Assolvere Salvini è reato

I pm di Palermo ricorrono in Cassazione contro i colleghi che avevano scagionato il ministro per il caso Open Arms. La giustizia ne esce a pezzi

Assolvere Salvini è reato
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I pm della procura di Palermo - che avevano chiesto la condanna per sequestro di persona di Matteo Salvini che da ministro dell'Interno nel 2019 aveva impedito lo sbarco di centocinquanta clandestini raccolti in mare dalla nave Ong Open Arms - non accettano la sconfitta (nel dicembre scorso Salvini fu assolto con formula piena) e rilanciano. Lo fanno non con un normale ricorso in Appello bensì - cosa assai rara - direttamente alla Corte di Cassazione, perché a loro dire i colleghi giudici non avrebbero rispettato il diritto. Dal dramma siamo passati alla farsa: dei magistrati che danno degli incapaci, o dei venduti fate voi, ad altri magistrati. Coprendo così di ridicolo loro stessi e la giustizia. Insomma: assolvere Salvini andrebbe contro le leggi e la Costituzione, addirittura contro il diritto. "Surreale accanimento", dice Giorgia Meloni, "Non è roba da Paese civile", le fa eco il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ma a parte i giudizi di merito, la questione pone un altro tema di grande attualità, direi il tema che sta alla base della riforma della giustizia. Perché in un Paese normale i casi sono due: se la Cassazione - io non credo ma a questo punto tutto è possibile - darà ragione ai pm ricorrenti, decreterà che a Palermo ci sono dei giudici che non conoscono l'abc del diritto e quindi, in punta di logica e sicurezza nazionale, quei signori andrebbero immediatamente cacciati dall'ordinamento e condannati a rifondere i danni provocati; se viceversa - come credo e auspico - respingerà il ricorso, certificherà che alla procura di Palermo sono in servizio dei pm che oltre a non conoscere il diritto (cosa in realtà già accertata dalla sentenza di assoluzione) hanno pure gettato discredito sulle istituzioni e sull'ordinamento giudiziario e di conseguenza andrebbero cacciati con disonore. Morale: comunque vada, già oggi sappiamo con certezza che il sistema giustizia di Palermo, in un modo o nell'altro, è infettato dal virus dell'incompetenza o della partigianeria politica, più probabilmente da entrambi.

Un "sistema marcio", verrebbe da dire mutuando le parole contenute negli atti dell'inchiesta in corso sul sistema Milano (che marcio non è). E già oggi sappiamo un'altra cosa: che ai perdenti di questo surreale scontro purtroppo nulla accadrà. Però così davvero non vale, ben venga una riforma che metta argine all'impunità.

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