Processo a Ciro Grillo, la sentenza slitta a settembre

I fatti contestati risalgono alla notte tra il 16 e il 17 luglio del 2019, quando si sarebbe consumata la presunta violenza denunciata dalla studentessa, all'epoca dei fatti 19enne, nella villetta di Porto Cervo della famiglia Grillo

Processo a Ciro Grillo, la sentenza slitta a settembre
00:00 00:00

Arriverà a settembre la sentenza di primo grado del processo per violenza sessuale di gruppo a carico di Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, e dei suoi tre amici genovesi, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Lo ha deciso il collegio giudicante del tribunale di Tempio Pausania, presieduto da Marco Contu (a latere Marcella Pinna e Alessandro Cossu), al termine della seduta di oggi. I fatti risalgono alla notte tra il 16 e il 17 luglio del 2019, quando si sarebbe consumata la presunta violenza sessuale nei confronti di una studentessa italo-norvegese, Silvia (nome di fantasia), all'epoca 19enne, nella villetta della famiglia Grillo a Cala di Volpe, in Sardegna. Il procuratore Gregorio Capasso ha chiesto una condanna a 9 anni per tutti e quattro gli imputati con il riconoscimento delle attenuanti generiche e le pene accessorie.

Quando ci saranno le prossime udienze

Sabato pomeriggio era trapelata l'indiscrezione circa l'eventuale pronuncia del verdetto già nella giornata di lunedì 14 luglio. Il calendario è cambiato al termine della seduta odierna, l'ultima prima della pausa estiva, che si è conclusa con la fissazione delle nuove udienze per lunedì 1 e martedì 2 settembre, con riserva anche il giorno successivo. In quelle date ci saranno le repliche del procuratore Gregorio Capasso, dei legali delle parti civili e per ultimo del pool di avvocati delle difese. Dopodiché i giudici si riuniranno in camera di consiglio e poi sarà pronunciata la sentenza.

L'avvocato di Capitta: "Lo chiamano stupratore"

Sempre nella giornata di oggi c'è stata l'arringa dell'avvocato Mariano Mameli, che difende Edoardo Capitta. "Questo processo ha avuto una dimensione mediatica così critica da mettere a rischio persino le persone che ne sono coinvolte. Edoardo Capitta, che allena in maniera amatoriale una squadra di una parrocchia di Genova, più volte dagli spalti è stato chiamato stupratore", ha detto il legale. Mameli ha anche evidenziato la mancata esperibilità dell'incidente probatorio nel corso del dibattimento: "Perché la ragazza che era l'unico teste diretto di quanto accaduto quella sera non è stata sentita per prima?". Poi ha sottolineato che "nessuno ha estorto strumentalmente il consenso di nessuno" riferendosi alla presunta violenza sessuale. E infine il legale ha concluso: "Noi siamo convinti che nessuno dei ragazzi usò mezzi violenti o coartò la volontà di nessuno".

Il nodo del consenso

L'intero processo ruota attorno al nodo del consenso. I difensori dei quattro imputati ritengono che non ci sia stata alcuna coercizione da parte dei rispettivi assistiti nei confronti della principale accusatrice, l'allora 19enne. Mentre per l'accusa i ragazzi avrebbero approfittato della studentessa, che versava in stato di alterazione psicofisica in seguito al consumo di alcune bevande alcoliche. La giovane è assistita dagli avvocati Giulia Bongiorno e Dario Romano.

Bongiorno, in aula, ha detto che "in questo processo emerge una concezione della donna il cui consenso vale zero". Decisiva anche la testimonianza di Roberta, l'amica della studentessa, anche lei parte offesa nel processo, che fu fotografata a sua insaputa mentre dormiva sul divano della villetta.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica