"Pence deve testimoniare". Ora Trump rischia per l'assalto a Capitol Hill

L'ex vicepresidente obbligato a comparire davanti al Gran giurì che dovrà decidere se incriminare o meno Trump per l'assalto a Capitol Hill. In caso di appello si approderebbe alla Corte Suprema

"Pence deve testimoniare". Ora Trump rischia per l'assalto a Capitol Hill

Svolta nelle indagini sui fatti di Capitol Hill. L'ex vicepresidente Usa Mike Pence dovrà testimoniare davanti al Gran giurì sui colloqui avuti con l'allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump nei giorni precedenti all'assalto al Campidoglio. Lo ha deliberato James Boasberg, giudice di una corte federale di Washington Dc.

Secondo quanto riferito dalla Cnn, l'ex numero due di Trump, pur trovandosi costretto a comparire davanti al Grand Jury, potrebbe comunque avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande dei giurati. La giuria è chiamata a valutare le azioni e il ruolo avuto dall'ex capo della Casa Bianca negli scontri avvenuti il 6 gennaio 2021, prima che il Congresso certificasse l'elezione di Joe Biden. Non è detta però l'ultima parola, perché Mike Pence potrebbe ricorrere in appello contro questa decisione. In America l'ultimo grado di giudizio è rappresentato dalla Corte Suprema, composta da 9 giudici associati (3 nominati da Trump durante il suo mandato).

Le indagini su Capitol Hill e il rischio incriminazione per Trump

Jack Smith, il procuratore speciale nominato dal dipartimento della Giustizia per indagare sul tentativo dell'ex presidente di ribaltare i risultati delle ultime presidenziali, aveva già richiesto un obbligo di comparizione (subpoena) per Pence il mese scorso. Quest'ultimo si era opposto alla richiesta del legale designato dall'amministrazione Biden, definendola "incostituzionale" e "senza precedenti". Pence si è sempre difeso sostenendo che la sua presenza il 6 gennaio non fosse in qualità di vicepresidente, ma da presidente del Senato, per coordinare i lavori della sessione congiunta del Congresso. Ora però la giustizia federale si è espressa dando ragione a Smith, che secondo gli esperti di giurisprudenza americana si starebbe avvicinando sempre di più a un'incriminazione di Trump.

La fedina penale di Donald Trump potrebbe presto macchiarsi con l'arresto per il pagamento illecito alla pornostar Stormy Daniels, ma sono ben 5 i casi in cui è implicato: oltre a quello di New York e di Washington sull'assalto a Capitol Hill, il leader repubblicano è indagato in Georgia per cospirazione ed estorsione; sempre nella capitale, dopo il blitz dell'Fbi dell'estate scorsa, si sta investigando il furto di documenti di proprietà del governo; e infine i tribunali della Grande mela dovranno accertare le accuse della giornalista E. Jean Carroll, che ha denunciato Trump di stupro e diffamazione.

Il rapporto tra Trump e Pence dopo il 6 gennaio 2021

Sui numerosi guai giudiziari del magnate è intervenuto proprio il suo vecchio alleato Mike Pence, considerato uno dei probabili candidati in lizza per la nomination del suo partito alle primarie presidenziali del 2024. Negli ultimi due anni l'ex vicepresidente, scelto nel 2016 per consolidare i consensi del Gop in Indiana (il suo Stato) e nel Midwest, ha commentato in varie occasioni il comportamento di Trump dopo le elezioni del 2020. Evitando di rinnegare i quattro anni trascorsi insieme alla guida del Paese, Pence ha più volte preso le distanze, partecipando all'inaugurazione dei suoi successori e arrivando addirittura ad attaccare pubblicamente il comportamento del tycoon.

"La storia lo riterrà responsabile", ha detto Pence a una cena con i giornalisti qualche settimana fa. "Il Presidente Trump ha sbagliato.

Non avevo il diritto di rovesciare le elezioni e le sue parole sconsiderate hanno messo in pericolo la mia famiglia e tutti i presenti in Campidoglio quel giorno", ha concluso.

Durante le proteste del 6 gennaio 2021, i manifestanti pro-Trump montarono un patibolo fuori dal parlamento, al grido di "Impicchiamo Mike Pence!".

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