Coronavirus

Richiesta d'aiuto il 26 febbraio. Ma Ue chiuse le porte all'Italia

L'inchiesta del giornale britannico ripercorre i primi segnali di allarme in Europa ed il dramma vissuto nel nostro Paese

Richiesta d'aiuto il 26 febbraio. Ma Ue chiuse le porte all'Italia

Europa incapace di rispondere alle disperate richieste di aiuto inviate dall'Italia durante le fasi più critiche della diffusione del Coronavirus, è quanto risulta dall'inchiesta avviata dal quotidiano britannico The Guardian e dal Bureau of Investigative Journalism.

Si va a ritroso fino allo scorso 26 febbraio, con il numero dei contagi che triplicava ogni 48 ore ed il presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla vana ricerca di collaborazione da parte della Ue. Mancavano le mascherine, i guanti e persino i grembiuli negli ospedali, ovvero tutto il necessario per consentire ai medici di operare in sicurezza dinanzi ad un'emergenza sanitaria di vaste proporzioni. Spesso, come ricorda il The Guardian, proprio i sanitari erano costretti a scegliere chi salvare con l'ausilio dei poco numerosi ventilatori polmonari a disposizione e chi a malincuore abbandonare al proprio destino.

Dure le parole del commissario europeo responsabile della gestione delle crisi Janez Lenarčič.“Nessuno stato membro ha risposto alla richiesta dell'Italia e alla richiesta di aiuto della Commissione. Il che significava che non solo l'Italia non era preparata”, aggiunge ancora, “Nessuno era preparato. La mancanza di risposta alla richiesta italiana non è stata tanto una mancanza di solidarietà. Era proprio una mancanza di equipaggiamento”.

Il The Guardian ricorda le circa 180mila vittime e gli oltre 1,6 milioni di contagi nell'area dell'Europa, Gran Bretagna compresa: numeri che potrebbero essere decisamente inferiori rispetto alle reali proporzioni della diffusione del morbo. E non si tratta dei soli dati preoccupanti, vista la pesante crisi economica legata anche alle successive fasi di lockdown che sta colpendo tutto il continente, paragonabile solo a quella degli anni '30. Una storia, quella degli ultimi mesi, che racconta di una Ue incapace di fronteggiare prontamente la pandemia e di arginare le conseguenze economiche disastrose.

Dopo un primo allarme per il pericolo di una polmonite di origine sconosciuta in Cina (con epicentro a Wuhan), il 17 gennaio fu indetta una riunione da parte della Commissione europea per la sicurezza sanitaria al fine di determinare il modo migliore per affrontare i rischi connessi al ritorno in aereo verso l'Europa di numerosi cinesi dal capodanno. Un primo meeting a cui l'Italia non partecipò dato che, stando a quanto riferito dal The Guardian, i responsabili preposti non si resero conto della mail di convocazione.

Nelle prossime riunioni della Commissione, rivela Lenarčič, si cercherà di evitare il ripetersi di una situazione come quella accaduta nel nostro Paese. “Nell'ultima proposta di bilancio della Commissione, il finanziamento per la salute salirà da € 400 milioni a € 9 miliardi. Lo scopo è quello di fornire i mezzi per supportare maggiormente gli Stati membri. Perché quando l'Italia ha chiesto aiuto, nessuno poteva dare aiuto”. Con tali fondi si potranno acquistare strumenti e apparecchiature anche per il futuro. “Vedo una lezione molto chiara.

C'è il desiderio di una stragrande maggioranza del popolo europeo di avere più Europa su questioni come questa”.

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