Scena del crimine

"Ho sofferto i pregiudizi". La nuova vita di Raffaele Sollecito

Raffaele Sollecito ha una vita, una carriera, molti affetti. A oltre 10 anni dalla sua assoluzione per il delitto di Perugia si racconta a IlGiornale.it

"Ho sofferto i pregiudizi". La nuova vita di Raffaele Sollecito

È un uomo completamente diverso da come è stato dipinto quindici anni fa. Raffaele Sollecito riparte da se stesso, lontano dalla raffigurazione mediatica scaturita dal processo di Perugia.

Il 2 novembre 2007, la studentessa britannica Meredith Kercher fu trovata morta nella casa che occupava in via della Pergola. Per il suo omicidio, avvenuto il giorno prima, è stato condannato per concorso il cittadino ivoriano Rudy Guede, che attualmente ha pagato il suo debito con la giustizia ed è tornato in libertà. Nell’iter giudiziario furono indagati e poi rinviati a giudizio anche lo stesso Sollecito e Amanda Knox, coinquilina della giovane inglese. I due, condannati in primo grado nel 2009, furono poi assolti in appello nel 2011 per non aver commesso il fatto. È passata quindi oltre una decade da quel verdetto di assoluzione, ma Sollecito non dimentica. Nel suo sito, in cui promuove la sua attività di cloud architect (e che è stato aggiornato strutturalmente a maggio 2022), c’è un ampia sezione dedicata alla propria vicenda giudiziaria.

“Il sito è nato durante la spiacevole e tragica vicenda che tutti conoscono - racconta Sollecito a IlGiornale.it riferendosi al delitto di Perugia - Ho cambiato l’infrastruttura che prima era su server fisici in Italia e ora l’ho spostato su cloud, ho cambiato il template, apportando piccole modifiche e aggiornamenti. Ho lavorato sempre come sviluppatore e ho evoluto le mie capacità per passare all’architettura a microservizi possibile nel cloud, ho preferito aggiornarlo per ottenere una base più affidabile, resiliente e migliori performance in latenza, dove posso gestire anche i miei clienti”.

Sollecito, sul suo profilo Facebook ha scritto un motto che forse si ispira all’opera di Shopenhauer: “Sognare e vivere per vedere quel sogno”. Cosa immagina o spera per sé nel suo futuro?

“Essere un punto di riferimento nell’ambito tecnologico come ingegnere informatico, soprattutto nel cloud. Ho attualmente la certificazione cloud architect professional Aws (Amazon Web Services)”.

Ha subito dei pregiudizi in seguito alla sua storia? Durante il processo a suo carico, la passione per i manga è stata usata, insolitamente, per descriverla in modo negativo.

“Assolutamente sì, i pregiudizi affliggono tutti coloro che sono sovraesposti e quindi non è accaduto solo a me. Figuriamoci cosa mi sarei potuto aspettare io. In ambito lavorativo questo mi ha fatto soffrire molto quando è accaduto. Per fortuna, grazie a impegno, determinazione e persone che mi sono state accanto, sono riuscito pian piano a cambiare il corso degli eventi”.

Ha letto il libro di Rudy Guede?

“No, penso che lo leggerò. Potrebbero esserci dei riferimenti alla mia persona. Dei giornalisti mi hanno detto che c’è un capitolo scritto dall’ex pm (Giuliano Mignini, ndr). Se quest’informazione è vera, mi chiedo perché un ex pm dovrebbe scrivere un capitolo nel libro dell’assassino di Meredith. Mi lascia molto perplesso, mi chiedo cosa ne pensano i fratelli di Meredith”.

Oggi si è messo il passato alle spalle. Come ha scelto la sua carriera?

“Sono sempre stato un appassionato di computer e tecnologia. A 8 anni, ero un bambino, mio padre, che era un medico chirurgo usava un 286 Ibm. Io accendevo questo ‘strano televisore’ e quando ho scoperto che con dei comandi potevo lanciare programmi di esecuzione, mi si è aperto un mondo. Ne sono rimasto profondamente affascinato. Mi sono incaponito a volerne sapere sempre di più: sono sempre stato un nerd, appassionato di videogiochi e manga giapponesi. Ho fatto un percorso su questa strada che non ho voluto mai cambiare perché ci ho creduto sempre. Perché non avrei dovuto crederci?”.

Come mai sul suo sito non si parla solo del suo lavoro ma anche della sua vita privata, per esempio attraverso i racconti di chi le vuole bene e le sue foto da piccolo?

“È un archivio storico. Quei contenuti, anche se in diversa forma, c’erano prima: mi spiaceva cestinarli. Il sito raccoglie me, sia dal punto di vista della mia famiglia, sia del libro che ho scritto negli Stati Uniti (Honor Bound del 2013, ndr)… ci sono diverse parti di me già online e distribuite al pubblico. Non mi andava di oscurarle. Non ho niente di cui vergognarmi, non ho niente da rimproverarmi”.

Lo stesso quindi si può immaginare di dire dell’archivio relativo agli articoli sul delitto di Perugia dal quale è risultato estraneo. Secondo lei è possibile il diritto all’oblio nell’era d’oro di Internet?

"Bisogna avere gli strumenti e le conoscenze per farlo ma sì, è possibile tecnicamente. Ma si deve chiedere la consulenza a un esperto. Nel caso delle persone che, come me, hanno subito una sovraesposizione mediatica, diventa più complicato. Poi dipende da quanto si è parlato di una persona su diverse piattaforme. Per esempio tutti i contenuti di Facebook non vengono controllati su Google. C’è anche una questione di policy e diritti distribuiti geograficamente tra le varie aziende".

Tornando alla sua carriera, che cosa fa esattamente un cloud architect?

"Significa disegnare e implementare l’infrastruttura - il cloud - di cui un’azienda ha bisogno per poter espletare le proprie necessità informatiche".

Cos'è il cloud?

"Il cloud, nato per la prima volta con Amazon nel 2008, è quell’infrastruttura - che viene affittata da terzi, così come i suoi servizi - caratterizzata da resilienza, affidabilità, tecnologie che permettono bassissima latenza e, politiche di disaster recovery e backup capaci di recuperare tutti i nostri dati. Perché questi dati si trovano in più data center in Europa o in giro per il mondo, affinché non vengano persi. Anche il Cern si serve del cloud per le sue simulazioni.

È un mondo pieno di opportunità, lo era quando sono uscito dal carcere ed è sempre in crescita".

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