Il diritto frantumato

La decisione assunta a Lussemburgo incide certamente sul rapporto tra politica e giurisdizione, sbilanciando ancor più il già delicato rapporto tra legittimazione democratica e funzione giudiziaria

Il diritto frantumato

La Corte di giustizia europea ha conferito ai giudici nazionali la possibilità di stabilire quando un paese "esportatore" di immigrati possa essere considerato "sicuro". I giudici lo potranno fare anche, eventualmente, in antitesi con quanto stabilito dai propri governi. La vulgata pretende che con questa sentenza si sia inferto un colpo al "sovranismo" e a quegli esecutivi che in suo nome provano a immaginare politiche atte a contenere l'immigrazione illegale. Ma siamo veramente sicuri che non ci saranno anche altre conseguenze, che la Corte non ha previsto e forse neppure immaginato? La decisione assunta a Lussemburgo incide certamente sul rapporto tra politica e giurisdizione, sbilanciando ancor più il già delicato rapporto tra legittimazione democratica e funzione giudiziaria. Essa, nella sostanza, sottrae ai governi la valutazione dei paesi ritenuti "sicuri" per il rimpatrio dei migranti e lo trasferisce ai tribunali nazionali. Fa assai di più. I magistrati, infatti, non saranno più chiamati a verificare che le decisioni governative siano in linea con i criteri fissati dal diritto comunitario stabilendo, implicitamente, la primazia di quest'ultimo nella gerarchia delle fonti. Il controllo giurisdizionale potrà attingere anche da fonti aggiuntive, aprendo così il varco per ogni tipo di valutazione soggettiva. Il loro margine d'intervento, dunque, si amplierà a dismisura a discapito del diritto e della sua certezza. Il rischio, non difficile da paventare, è che in assenza di criteri condivisi si venga a creare una giurisprudenza disomogenea che rimanda al libero convincimento di chi di volta in volta è chiamato a giudicare: oggi vale una regola, domani un'altra. E così, più che un "giudice a Berlino", potremmo ritrovarci con un giudice a Roma, uno a Parigi e un altro ancora a Madrid. Ogni tribunale potrà adottare criteri propri, relativizzando persino i trattati europei e gli accordi internazionali. E alla politica verrà ancor più sottratta capacità decisionale. Questa volta, però, a entrare tra loro in conflitto non sono i principi di rappresentanza democratica che si determinano a livello nazionale con le decisioni assunte a Bruxelles. A essere colpita è la stessa Europa intesa come soggetto politico unitario. La sentenza, infatti, istiga alla frammentazione dell'ordinamento dell'Unione. Trasforma il processo d'integrazione in una somma di eccezioni dipendenti da norme applicate in modo diseguale. Difficile non rintracciare in tutto questo qualcosa di paradossale. La decisione dei giudici di Lussemburgo, infatti, nasce dalla volontà di rafforzare "i diritti" in nome della prevalenza di pulsioni universali. Il risultato concreto, invece, è quello di creare nuovi problemi all'Europa e all'esplicazione di una sua politica in un ambito decisivo come quello dell'immigrazione. Sia sul versante ideale, dove gli opposti radicalismi si rafforzeranno ulteriormente in quanto il rischio di alimentare nuove forme di scetticismo europeo è assai concreto. Sia su quello politico, dove diverrà ancor più difficile coordinare le linee d'azione dei paesi che fanno parte dell'Unione. Ciò avviene proprio quando l'evoluzione del mondo richiederebbe, invece, un'Europa più autorevole. Evidentemente, c'è chi non ha ancora compreso che delegittimare oltre modo la politica è rischioso. Perché questa, alla fine, si vendica. E così, a furia di limitare la sovranità dei singoli stati si è giunti a mettere in dubbio la possibilità che la stessa Europa possa stabilire politiche coese e solidali. Il risultato è di quelli da incorniciare: complimenti! L'Europa rischia di restare impantanata tra tensioni e radicalismi.

E di apparire, agli occhi dei cittadini e del mondo, sempre meno governabile. Una potenza meno autorevole anche sulla scena internazionale. E una percezione di distanza crescente tra le istituzioni europee e i cittadini, che chiedono un'Unione più comprensibile e concreta.

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