Il delitto di Garlasco

"Garlasco? È mancata la logica". Così Feltri "scagiona" Stasi

Da sempre attestato su posizioni innocentiste, Vittorio Feltri torna a dire la sua sull'omicidio di Garlasco, puntando il dito contro i processi mediatici e l'impreparazione degli inquirenti

"Garlasco? È mancata la logica". Così Feltri "scagiona" Stasi

Nel circo mediatico innescato dall’omicidio di Garlasco, mentre i venti di tempesta soffiavano prepotentemente contro Alberto Stasi, da subito crocifisso su televisioni e carta stampata come l’unico omicida possibile, poche persone hanno avuto l’ardire di opporsi a quello che possiamo chiamare mainstream. Tra questi pochi che hanno avuto i polmoni adatti per nuotare contro-corrente e uscirne integri, c’è senza dubbio Vittorio Feltri. Oggi direttore onorario di Libero, tra il 2014 e il 2015, quando era alla direzione de IlGiornale, Vittorio Feltri si è occupato in più occasioni del delitto di Garlasco. Convinto sostenitore dell’innocenza di Alberto Stasi, Feltri si è sempre scagliato contro l’assurdo processo mediatico cui l’allora ragazzo era stato ferocemente esposto, ma soprattutto contro l’illogicità che molto spesso ha caratterizzato le indagini. In occasione della pubblicazione di un reportage di 7 articoli dedicati alla vicenda e in vista all’inizio del corso di giornalismo d’inchiesta dell’Academy de IlGiornale.it e InsideOver, dove al delitto di Garlasco sarà dedicato un focus speciale, abbiamo incontrato e intervistato Vittorio Feltri, che, senza peli sulla lingua, ha detto la sua su un caso che ancora sembra stargli molto a cuore.

Quando ha cominciato ad occuparsi dell’omicidio di Garlasco?

Le date non me le ricordo, però sin dall’inizio avevo avuto il sospetto che Stasi fosse innocente. E questo valutando quello che era emerso riguardo i rapporti tra lui e Chiara Poggi. Un rapporto tranquillo, nessuna lite, niente. Ricordo che sin da subito era saltata fuori la questione dei siti porno e che quello potesse essere stato un possibile movente per l’omicidio, ma poi in realtà si è scoperto che alcuni di questi video li guardavano insieme e quindi di cosa stavamo parlando? La logica ci deve far fare anche questi ragionamenti. Tutto quello che è venuto dopo, sono delle frattaglie di sospetti più che prove e questi sospetti venivano ingigantiti soprattutto dai media, perché i media sono quasi sempre colpevolisti, così fanno il titolo, vendono, fanno un po’ di "caciara" e sono convinti di fare le cose fatte bene. E poi sono determinanti nel veicolare i sentimenti dell’opinione pubblica. Siccome io non ho questa mentalità del gruppo, del branco, non mi piace seguire le onde conformistiche, sono andato avanti per la mia strada. E Stasi l’ho anche incontrato. E ho capito in quella occasione che lo avrebbero condannato. Non perché fosse il colpevole, ma perché era una persona molto timida e quindi non aveva una capacità difensiva irruenta. Capii che non sarebbe stato in grado di dimostrare la sua innocenza.

Quando vi siete incontrati come avete affrontato l’argomento?

Principalmente sulla base logica: lui era in casa a studiare, non avrebbe avuto neanche il tempo di portare a termine quello che poi gli è stato attribuito.

Stasi le confidò se aveva dei sospetti?

No, quand’anche ne avesse avuti non me ne ha accennato. Lo ricordo come una persona sostanzialmente per bene. Non si è messo a sparare contro altri.

C’è stato, secondo lei, un errore di valutazione da parte dei legali di Stasi di quanto potesse pesare la mediaticità del caso?

Io credo che ci abbiano messo troppo tempo a convincersi loro stessi della sua innocenza. Questa è la mia impressione, ovviamente. Poi si, indubbiamente hanno sottovalutato il potere dei media, ma a loro discolpa posso dire che lo sottovalutano tutti. Tendenzialmente si pensa che il giornalista sia una persona per bene, che lavora correttamente, che segue la logica. E invece no, basta leggere i giornali per capirlo!

Per quanto riguarda le indagini, gli errori commessi sono secondo lei imputabili alla pressione mediatica?

C’hanno messo del loro.

Ci spieghi...

Beh, il pregiudizio è più forte del giudizio. Sempre. Lo vediamo nella vita di tutti i giorni: il pregiudizio è quello che si impone con maggiore forza. Poi insomma, è bello no? Lo studente modello, bravo, educato, che poi si incazza e massacra la fidanzata. Fa notizia. Sarò ripetitivo, ma in questa vicenda è mancata la logica. Nessuno ha tenuto conto di tante piccole cose che, messe insieme, potevano dimostrare la sua innocenza. Non ricordo ora i dettagli, ma ricordo che si parlò molto delle impronte di sangue sulla scena del delitto, le impronte digitali, la bicicletta da donna... insomma, queste cose andavano prese sul serio e invece non è stato così.

Insomma, lei sostiene ci sia stata una lettura talvolta superficiale di alcuni elementi?

Esattamente. Attenzione, però, la difesa ha fatto un buon lavoro, perché dobbiamo pensare che in primo grado e in appello Stasi era stato assolto. Poi sono arrivati questi che l’hanno condannato. Una cosa folle. Io non ho nessuna fiducia nella giustizia. Ho fiducia nell’ingiustizia. Ne ho viste tante di queste cose... faccio questo lavoro da tantissimi anni e il caso di Garlasco mi ricorda quello che hanno fatto a Enzo Tortora... l’unico scemo innocentista ero io, ma ho avuto ragione alla fine. Nel frattempo ho avuto tribolazioni notevoli.

Ecco, quali sono stati altri casi in cui la giustizia sembra aver fatto cilecca?

Ce ne sono tanti... E la cosa terribile è che davvero può capitare a chiunque... mi viene in mente la strage di Erba... io credo che lì sia stata estorta una confessione. Non so da chi. Ma se si studia il caso veramente viene da ridere: in quell’occasione di morti ce ne sono stati quattro e non è stata trovata una traccia di sangue sui vestiti, nelle docce, nei lavandini, nella lavatrice. Sono cose che fanno riflettere. Anche lì ho tenuto un atteggiamento molto prudenziale, ho cercato di informarmi, di capire.

Quello a carico di Stasi è stato un processo indiziario. Non c’era movente, non c’era arma del delitto. Ci sarebbe bisogno, secondo lei, di rivedere certi strumenti a disposizione della legge?

Secondo me sì. È vero che chi ha commesso un reato deve essere perseguito. Questo non è in discussione. Però il reato dev’essere attribuito senza ombra di dubbio a chi lo ha effettivamente commesso, non “a cazzo”, con gli indizi. Gli indizi cosa sono? Sei l’assassino perché hai gli occhi azzurri e sei antipatico? Che significa? Però in questo caso le cattive indagini cominciano dalla base... polizia e carabinieri non sono più quelli di una volta, che avevano una situazione diversa rispetto ad oggi. Prima un carabiniere o un poliziotto si insediavano in una comunità per 20 o 30 anni, conoscevano tutti, conoscevano le dinamiche. Adesso prendono un "pistola" qualsiasi che diventa maresciallo a 28 anni, che magari si è girato mezza Italia e che, messo di fronte a casi così complicati, non sa dove sbattere la testa.

Lei ritiene che quindi alla base ci sia anche un problema di formazione degli inquirenti?

Si si, assolutamente si... io, per esempio, quando arrivano i RIS di Parma mi gratto i coglioni... hanno fatto cose incredibili, così come anche i vari opinionisti, criminologi, ecc.

Riguardo questo punto, non crede ci sia bisogno di pensare a una tavola rotonda per tentare di regolamentare l’attività dei talk show quando si affrontano casi di cronaca nera ancora “caldi”, questo, giusto per capirci, per evitare di mettere in piedi un processo parallelo che, in quanto mediatico, va molto più veloce di quello vero e legittimo?

È impossibile. Si andrebbe a intaccare la libertà di stampa.

Ma in certi casi la libertà di stampa non entra in collisione con la libertà di una persona? O meglio, nel caso in cui per la libertà di stampa una persona perde la propria, di libertà, come ci si dovrebbe comportare?

Eh, sono d’accordo, è un cortocircuito, ma se ti metti contro 25 testate giornalistiche non vai da nessuna parte, è inutile. Quella che dice lei è una cosa giusta, anzi, logica. Ma chi la dovrebbe fare poi questa tavola rotonda? I giornalisti? Metti tre giornalisti attorno a un tavolo e vedi che casino che esce fuori. Siamo di fronte a un sistema marcio.

Per fortuna c’è ancora del giornalismo sano, non crede? Dopotutto, lei si è sempre battuto per l’innocenza di Stasi nonostante tutto e tutti...

Io le mie indagini me le sono sempre fatte da solo. E io non sono uno che lavora tanto. Però ho il naso lungo e se c’è puzza di merda la sento immediatamente. E il delitto di Garlasco puzza. La situazione di Stasi è clamorosa. C’era l’evidenza della sua innocenza...

e questo significa anche che c’è un assassino a piede libero.

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