Scena del crimine

Il coltello, il gancetto, il movente: tutti i dubbi sull'omicidio di Meredith Kercher

A 16 anni dall'omicidio di Meredith Kercher restano ancora molte incertezze. "Guede non fatto tutto da solo", spiega a Il Giornale.it la criminologa Roberta Bruzzone. "Dubbi sulla sua colpevolezza", dice il criminologo Claudio Mariani

Il coltello, il gancetto, il movente: tutti i dubbi sull'omicidio di Meredith Kercher
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Nella notte tra l'1 e il 2 novembre del 2007, nella villetta di via della Pergola 7, a Perugia, viene ritrovato il corpo martoriato e senza vita di una giovane studentessa inglese. Si tratta di Meredith Kercher, 21 anni, originaria di Southwark nel Regno Unito, partecipante al progetto Erasmus nell'Università per Stranieri del capoluogo umbro. Sul cadavere sono presenti ferite tali da far desumere, senza alcuna ombra di dubbio, che si sia consumato un omicidio efferato. Nel mirino degli investigatori finiscono la coinquilina statunitense Amanda Marie Knox, di Seattle, e il fidanzato Raffaele Sollecito, nato e cresciuto a Giovinazzo (Bari), laureando in ingegneria informatica. A pochi giorni dall'apertura del caso in tribunale e successivamente all'arresto dei due fidanzati, viene chiamato in causa anche Rudy Hermann Guede, al quale si contesta, in aggiunta, il reato di violenza sessuale. I tre vengono accusati di concorso in omicidio e condannati, in primo grado, rispettivamente a 26, 25 e 30 anni di detenzione. Ma mentre per la Knox e Sollecito, al termine del processo bis, giungerà l'assoluzione definitiva della Corte Suprema di Cassazione in esplicazione del principio dell'oltre il ragionevole dubbio, Guede resterà in carcere con pena ridotta a 16 anni per concorso in omicidio con ignoti. Sebbene l'ingarbugliatissimo iter giudiziario della vicenda sia definitivamente concluso, resta ancora un ampio margine di interpretazione dei fatti. Oggi come allora il dilemma resta sempre lo stesso: Rudy Guede ha agito da solo? "Ho sempre ritenuto altamente probabile, compatibilmente con le modalità dell'omicidio, che sulla scena del crimine ci fosse almeno un altro soggetto - spiega a IlGiornale.it la criminologa forense Roberta Bruzzone - Ma probabilmente non sapremo mai di chi si tratta". È tendenzialmente innocentista il criminologo Claudio Mariani, direttore del dipartimento di Criminologia e Sociologia delle devianze del Centro Studi Criminologici di Viterbo, che segue il percorso di reinserimento sociale dell'ivoriano, a oggi recluso nella Casa Circondariale Mammagialla. "Io non ho alcuna certezza circa l'innocenza di Rudy ma troppi, troppi, troppi dubbi sulla sua colpevolezza", dice alla nostra redazione.

Meredith Kercher

La sera dell'omicidio

L'omicidio si consuma nella notte tra il 1 e il 2 novembre 2007 in una villetta di via della Pergola 7 a Perugia. L'appartamento è in condivisione tra 4 studentesse universitarie: le italiane Filomena Romanelli e Laura Mezzetti, coinquiline di vecchia data; poi ci sono Amanda Knox, 20enne originaria di Seattle e la 21enne di Southwark Meredith Kercher, entrambe approdate nel capoluogo umbro a seguito dell'adesione al progetto Erasmus indetto dall'Università per Stranieri di Perugia. La sera in cui Meredith viene uccisa, sia Romanelli che Mezzetti sono assenti dall'abitazione. Quanto ad Amanda Knox, riferirà, successivamente al tragico accaduto, di aver trascorso la notte a casa del fidanzato Raffaele Sollecito, con il quale ha consumato la cena e guardato un film al computer (Il favoloso mondo di Amelie). La giovane studentessa inglese, invece, risulta abbia cenato attorno alle ore 18 del pomeriggio con alcune connazionali salvo poi far rientro per la notte al civico 7 di via della Pergola. Nelle ore successive diventerà la vittima di uno dei più intricati e ingarbugliati crimini della cronaca nera italiana.

COPPIA Raffaele Sollecito e Amanda Knox, pochi giorni prima dell'arresto. I due, all'epoca dell'omicidio di Meredith (a sinistra), erano fidanzati

La simulazione del furto in appartamento: un tentativo di depistaggio?

Il rinvenimento del corpo senza vita di Meredith, assassinata con indiscussa efferatezza, avviene nella tarda mattina del 2 novembre, pressapoco all'ora di pranzo. A lanciare l'allarme è Amanda, rientrata a casa verso le ore 10 dopo aver trascorso la notte con il fidanzato. La coppia ha in programma una gita a Gubbio quella giornata, dunque la 20enne avrebbe fatto rientro in via della Pergola per fare una doccia e cambiarsi d'abito prima di mettersi in viaggio. Ma, in uscita dal bagno, la Knox nota qualcosa di strano. La stanza della coinquilina Romanelli è stata messa a soqquadro con i cocci al pavimento della finestra, rotta a seguito di un presunto tentativo di effrazione. La porta della stanza di Meredith, invece, è chiusa e Amanda suppone stia ancora dormendo. Allarmata dalla circostanza, si dirige nell'appartamento di Sollecito al quale racconta quanto ha visto. Il ragazzo le suggerisce di avvertire la Romanelli salvo poi decidere, d'accordo con la giovane, di telefonare ai carabinieri per una segnalazione. Più tardi, la verità processuale, accerterà che il furto altro non è che una simulazione. "Questo aspetto della vicenda è molto interessante - spiega la dottoressa Bruzzone - Un presunto ladro, assai goffo, prima ha messo a soqquadro tutta la stanza, in maniera anche grossolana, di una delle coinquiline di Meredith e Amanda. Poi si sarebbe in qualche modo preoccupato di trovare un possibile punto di accesso dell'aggressore nell'appartamento di via della Pergola. Ma i cocci di vetro della finestra rotta erano sopra gli oggetti e non sotto come avremmo dovuto trovarli. Si tratta di una messa in scena avvenuta dopo la morte di Meredith per far credere che lei fosse stata aggredita da un soggetto estraneo. E quando c'è uno staging, ovvero una messa in scena di questo tipo, vuol dire che c'è un rapporto di conoscenza tra l'autore e la vittima. Si cerca di depistare le indagini fornendo un alibi, in questo caso un furto sfociato in omicidio. Ma chiaramente è un'invenzione che non sta in piedi".

Il ritrovamento del cadavere

Sul luogo del delitto, prima ancora che si accerti la presenza del cadavere, oltre alla Knox e Sollecito, ci sono anche gli agenti della polizia. Quella mattina, i poliziotti si sono diretti in via della Pergola per riconsegnare due cellulari ritrovati nel giardino di una abitazione di via Sperandio alla legittima proprietaria, Meredith Kercher. Al loro arrivo, trovano Amanda e Raffaele in attesa dei carabinieri, seduti sulla staccionata circondante la casa. La coppia invita gli agenti ad entrare nell'appartamento per un sopralluogo motivando le ragioni del sospetto furto. Nel frattempo, sopraggiungono anche la Romanelli e la Mezzetti con i rispettivi fidanzati. Entrato in casa, il gruppo si dirige verso la stanza di Meredith, l'unica che manca all'appello tra le studentesse. La porta della stanza è chiusa a chiave e, dopo aver provato invano a bussare per farsi aprire, decidono di sfondarla a spallate. Al di là della soglia giace il corpo senza vita della 21enne inglese, sgozzata con un coltello. Tutt'attorno al cadavere è una pozzanghera di sangue e orrore.

Quelle strane lesioni sul corpo della vittima e il piumone

Meredith è riversa in un lago purpureo all'interno della propria camera da letto. Al collo presenta due profonde ferite (in realtà 3, si apprende dalla ricostruzione ultima della Cassazione nel processo bis) con arma da punta e taglio, di cui una è incava al punto da averle reciso l'osso ioide. Dunque, si desumerà poi dagli esami autoptici, la giovane studentessa inglese è morta per asfissia a seguito di una vasta emorragia. Ma oltre ai due tagli evidenti ci sono numerose altre lesioni sospette sul corpo. "Sul corpo di Meredith ci sono lesioni di un soggetto che è impossibilitato a difendersi - spiega la dottoressa Bruzzone - Attenzione, non sono lesioni da difesa ma da minaccia, in particolare intorno all'area genitale. E quelle mi fanno pensare che lei fosse in una condizione di minorata difesa, ovvero, che qualcuno la trattenesse mentre un altro la pungolava con l'arma da punta e taglio. Per questo non credo che l'aggressione sia stata commessa da un solo soggetto. Però si tratta di una valutazione sulla base di ipotesi". Ma non è tutto. Il cadavere di Meredith è stato coperto da un piumone. Perché? "Questo è un altro comportamento che noi profiler consideriamo altamente significativo perché riguarda l'atto di un soggetto che ha un rapporto di conoscenza con la vittima - chiarisce la criminologa forense - Quindi il fatto di coprire il corpo, dopo uno scempio del genere, non indica la volontà di occultarlo, altrimenti sarebbe stato spostato altrove. Ma è un comportamento che serve agli aggressori per abbassare l'impatto psicologico della gravità di ciò che hanno fatto perché il frutto della loro condotta criminale li disturba. E quindi si procede a coprire quello che è avvenuto. Anche questo dettaglio, nell'ambito dell'analisi psicologica sulla scena del crimine, è un indicatore di un rapporto di conoscenza tra l'autore del delitto e la sua vittima. Non c'è una motivazione logica ma psicologica".

Amanda Knox e Raffaele Sollecito agli arresti poi l'accusa di concorso in omicidio

Subito dopo l'accertamento della circostanza omicidiaria, nel mirino degli inquirenti finiscono la statunitense Amanda Knox e il fidanzato Raffaele Sollecito. I due sono tacciati di presunta coautoralità nel delitto già a pochi giorni dalla macabra scoperta, allorquando saranno ascoltati in qualità di persone informate dei fatti. A destare perplessità è il comportamento, apparentemente disinteressato alla vicenda, della coppia. Le smorfie di Amanda al fidanzato e le tenerezze scambiate in pubblico gettano ombre sulla giovane coppia catturando l'interesse dei media di tutto il mondo. Il 6 novembre del 2007 vengono entrambi arrestati con l'ipotesi di omicidio senza però, come dimostrerà il complesso e articolato iter processuale, che sia raccolto un compendio probatorio a loro carico tale da dimostrare la loro partecipazione al delitto al di là di ogni ragionevole dubbio. "Certo un illustrato clamore mediatico della vicenda, dovuto non solo alle drammatiche modalità della morte di una 22enne, tanto assurda ed incomprensibile nella sua genesi, ma anche nella nazionalità delle persone coinvolte, e dunque dei riflessi internazionali della stessa vicenda - scriverà nelle motivazioni della sentenza di assoluzione definitiva per i due imputati la Corte Suprema di Cassazione nel processo bis – ha fatto sì che le indagini subissero un'improvvisa accelerazione che, nella spasmodica ricerca di uno più colpevoli da consegnare all'opinione pubblica internazionale, non ha certamente aiutato nella ricerca di una verità sostanziale, che, in problematiche fattispecie omicidiare, come quella in esame, ha come ineluttabile postulato non solo la tempistica, ma anche la compiutezza dell'attività investigativa". Fatto sta che il 5 dicembre del 2009 la Corte d'Assise di Perugia, escludendo le aggravanti, condanna Amanda a 26 anni di carcere e Raffaele a 25 con l'accusa di concorso in omicidio.

Quel coltello "incriminato" non è l'arma del delitto

È uno dei "reperti-chiave" dell'intera vicenda giudiziaria. A pochi giorni dal misfatto viene rinvenuto un coltello da cucina a casa di Raffaele Sollecito, compatibile, secondo i periti arruolati nella prima tranche processuale, con il taglio fatale inferto al collo della vittima. Le prime risultanze sembrerebbero evidenziare sull'impugnatura dell'utensile tracce genetiche di Amanda Knox mentre sulla lama sarebbero presenti quelle del sangue di Meredith Kercher. Successivamente all'ipotetica azione omicidiaria, il coltellaccio sarebbe stato poi lavato con cura e riportato a casa di Sollecito per non destare sospetti. In buona sostanza, per gli inquirenti quella potrebbe essere l'arma del delitto. Ma le perizie effettuate nel processo bis, dimostreranno che si è trattato di un "travisamento" conseguente a un'erronea lettura dell'esito relativo alla prova genetica e che sull'utensile non è mai stato riscontrato dna misto Kercher-Knox. Inoltre, lo stesso non sarebbe stato sottoposto ad accurata pulitura in quanto sullo stesso erano rilevabili tracce di amido vegetale, "che è notoriamente dotato di capacità assorbenti" spiegano gli ermellini nella sentenza di assoluzione del 2015. Dunque, non è quella l'arma del delitto. Arma che non sarà mai ritrovata.

Il gancetto del reggiseno di Meredith

C'è un altro reperto fondamentale attorno a cui orbita il lungo e arzigogolato percorso giudiziario: il gancetto del reggiseno di Meredith. I periti riscontrano sull'oggetto in esame dna di Raffaele Sollecito, evidenza che, a dir loro, comproverebbe la presenza del giovane sulla scena del crimine. Ma, come dimostreranno perizie successive, il gancio è stato esposto a contaminazione dal momento che è stato repertato oltre 40 giorni dopo il primo sopralluogo della polizia scientifica nella villetta di via della Pergola e in posizione diversa (lo attesta anche il materiale fotografico raccolto sulla scena del crimine) rispetto alla sera del delitto. Pertanto, se per le Corti della prima istanza processuale si tratta di un elemento probante la colpevolezza di Sollecito per i giudici della II Cassazione non è che l'ennesimo errore dell'ingarbugliata attività investigativa e tecnica.

Amanda accusa Patrick Lumumba

A pochi giorni dall'apertura delle indagini, Amanda Knox chiama in causa Patrick Lumumba, titolare del bar Le Chic dove la giovane lavora nelle ore serali. Secondo le dichiarazioni di quest'ultima, trascritte in un memoriale, Lumumba avrebbe consumato un rapporto sessuale con Meredith salvo poi ucciderla. "Patrick e Meredith si sono appartati nella camera di Meredith - scrive la Knox trattenuta in questura - mentre io mi pare che sono rimasta nella cucina. Non riesco a ricordare quanto tempo siano rimasti insieme nella camera ma posso solo dire che a un certo punto ho sentito delle grida di Meredith e io, spaventata, mi sono tappata le orecchie (...) Non sono sicura se fosse presente anche Raffaele ma ricordo bene di essermi svegliata a casa del mio ragazzo, nel suo letto, e che sono tornata al mattino nella mia abitazione dove ho trovato la porta dell'appartamento aperta". Le accuse sono considerate prive di fondatezza e dopo 14 giorni di detenzione, il congolese viene rimesso in libertà. A scagionarlo dalle pesanti accuse è la testimonianza di un professore universitario che la sera del 1 novembre ha trascorso lungo tempo nel suo locale. Inoltre, nell'appartamento di via della Pergola non vi è traccia alcuna del suo passaggio. Per i giudici, Amanda ha mentito e per questo sarà condannata a 3 anni di detenzione per il reato di calunnia.

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Rudy Hermann Guede

Il giorno in cui Lumumba viene liberato, il 20 novembre 2007, entra in scena un nuovo protagonista. Si tratta di Rudy Guede, 21enne di origini ivoriane residente a Perugia dall'età di 5 anni, che viene arrestato dalla polizia a Magonza, in Germania, dopo che gli investigatori hanno individuato l’impronta di una sua mano insanguinata su un cuscino accanto al cadavere di Meredith e diverse tracce di Dna nella casa, oltre ai residui fecali nel bagno accanto alla stanza di Meredith. Su Guede, in fuga fuori dai confini dell'Italia, grava l'ipotesi di uno stupro dal momento che i tamponi vaginali sulla vittima hanno evidenziato segni di "strofinamento" riconducibili a un rapporto non consensuale. Il 28 ottobre del 2009 Guede viene condannato a trent'anni di reclusione per i reati di violenza sessuale e concorso in omicidio con la Knox e Sollecito. Il 22 dicembre del 2009 la Corte d'Assise d'Appello riduce da 30 a 16 anni la pena inflitta in concessione delle attenuanti generiche. "Il compendio probatorio a carico di Guede non lascia alcun margine di dubbio. Lui c'era quando Meredith è stata uccisa ed è entrato in contatto con la vittima sia prima che dopo, e dunque verosimilmente anche durante, il delitto. Da questo punto di vista, la vicenda giudiziaria è chiarissima - spiega la dottoressa Buzzone - Ora, data per certa la presenza di Guede, la questione aperta è un'altra. Francamente faccio fatica a pensare che abbia fatto tutto da solo. Ho sempre ritenuto possibile, compatibilmente con le lesioni da minaccia sul corpo della vittima, che fosse partecipe dell'azione omicidiaria almeno un'altra persona. E continuo a essere di questo avviso. Chi sia questo secondo soggetto probabilmente non lo sapremo mai".

Omicidio Meredith Kercher: semilibertà per Rudy Guede

Il memoriale di Amanda: invenzione o confessione?

Mentre è trattenuta in questura, tra il 5 e il 6 novembre, Amanda scrive un memoriale in cui prova a ricostruire la dinamica di quella drammatica notte. Si tratta di uno scritto lungo circa 3 pagine e mezza, redatto in lingua inglese, in cui racconta cosa è accaduto nella villetta di via della Pergola 7 la sera in cui Meredith è stata uccisa. Sebbene il contenuto del testo non sia da ritenersi di natura confessoria, la giovane si colloca sulla scena del crimine pur ribadendo, a più riprese, di non aver partecipato al delitto."Non l'ho uccisa io", assicura. Poi, però, aggiunge:"Sono molto confusa". In quel memoriale è la stessa Amanda che si colloca all'interno della casa - spiega la criminologa forense - Lei è da sola in carcere, senza pressioni, e scrive di essere in quella casa quando viene uccisa Meredith. Io ritengo che i giudici abbiano ragione e che la signora Knox non ci abbia raccontato la storia così come si è svolta tant'è che poi lei è stata condannata per calunnia nei confronti di Lumbumba. Per carità, gli indagati e gli imputati hanno facoltà di mentire ma c'è un limite, quello di non tirare in mezzo degli innocenti. E la Knox quel limite lo ha superato".

Il movente del delitto

In prima istanza, il movente del delitto viene individuato in vecchie ruggini tra la Knox e la Kercher. Ma si tratta di un assunto molto labile dal momento che non vi sono prove attestanti la veridicità. Anzi, testimonianze a vario titolo smentiscono questa circostanza sostenendo vi fossero stati solo alcuni blandi screzi tra le due per la pulizia del bagno. Successivamente, si riconduce l'origine del crimine a un "gioco erotico" a cui avrebbero partecipato Guede, Knox e Sollecito. La verità processuale, stabilita nel processo bis, confermerà il movente di natura sessuale. "Una violenza sessuale senza alcuna ombra di dubbio che davanti alla prospettiva degli aggressori di essere riconosciuti e denunciati dalla vittima ha portato alla scelta di uccidere Meredith - chiarisce la Bruzzone - Su questo non ci piove".

"Processo da rifare", poi l'assoluzione definitiva per Knox e Sollecito

Il 24 novembre del 2010 si apre il processo d'appello per Amanda e Raffaele mentre diventa definitiva la condanna a 16 anni per Rudy Guede (la riduzione della pena da 30 a 16 era stata già decretata il 22 dicembre del 2009 mediante la formula del rito abbreviato). La Corte d'assise d'Appello di Perugia accoglie la richiesta delle difese per una nuova perizia del Dna presente sul coltello incriminato e sul gancetto del reggiseno di Meredith. Gli accertamenti tecnici, diranno sei mesi dopo i consulenti della corte, "non sono attendibili". Il 4 ottobre del 2011 la Corte d'assise d'appello assolve gli imputati Knox e Sollecito dall'omicidio e ne dispone la scarcerazione. Il 25 marzo del 2013 il processo ad Amanda e Raffaele approda in Cassazione. Il pg chiede l'annullamento della sentenza di assoluzione, definita un "raro concentrato di violazioni di legge e di illogicità". Il 25 marzo la Suprema Corte annulla la sentenza di secondo grado e rinvia alla Corte d'appello di Firenze per un nuovo processo. Il 30 gennaio 2014 la Corte d'Assise d'Appello di Firenze rovescia il precedente giudizio di secondo grado, affermando la colpevolezza degli imputati. Dunque, condanna Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni, accogliendo le richieste del pm Alessandro Crini. Il 16 giugno dello stesso anno, i pool difensivi chiedono l'annullamento della sentenza senza rinvio, che equivale all'assoluzione per i loro clienti e al ripristino della verità emersa nel primo processo d'appello, o perlomeno un terzo appello. Il 27 marzo del 2015, dopo dieci ore di camera di consiglio, il giudice della Suprema Corte Gennaro Marasca assolve in via definitiva Amanda Knox e Raffaele Sollecito "per non aver commesso il fatto". Di fatto, non ci sono elementi comprovanti la presenza dei due imputati sulla scena del crimine o della partecipazione allo stesso. "Tutte le tracce rinvenute nella stanza di Meredith, ovvero, orme e impronte insanguinate e il Dna nella vagina della vittima, sono di Guede - spiega la dottoressa Bruzzone - Poi c'erano 2 reperti importanti che hanno perso rilevanza e sono: il gancetto del reggiseno di Meredith su cui si credeva ci fosse il Dna di Sollecito e il famoso coltello trovato a casa dello stesso con il Dna di Amanda sul manico e quello della vittima sulla punta della lama. Ma entrambi i reperti sono crollati a seguito delle rilevanze riscontrate da periti del processo di appello. Dunque, le uniche tracce ritenute affidabili sono riconducibili a Rudy Guede". Diversa, invece, la posizione del criminologo Mariani: "Io non ho alcuna certezza circa l'innocenza di Rudy - afferma - ma ho troppi, troppi, troppi dubbi sulla sua colpevolezza. I dubbi sono quelli che mi ossessionano da anni e mi fanno in qualche misura soffrire perché penso che questo ragazzo stia pagando troppo rispetto a tutta questa vicenda. Per il resto, io certezze non ne posso avere".

Guede condannato per concorso in omicidio "con ignoti": con chi ha agito?

Alla fine di un lungo e controverso iter processuale, viziato da numerose incongruenze ed errori, resta solo la condanna definitiva a 16 anni per Rudi Guede: "Concorso in omicidio con ignoti", ribadiscono gli ermellini del processo bis. Ma con chi ha agito l'ivoriano? "Secondo l'ultima sentenza dei giudici di Cassazione, oltre a Meredith, in casa avrebbero dovuto esserci almeno altre 3 persone: uno è Guede l'altra è la Knox e poi ci sarebbe stato un altro soggetto che deve aver agito in concorso con l'ivoriano e che, secondo i giudici, non può essere Sollecito - spiega la criminologa - Parlo di persone presenti nell'abitazione, ovviamente. Sulla scena del crimine, invece, c'era Guede. Ma dal mio punto di vista c'era almeno un'altra persona visto il tipo di omicidio che è stato commesso. Chi sia questo soggetto resterà un enigma dal momento che Knox e Sollecito sono fuori dai giochi e le indagini sono chiuse. È un'azione complessa, secondo i giudici Guede non ha agito da solo, secondo altri non ha agito con Knox e Sollecito. E allora bisognerebbe vedere con chi agito e astrattamente ci dovrebbe essere una indagine in corso ma non mi risulta che ci sia". Di tutt'altro, avviso, invece, è il criminologo Mariani: "I dubbi sulla vicenda sono tantissimi. Basta rileggere gli atti processuali per capire che ci sono delle circostanze poco definite, elementi piuttosto curiosi".

C'è un'altra verità?

Se ci sia o meno un'altra verità che sottende il delitto di Perugia non è dato sapere. "Il vero punto debole di questa vicenda è il fallimento dell'attività di sopralluogo tecnico e gestione dei reperti - conclude la Bruzzone - Le cose non sono andate come dovevano. Come si suol dire: "Quando l'albero è avvelenato anche tutti i suoi frutti lo sono". Non si può arrivare a una sentenza di condanna senza un compendio probatorio solido che vada al di là di ogni ragionevole dubbio, soprattutto in circostanze così gravi. È altamente probabile che vi sia un'altra verità. Forse, se la fase di indagini fosse stata gestita in maniera diversa, oggi la vicenda avrebbe un finale diverso". Fatto sta che l'unico dato certo e incontrovertibile resta quello relativo all'assassinio di una giovane donna desiderosa di esplorare il mondo. "Oggi la natura della situazione non può essere cambiata. Esiste un giudicato, le procedure di revisione non sono state accettate e i due coimputati sono stati assolti. Quindi la storia è finita e finisce qui - dice invece Claudio Mariani - C'è solo da sperare che tutti i protagonisti di questa storia riescano a trovare un minimo di serenità. E quando dico questo parlo soprattutto nei riguardi della famiglia Kercher. Per quanto riguarda Rudy, mi interessa il suo percorso, mi interessa che si sia laureato e che sia diventato una risorsa per la comunità dal momento che fa il volontario presso la Caritas. Il resto, mi viene da dire, è storia. Una triste storia".

Rudy Guede torna in libertà

A novembre del 2021 Rudy Guede è tornato in libertà dopo 13 anni di carcere. Il magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Viterbo ha accolto l’istanza di libertà anticipata avanzata dal suo legale, l’avvocato Fabio Ballarini, che ha consentito al giovane ivoriano di vedere espiata la detenzione in anticipo rispetto al termine naturale della pena, prevista a gennaio 2022. Durante il periodo di reclusione, a luglio 2016, Guede si è laureato con 110 e lode in Scienze storiche del Territorio e della Cooperazione internazionale all’Università di Roma Tre. Per circa un anno e mezzo è stato affidato ai servizi sociali svolgendo volontariato alla mensa della Caritas. Ha scritto un libro autobiografico - “Il beneficio del dubbio - La mia storia”, il titolo -, assieme al giornalista e scrittore Pierluigi Vito, ha trovato un impiego e, come aveva dichiarato in un’intervista a ilGiornale.it, si occupa ancora di volontariato.

Amanda Knox e il processo per calunnia

Oggi 35enne, Amanda Knox vive sull’isola di Vashon, nello Stato di Washington, assieme al marito Chris Robinson, con cui produce un podcast (Labyrinths) ed è anche un’attivista per le persone vittime di errori giudiziari. La coppia ha avuto una bimba, Eureka Muse, ed è in attesa del secondogenito. La giovane statunitense è stata a Gubbio, per la prima volta dai fatti di Perugia, la scorsa estate. Di recente è tornata alla ribalta delle cronache per aver fatto ricorso in Cassazione, tramite i suoi legali, contro la sentenza di condanna a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. I difensori hanno impugnato la sentenza sulla base di una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo, che aveva riconosciuto la violazione del diritto di difesa della Knox. La statunitense ha già scontato la pena durante i quasi quattro anni trascorsi in cella per l’omicidio Kercher da cui è stata assolta in via definitiva. Lo scorso ottobre la Cassazione ha accolto il ricorso dell’americana e dunque, solo per il reato di calunnia, nei prossimi mesi si celebrerà un nuovo processo a Firenze.

Raffaele Sollecito e la richiesta di risarcimento

Raffaele Sollecito, anche lui assolto in via definitiva per il delitto di Perugia, ha chiesto che gli venga riconosciuto un risarcimento danni per ingiusta detenzione (i quattro anni trascorsi in carcere a seguito della condanna in primo grado). La richiesta è stata respinta in Cassazione e per questo motivo l’ingegnere si è rivolto alla Corte Europea da cui, come lui stesso ha dichiarato in una recente intervista all’Ansa, è in attesa del pronunciamento. Sollecito ha chiesto anche un risarcimento di oltre un milione di euro sulla scorta della legge in materia di responsabilità civile dei magistrati.

L’istanza, respinta sia in primo che secondo grado, ora è stata impugnata dalla Corte di Cassazione di Genova.

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