Minacce e richieste di denaro a imprenditori: chiesto l'arresto della figlia e del genero di Riina

Secondo la procura di Firenze, Ciavarello, genero di "u curtu", avrebbe proseguito le sue attività illecite anche dal carcere. Negli anni la coppia ha avviato diverse iniziative imprenditoriali come la vendita, poi oscurata, delle cialde di caffè "Zù Totò"

Maria Concetta Riina
Maria Concetta Riina
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La figlia del boss di Cosa Nostra Totò Riina, Maria Concetta Riina, e suo marito Antonino Ciavarello vanno arrestati. La Procura di Firenze ha chiesto per entrambi la custodia cautelare in carcere, dopo averli indagati in concorso per estorsione e tentata estorsione aggravate dal metodo mafioso ai danni di due imprenditori toscani. Una prima richiesta era stata rigettata dal gip, ma la Procura aveva presentato appello e ha incassato, due giorni fa, il via libera del Tribunale del Riesame, che ha riconosciuto gravi indizi di colpevolezza, l’aggravante mafiosa e la fondatezza del pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato. Tutti elementi che, secondo i giudici, giustificano il carcere.
Il provvedimento, tuttavia, non è ancora esecutivo: la misura rimane sospesa in attesa di una eventuale pronuncia della Cassazione.

L’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze e condotta dal Ros dei Carabinieri, risale all’agosto del 2024, quando – secondo quanto riportato in una nota della Procura – la figlia e il genero di ’u curtu iniziarono a inviare alle persone offese le prime richieste estorsive. La coppia, si legge, avrebbe “reiteratamente inviato pressanti, ossessive, minacciose richieste di denaro ai due imprenditori”. Un pressing che avrebbe sortito effetto: uno dei due imprenditori ha ceduto e consegnato del denaro a Maria Concetta Riina.

Particolare inquietante: nel periodo delle minacce, Antonino Ciavarello era già detenuto per reati economici. Condannato per frode e truffa a 2 anni e 8 mesi, era stato arrestato a Malta l’8 febbraio 2024, il giorno dopo il suo cinquantesimo compleanno, dove viveva e lavorava come autista. Ad agosto, dunque, Ciavarello era dietro le sbarre. Ma nonostante questo – rileva la Procura – “riusciva a inviare con un telefonino messaggi alla moglie e a una delle persone offese”. Ciavarello e Maria Concetta Riina avevano vissuto in Puglia prima di trasferirsi a Malta, lanciandosi in una serie di iniziative imprenditoriali, tra cui la vendita di cialde di caffè con il marchio “Zù Totò”, poi oscurata dalle forze dell’ordine.

Dopo l’arresto sull’isola e l'estradizione in Italia, Ciavarello era stato rinchiuso nel Lazio, prima a Civitavecchia, poi a Rieti, città quest'ultima dove, a marzo scorso, "Tony" ha avviato uno sciopero della fame, lamentando le condizioni detentive e i ritardi nella carta d’identità.

Supportato anche dagli appelli della moglie che, nel frattempo, si era trasferita a Roma e lavorava in un supermercato per stargli vicino. Ma secondo gli investigatori, i due – anche se uno in carcere e l’altra formalmente libera – avrebbero comunque portato avanti per mesi le attività estorsive contro gli imprenditori toscani.

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