
Non si esagera nell'affermare che ieri in Francia si è chiusa un'epoca, come altre volte è accaduto nella storia di questa importante nazione. È finito il "macronismo", anche se il presidente dovesse concludere il suo mandato a scadenza naturale. Lo testimoniano i molteplici attacchi che sono stati rivolti all'Eliseo, dai banchi dell'Assemblea Nazionale, da destra come da sinistra, perfino dai socialisti suo ex partito. Quello che avevamo raccontato, senza pregiudizi, è puntualmente avvenuto. Molti, sulla stampa francese, hanno evocato una data fatidica della storia dei cugini italiani: l'otto settembre.
L'ultimo di tanti sondaggi convergenti, (Ifop per Ouest-France), ha certificato che il 77 per cento dei francesi disapprova l'azione del presidente Emmanuel Macron. Un dato in aumento di sei punti rispetto a giugno.
Ora, forse, ci sarà un altro governo, il quinto di questo mandato presidenziale, ma la "maladie profonde", la malattia profonda resta intatta nella sua gravità.
A monte, la complessa situazione economica in cui si trova la Francia, segnata dal debito pubblico al 113 per cento e dal pericolo di un declassamento del rating. Una Francia che è chiamata a rinunciare allo Stato sociale cui era abituata da decenni e soprattutto una nazione dove una gigantesca immigrazione non si è mai integrata. Per decenni, come ammesso candidamente dallo stesso Bayrou, la Francia ha vissuto al di sopra delle sue possibilità, nel ricordo di quella che era stata una potenza economica e coloniale. E nella nazione delle grandi passioni ideologiche e filosofiche Macron non ha mai avuto una base culturale e sociale di riferimento. È stato un prodotto delle élite.
Macron è stato ministro di un governo socialista (è stato anche iscritto al PS), poi ha fondato un suo partito centrista En Marche, quindi ha ammiccato a destra con le nomine a primi ministri di Édouard Philippe e Michel Barnier, due uomini provenienti dal vecchio centrodestra. Fino alla contestatissima espressione in favore del maresciallo Petain "grande soldato". Per i detrattori di Macron queste facili oscillazioni sarebbero la prova della mancanza di idee forti e radicate in lui, un tentativo di sostituire la mera prassi del potere verticalizzato alla politica autentica e classica.
Nel corso del Novecento, la Francia è stata - nel bene e nel male - l'alveo di grandi e opposte ideologie, il luogo dove si sono formate passioni politiche intense che hanno influenzato almeno tre generazioni in tutto il mondo.
La Francia è stata la culla di grandi fermenti politici, a sinistra e a destra, la Comune, il radicalismo di sinistra, la rielaborazione del marxismo, il Maggio francese che infiammò l'Europa; il gaullismo è stato un modello, ben riuscito, di destra sociale, dove il patriottismo è riuscito a superare la lotta di classe aggregando grandi masse di lavoratori.
Lo storico, accademico di Francia, René Remond formulò la tripartizione in "tre destre" (Les Droites en France, il titolo del suo saggio), orleanista, bonapartista e legittimista, con riferimento alle vicende del XIX e del XX secolo.
Il presidente François Mitterrand fu impregnato di cultura politica, amò la storia ed elesse Nicolò Machiavelli a suo pensatore di riferimento. La sua raffinatezza e pragmatismo gli valsero il soprannome di "le florentin". Da giovane schierato con la destra nazionalista, come leader socialista riuscì a conquistare l'Eliseo e fare del Partito Socialista francese la forza egemone della sinistra ridimensionando il Partito Comunista.
Emmanuel Macron, uomo certamente colto, sembra, tuttavia, assolutamente avulso da questa storia di passioni ideologiche e politiche.
La Quinta Repubblica, disegnata da De Gaulle, era stata per decenni un modello di stabilità, percorsa da personalità forti e prestigiose, lo stesso "generale", Pompidou, Giscard d'Estaing, Mitterrand, Chirac. Ora, la Francia, che per decenni ha dato lezioni all'Europa scopre l'instabilità politica, l'incertezza, al punto che i giornali francesi adottano il lessico dell'Italia della Prima Repubblica, quando si scriveva di "governi balneari".
Abbiamo assistito ad un'estate in cui Emmanuel Macron ha cercato di risollevare, legittimamente, le sue sorti attraverso un intenso attivismo in politica internazionale. È stato il protagonista della "coalizione dei volenterosi", ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina, ha avuto una lunga telefonata con Putin. Al di là del merito di queste iniziative, condivisibili o meno, ai francesi sono parse distanti dalla realtà e hanno aumentato l'irritazione.
Alla Francia va augurato tutto il bene possibile:
questa nazione aiutò il nostro Risorgimento e con la Germania, l'Italia e la Gran Bretagna ha forgiato l'Occidente e i suoi valori fondamentali. La Francia è un pilastro dell'Europa. Ma a un malato va detta sempre la verità.