
È stata una giornata cruciale per la Francia. Il premier centrista Francois Bayrou è statao sfiduciato. A meno di nove mesi dalla caduta del governo di Michel Barnier, rimasto in funzione 99 giorni, il suo successore ha dovuto fare i conti con il rovesciamento del suo esecutivo. Alla legge di bilancio proposta per il 2026 dallo stesso Bayrou – una proposta che include 44 miliardi di euro di tagli alla spesa e aumenti di tasse e l'eliminazione di due giorni festivi, per arginare il crescente debito pubblico del Paese - hanno votato contro la sinistra e l'estrema destra. A Parigi sono già iniziati a circolare i nomi che potrebbero prendere dell'ex primo ministro.
I possibili successori di Bayrou
Tra i nomi più caldi per il post Bayrou troviamo Catherine Vautrin, ministra del Lavoro, della Salute, della Solidarietà e delle Famiglie, Sebastien Lecornu, ministro delle Forze Armate, e pure Gerald Darmanin, ministro della Giustizia. In lizza anche figure di destra, a partire da Xavier Bertrand, presidente dei Repubblicani del Consiglio Regionale dell'Alta Francia. Un'altra opzione presa in considerazione dall'Eliseo, ha scritto France Info, coincide con quella di Yael Braun-Pivet, presidente dell'Assemblea Nazionale.
Dopo un primo ministro di destra (Barnier) e un altro di centro (Bayrou), c'è chi ipotizza che Emmanuel Macron possa nominare un primo ministro di sinistra. La sfida, in ogni caso, resta quella di trovare un candidato che sia compatibile con i Repubblicani di destra, ma che al tempo stesso non spaventi i socialisti. Per Bruno Cautrès, politologo del Cevipof, nessun blocco ha attualmente la legittimità delle urne per avviare riforme importanti, come voleva fare François Bayrou.
"Forse la soluzione sarebbe dire lasciamo calmare le acque e rimandiamo il grande dibattito sulle nostre finanze pubbliche al 2027, cercando intanto di trovare una figura che simboleggi una forma di pacificazione agli occhi dei mercati finanziari e del Paese", ha affermato l'accademico citando i nomi della presidente dell'Assemblea nazionale Yael Braun-Pivet e del ministro dell'Economia Eric Lombard.
La sfida di Macron
Macron ha tre opzioni. La prima: scegliere un primo ministro proveniente dal blocco centrista o della base comune, nella convinzione che questo sia lo spazio più probabile per trovare una maggioranza, anche se relativa. Rientrano in una simile ipotesi i citati Vautrin, Lecornu, Darmanin, e Bertrand, ma il sindaco di Troyes Francois Baroin, l'ex commissario europeo Thierry Breton, Christine Lagarde, a capo della Banca centrale europea, e lo storico macronista Roland Lescure, associato al ramo socialdemocratico di Renaissance.
La seconda opzione chiama in causa la scelta di una figura di centro sinistra come l'ex primo ministro Bernard Cazeneuve o l'ex ministro dell'Economia sotto Francois Hollande, Pierre Moscovici. Terza chance: individuare una personalità che non provenga dall'establishment politico ma dalla società civile.
Il totonomi qui include, tra gli altri, Laurent Berger, l'ex segretario generale della CFDT, Pascal Demurger, CEO di MAIF, Jean-Dominique Senard, presidente del gruppo Michelin dal 2012 al 2019, poi di Renault da gennaio 2019, ed Emmanuel Faber, ex CEO di Danone. Qualunque essa sia la scelta di Macron sarà delicatissima per gli equilibri, presenti e futuri, della Francia.