
"Venite! Mia suocera vuole ammazzare suo figlio". È quanto avrebbe riferito Mailyn Castro Monsalvo, la compagna di Alessandro Venier, all'operatore del 112 nella telefonata del primo agosto in cui chiedeva ai carabinieri di intervenire nell'abitazione di via dei Lotti a Gemona (Udine), teatro dell'efferato omicidio. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, una volta arrivati sul luogo del delitto, i militari dell'Arma sarebbero stati invitati ad andare via. Lorena Venier, la madre della vittima, avrebbe detto loro che "non era successo nulla" - scrive il giornale di via Solferino - e aveva provato ad impedire alla nuora di parlare. Poco dopo, forse su indicazione della 30enne di origini colombiane, è stato trovato il cadavere dell'uomo in un bidone ricoperto da calce viva.
I dubbi sul ruolo della compagna di Venier
Il dettaglio della telefonata potrebbe riscrivere la narrazione di questa macabra vicenda. A partire dal ruolo e dalle presunte responsabilità di Mailyn Castro Monsalvo, accusata dalla procura di Udine di aver agito assieme alla suocera e di aver istigato quest'ultima a commettere il truce omicidio. Al vaglio degli inquirenti ci sono una serie di elementi che, se avvalorati delle indagini, potrebbero stravolgere il complesso e articolato quadro investigativo. Il legale della compagna di Venier, l'avvocato Federica Tosel, ha parlato di alcuni "lividi recenti" che l'assistita "presenta sulla braccia". "Quando le ho chiesto come se le fosse procurati, lei ha replicato che glieli aveva fatti sua suocera", ha puntualizzato Tosel.
La versione di Lorena Venier
Al momento la ricostruzione dell'intera vicenda ruota attorno alla confessione di Lorena Venier, la quale ha più volte ribadito di aver ucciso il figlio perché la nuora "era in pericolo" e, una volta all'estero, lui "l'avrebbe finita". Durante l'interrogatorio di convalida del fermo, la 61enne ha riferito al pm che Alessandro si sarebbe trasferito all'estero l'indomani dell'omicidio, avvenuto la notte del 25 luglio, assieme alla compagna e alla figlioletta di pochi mesi, prima che una condanna per lesioni gravi diventasse definitiva. Il 35enne, infatti, era stato condannato per un'aggressione ad un ex collega di lavoro, un episodio che gli era costato il licenziamento. Inoltre, come è emerso dalle indagini, era coinvolto in un altro processo per detenzioni di armi.
Cosa ha raccontato la madre della vittima
Ad oggi le fasi dell'omicidio e le successive operazioni di occultamento di cadavere restano cristallizzate nella versione "molto dettagliata" fornita da Lorena Venier. "Prima lo abbiamo narcotizzato con un farmaco sciolto in una limonata ma era ancora vivo. - ha raccontato la 61enne agli inquirenti - Allora gli ho fatto due iniezioni di insulina per essere certa che non si sarebbe svegliato e che dunque non avrebbe reagito.
Quando siamo state sicure che era in un sonno profondo abbiamo provato a soffocarlo, ma non ci siamo riuscite a mani nude. E a quel punto Mailyn ha preso i lacci delle scarpe, finendolo". Quanto alla calce utilizzata per nascondere i resti, la donna ha detto di averla acquistata su internet.