignoto Uno", che la difesa del 54enne non ha mai potuto analizzare. "Credo che questo sia molto grave. In un Paese civile non può essere negata a un uomo, che da sempre si professa innocente, la possibilità di analizzare quei reperti", spiega Salvagni a Il Giornale.
L’intervista a Belve
In queste ore sta facendo molto discutere l’intervista rilasciata da Massimo Bossetti a Belve Crime, il programma di Rai Due condotto dalla giornalista Francesca Fagnani. "Le analisi sono state fatte più volte ed è sempre emerso il suo DNA sugli slip e sui leggins di Yara", ha dichiarato l’intervistatrice rivolgendosi all’ospite. E ancora, dopo un serrato confronto con il 54enne, Fagnani ha chiesto: "Però, scusi, poi c’è una domanda banalissima da fare: come ci è finito sugli slip di Yara?”. "È quello che vorrei capire anche io. È assurdo", è stata la replica di Bossetti. "Ha ribadito mille volte che quel DNA non è il suo - spiega Salvagni - Sono anni che ripetiamo sempre le stesse cose. La domanda di Fagnani è la stessa che fece undici anni fa la pm Ruggeri a Bossetti. E la risposta è identica. Quel DNA lui lo rigetta come suo perché non ha mai conosciuto, né visto né toccato Yara, tantomeno l’ha uccisa". E ancora: "La risposta ha suscitato reazioni? Solo dietrologia. Bisogna tenere conto di chi stiamo parlando, Bossetti non è un avvocato, ma un detenuto che da undici anni chiede di ripetere l’esame del Dna. Non è che serva un esercizio mentale particolare per capire che si è espresso in modo semplice, come un uomo comune, diversamente da come avrebbe potuto fare un avvocato".
Le 54 provette di Dna
Ai margini dell’inchiesta che ha portato alla condanna dell'ex muratore, c’è la controversa questione relativa alle 54 provette di DNA, acquisite nel 2013 per cercare di ricostruire il genoma completo di "Ignoto Uno", che i difensori di Bossetti non hanno mai potuto analizzare. "La cosa più terribile di questo processo è che non abbiamo mai potuto esaminare il DNA di ‘Ignoto Uno'. Perché nessuno si prende la briga di sottolineare questa cosa, che è di una gravità assoluta. - continua Salvagni - A Bossetti è stata negata la possibilità di esaminare quei campioni". E aggiunge: "I reperti sono stati distrutti. Abbiamo potuto vedere fisicamente le provette, che all’interno contenevano una goccia di liquido, ma non le abbiamo potute esaminare. Se quel DNA appartiene a Ignoto Uno, l’unico modo per dimostrare che non si tratta di Massimo Bossetti è fare l’esame dei campioni".
L'ipotesi della revisione
La condanna a carico di Bossetti è diventata definitiva nel 2018.
Tuttavia i suoi legali non intendono darsi per vinti, auspicando una revisione del processo. "Stiamo lavorando e continueremo a farlo. - conclude Salvagni - Non appena avremo in mano degli elementi validi, presenteremo un’istanza di revisione".