Coronavirus

Chi scarica le colpe sulla popolazione

Accantonata, forse per il momento, l'insana idea di mandarci polizia e spioni in casa a controllare come ci distanziamo tra le mura domestiche

Chi scarica le colpe sulla popolazione

Accantonata, forse per il momento, l'insana idea di mandarci polizia e spioni in casa a controllare come ci distanziamo tra le mura domestiche, per cercare di arginare la seconda ondata del virus ci si ributta sulle scuole. Per le Regioni l'idea, sapremo in queste ore se diventerà realtà oppure no, è quella di chiudere in tutto o in parte gli istituti superiori e ripristinare le lezioni a distanza come al tempo del lockdown generale. I ragazzi, evidentemente, sono ritenuti focolai di contagi per via della loro naturale propensione alla promiscuità e allo scarso rispetto delle regole.

In realtà le cose non stanno esattamente così: chiudere le scuole è un atto di resa, l'ammissione di non essere stati capaci di fare, in tanti mesi di annunci e proclami, una riapertura in sicurezza. Perché certo, i ragazzi saranno anche vivaci (e questo sarebbe dovuto essere noto da sempre), ma in definitiva sono stati abbandonati a loro stessi. Hai voglia infatti a pregarli di stare distanziati se al mattino li costringi ad andare a scuola pigiati come sardine su bus e metrò perché l'annunciato potenziamento del trasporto pubblico non è mai partito; puoi anche sgolarti in raccomandazioni quando poi la maggior parte delle aule a un mese dalla riapertura non è ancora stata dotata di attrezzature idonee (i famosi banchi monoposto e quant'altro); si possono invocare ed evocare tutti i controlli possibili, ma se migliaia di cattedre sono tuttora scoperte e il personale ausiliario è insufficiente non si può certo andare lontano nella prevenzione rigorosa.

No, i cattivi di questa storia non sono gli studenti, è il procedere, tanto per cambiare, alla carlona. Adesso il governo dirà che le scuole e i trasporti sono di competenza delle Regioni, le Regioni faranno sapere che è il governo che non le ha messe nelle condizioni economiche ed operative di fare fronte al problema nei modi concordati. Insomma, assisteremo al solito scaricabarile. Che poi, che senso ha? È scontato che i ragazzi continueranno, giustamente, a frequentarsi come e forse più di prima fuori dagli orari di lezione. Già, ma a quel punto ministri e governatori se ne laveranno le mani e potranno dire: colpa loro, non nostra.

Perché in questo Paese la colpa, chissà perché, è sempre di qualcun altro.

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