Garlasco, nuova udienza a Pavia: ecco perché potrebbe esserci una svolta

Era stato chiesto di ammettere all'incidente probatorio l'impronta 33 ma il pm non ha acconsentito: il reperto non c'è più

Screen "Chi l'ha visto?"
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È stato conferito l'incarico al dattiloscopista Domenico Marchigiani per l'estensione degli accertamenti dell'incidente probatorio "mediante tecniche di laboratorio idonee alla esaltazione di eventuali impronte latenti su 'etichetta in carta arancione Estathé, 'sacchetto spazzatura', 'sacchetto biscotti' e 'sacchetto cereali'". Così si legge nel provvedimento del gip firmato lo scorso 17 luglio sul delitto di Garlasco, che riguarda i reperti già analizzati dalla genetista Denise Albani e sui quali è stato trovato (prevedibilmente) solo il Dna di Alberto Stasi e di Chiara Poggi. Se dovessero essere trovate impronte diverse rispetto a quelle della vittima e del suo fidanzato, condannato a 16 per omicidio, potrebbe essere una svolta.

"Il Codice prevede che la Procura debba fare delle indagini anche nell'interesse dell'indagato. La Procura di Pavia le ha estese anche nell'interesse del condannato ma non accoglie le richieste della persona offesa", ha dichiarato l'avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, uscendo dal tribunale di Pavia al termine dell'udienza. Il riferimento è al diniego della procura di ammettere all'incidente probatorio l'impronta 33, che è stata attribuita ad Andrea Sempio, indagato. La richiesta era stata avanzata sia dalla parte offesa. L'impronta non esiste più, tutto il materiale è stato consumato e del grattato, come ha spiegato la procura, non è stata trovata traccia nell'acquisizione dei reperti dello scorso giugno. La difesa dell'indagato ha depositato una consulenza secondo la quale quell'impronta sul muro di casa Poggi "non è di Andrea Sempio" e "non contiene sangue". Così ha dichiarato l'avvocato Angela Taccia, che lo difende, secondo la quale non ci sono le "minuzie" sufficienti per attribuirla al suo assistito che "ha la serenità dell'innocenza". Di diverso avviso sono i difensori di Alberto Stasi, che consegneranno la propria perizia a breve, secondo i quali l'impronta 33, invece, conteneva del sangue.

"Per una volta noi e la procura eravamo d'accordo. Noi non chiediamo, non abbiamo mai chiesto e non abbiamo intenzione di chiedere l'incidente probatorio sull'impronta 33. È un'attività ripetibile, che comunque non richiederebbe neanche più di 60 giorni come accertamento in un eventuale futuro dibattimento. Non vedo perché anticipare tutto, perché altrimenti non si tratta più di incidente probatorio ma di dibattimento", ha aggiunto l'avvocato Taccia. "Di solito le foto si possono vedere tante volte. Noi non abbiamo mai chiesto incidente probatorio su impronta 33.

È stato chiesto da altri", ha sottolineato l'avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi. "È una fotografia, poi ci sarà un giudice che decide. Se vi sarà una richiesta di estenderlo a questa fotografia, il giudice deciderà", ha concluso il legale.

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