Scena del crimine

Da Dahmer al Dandi: quei criminali troppo affascinanti sullo schermo

Jeffrey Dahmer, Charles Manson, Enrico De Pedis: sono alcuni tra i criminali al centro di serie tv che raccontano storie sanguinarie. E finiti nella bufera per una presunta mitizzazione

Da Dahmer al Dandi: quei criminali troppo affascinanti sullo schermo
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È una polemica che si ripete ciclicamente. Quando un film o una serie tv ritraggono un criminale realmente esistito molti timori, talvolta pregiudiziali, riguardano la possibilità che un killer o un malavitoso venga ritratto come eroe. Certo, il fatto che questi personaggi spaventosi vengano interpretati da attori quasi sempre bellissimi e bravissimi non aiuta a contrastare il pregiudizio. E stavolta tocca a "Dahmer".

È un po’ l'"eredità" di Tony Montana, il narcotrafficante immaginario ritratto da Al Pacino in Scarface, del quale in molti riprendono le citazioni sui social network ancora oggi. Ma cosa accade quando il personaggio ritratto dai media è tutt’altro che immaginario e ha commesso crimini contro la persona?

Quentin Tarantino, al netto del suo "what if", ha compiuto un’opera abbastanza realistica, ritraendo Charles Manson in “C’era una volta a Hollywood” come un criminale da quattro soldi, sempre strafatto e frustrato, mentre forse il vero ideologo della Manson Family potrebbe essere stato Tex Watson, come ritengono alcuni studiosi. Manson è stato “ridotto”, rimpicciolito, raccontato caricaturalmente. Ma Tarantino è stato ugualmente bersagliato dalle polemiche.

La stessa cosa è accaduta con Jeffrey Dahmer nella miniserie “Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer”, che è stata sommersa dalle critiche, pur avendo ricevuto tantissimo successo immediato. La polemica ha riguardato la possibilità che il serial killer fosse ritratto con le proprie fragilità, che diventasse una sorta di macabro mito, un antieroe distorto: chiaramente per le famiglie delle vittime questo rappresenta un grande dolore, una ferita che si riapre. Ma è a questo che servono anche le opere true crime: a non dimenticare gli orrori che alcuni hanno commesso nella realtà.

Ma chi sono stati davvero i criminali trasfigurati da film e serie tv? Sono stati “mostri”, come si usa dire, uomini e donne pericolosissimi e a volte dal lungo curriculum omicidiario. Quindi tutt’altro che antieroi, sono i villain della cronaca, e un giorno saranno i villain della Storia. Con buona pace di chi negli anni ’90 aveva comprato l'album per la raccolta delle figurine sui serial killer.

Jeffrey Dahmer

Dahmer è conosciuto anche come il mostro di Milwaukee. Adescava maschi di età compresa tra i 14 e i 31 anni, per lo più asiatici e afroamericani, li portava a casa sua dove li narcotizzava, li seviziava, li uccideva e in parte se ne nutriva. Tra le sue sevizie si annoverano esperimenti degni del dottor Frankenstein: nella sua lucida follia, Dahmer credeva di poter creare degli zombie. Fu arrestato nel 1991, dopo aver ucciso probabilmente 17 giovani, ma i resti di due di essi non furono mai ritrovati. Morì in carcere 3 anni dopo, a seguito dell’aggressione da parte di un altro detenuto.

Ed Gein

A Ed Gein si sono ispirati scrittori e sceneggiatori: pare che abbia ispirato infatti Norman Bates per “Psyco”, Annibal Lecter per “Il silenzio degli innocenti” e Leather Face per “Non aprite quella porta”, tra gli altri.

Gein era detto il macellaio di Plainfield. Si ritiene abbia ucciso 3 donne, anche se solo 2 sono le vittime accertate. In casa sua furono ritrovati però moltissimi resti umani: Gein aveva l’abitudine di disseppellire i cadaveri e asportare alcune parti del loro corpo, dando vita a inquietanti pezzi di mobilio con essi. Arrestato nel 1957, morì in carcere nel 1984 a causa delle complicazioni del cancro.

Charles Manson

Charles Manson

Di Manson si ha una visione comune abbastanza distorta, legata a luoghi comuni e ai media. Meno sanguinario di quanto si creda, quasi per nulla legato al satanismo, si creò una cerchia filo-hyppie, la Manson Family, colpevole del massacro di Cielo Drive e dell’assassinio dei coniugi LaBianca”. “Gli omicidi di Manson sono più collegati a partite di droga non pagate che a fenomeni di tipo rituale”, ha spiegato in un’intervista a IlGiornale.it Massimo Introvigne, sociologo specializzato in movimenti religiosi.

Manson è al centro di varie serie tv e film, tra cui “Aquarius” e “Charlie Says”. In quest’ultima opera è interpretato da Matt Smith, che in un celeberrimo telefilm ha interpretato un giovane e affascinante Principe Filippo di Edimburgo: quando si dice che un attore è davvero versatile.

Manson è morto nel 2017 in carcere, dove ha trascorso la vita a partire dal 1969, ovvero l’anno dei massacri Tate-LaBianca. L’assassinio di Sharon Tate, a opera della Manson Family, ebbe particolare eco non solo all’epoca e non solo per la notorietà dell’attrice, moglie tra l’altro del regista Roman Polanski: l’omicidio venne ritenuto particolarmente efferato perché la donna era incinta di otto mesi. Morì quindi anche il suo bimbo, il piccolo Patrick, mai nato che ora riposa in pace con la sua mamma nella tomba.

Richard Ramirez

Detto The Night Stalker, Richard Ramirez penetrava dalla finestra nelle case delle persone torturando, seviziando, violentando e uccidendo 14 tra uomini e donne. Arrestato nel 1984, il serial killer morì per insufficienza epatica in carcere nel 2013.

La sua figura è presente in diversi media, tra cui American Horror Story: 1984 - dello stesso creatore di Dahmer, Ryan Murphy - ma come accade spesso nella realtà criminale, diventò un sex symbol per molte donne anche quando serie tv e film su di lui non erano stati ancora girati. In tante gli scrivevano lettere d’amore in carcere, un fenomeno purtroppo molto noto e in voga ancora oggi, tanto che il serial killer si sposò dietro le sbarre.

Ted Bundy

Conversation with a killer - Ted Bundy

Si crede che Ted Bundy abbia ucciso oltre 36 donne, anche se le sue vittime accertate negli anni ’70 sono “solo” 30. Parla di lui, tra gli altri, il film “Ted Bundy - Fascino criminale”, che in effetti puntava l’accento su quanto il serial killer fosse di bell’aspetto e fu oggetto, alla sua uscita, di critiche sulla potenziale mitizzazione del criminale.

Dal punto di vista criminologico era al tempo stesso un serial killer organizzato e disorganizzato. Esistevano infatti nei suoi omicidi elementi reiterati di pianificazione, mentre altri erano assolutamente inattesi per gli inquirenti. Genio della fuga e abile manipolatore fu arrestato definitivamente nel 1978, fu condannato alla pena capitale che gli fu comminata mediante sedia elettrica nel 1989.

Leonarda Cianciulli

La storia di Leonarda Cianciulli, detta la saponificatrice di Correggio, ricorre in film e in piece teatrali. Particolarmente interessante è la lettura che ne dà Mauro Bolognini in “Gran bollito”, dove cambia nomi e alcuni fatti, presentando le vittime con tre grandiosi attori uomini en travesti (Max von Sydow, Alberto Lionello e Renato Pozzetto).

Cianciulli uccise tre donne, tre amiche. Nel suo delirio riteneva che quei tre omicidi avrebbero salvato i propri figli dalla morte. La serial killer aveva subito diversi aborti spontanei, mentre alcuni figli le erano morti bambini. Rivelò di aver depezzato le sue vittime per realizzare dolcetti e saponette - da cui il soprannome. Arrestata nel 1941, trascorse il resto della sua vita nel manicomio di Aversa e poi in quello di Pozzuoli, dove morì.

Gypsy Blanchard

Questo è un caso particolare, che ha destato particolare attenzione narrativa da parte dei media. Nel 2015, Gypsy Blanchard progettò insieme al suo fidanzato l’omicidio della madre Dee Dee. Quest’ultima però era affetta da sindrome di Munchausen per procura, cosa che la portava a compiere ripetuti abusi sulla figlia, in modo da farla stare male e ottenere attenzioni in quanto madre amorevole.

Naturalmente un omicidio è sempre da condannare e Gypsy forse avrebbe avuto qualche altro modo per sfuggire agli abusi della madre, ma il tribunale le concesse le attenuanti del caso e sta scontando 10 anni di detenzione dopo aver patteggiato. Gypsy è stata ritratta al cinema e in tv come vittima, cosa che in effetti era. Ma la sua vicenda costringe a interrogarsi quali siano i confini della violenza e come essa si autogeneri in una dinamica relazionale di abuso.

Renato Vallanzasca

Vallanzasca, Fotogramma

Vallanzasca - Gli angeli del male” è ispirato alla vicenda criminale di Renato Vallanzasca, il “bel Rene’”. Rapine, sequestri e omicidi furono tra i crimini per i quali fu condannato. All’uscita del film però, diretto da Michele Placido, sui neonati social network ci si interrogò a lungo in merito a una possibile mitizzazione del personaggio. Con i casi come quelli di Vallanzasca, molto lontani nel tempo - ovvero svoltisi negli anni ’70 - il pericolo è che tutto risulti sbiadito, rarefatto. Ma il film, per quanto rappresenti un prodotto artistico notevole, è molto lontano da questa presunta mitizzazione: racconta una storia invece sanguinosa e terribile.

Enrico De Pedis

Enrico De Pedis è stato uno dei boss della Banda della Magliana e a lui è ispirato il personaggio del Dandi in “Romanzo criminale”. Anche per questa organizzazione criminale e per i suoi componenti rapine, sequestri e omicidi furono attività all’ordine del giorno e c’è chi ha pensato che la trasposizione cinematografica e televisiva del romanzo di Giancarlo De Cataldo liberamente ispirato alla banda fosse un po’ troppo agiografica rispetto ai crimini messi in atto dai reali protagonisti a Roma.

De Pedis fu ucciso nel 1990 a seguito di un regolamento dei conti interno alla banda e fu seppellito dapprima al Verano e poi nella basilica di Sant’Apollinare. Nel 2012 fu cremato e le sue ceneri vennero disperse in mare. In un certo senso, la sua vita reale e la sua morte sono state di gran lunga più fantasiose e affascinanti della pur ottima fiction di cui il personaggio è stato oggetto.

Ma anche qui la possibilità di un'eredità storica dell'immaginato antieroe è decisamente scongiurata.

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